Riceviamo e pubblichiamo:
“Continua l’insano andazzo dei Capoluoghi storici a fare man bassa di tutto. Si disconoscono i più basilari principi di coesione ed affinità territoriale, nei processi di assemblamento amministrativo.”
C’era da aspettarselo. Noi ce lo aspettavamo. Prima o poi sarebbe dovuto accadere. Abbiamo appreso dalla stampa la legittima aspirazione catanzarese di ambire al riconoscimento della Città Metropolitana. Quindi, la conseguente proposta — occasione colta al volo — di una parte politica di attribuirsi la paternità pioneristica di questo ritorno al passato.
Del resto era nell’aria già da tempo e le avvisaglie, di una volontà in tal senso, non erano mancate.
Solo negli ultimi mesi, le Confederazioni sindacali sono state centralizzate per Area Vasta su Catanzaro. Le ex sedi provinciali di Crotone e Vibo sono rimaste nulla più che orpelli decorativi. Medesima sorte è toccata alle Camere di Commercio. Così come, analogamente, si era proceduto con le organizzazioni del Terzo Settore.
Tuttavia, pur essendo palese che Catanzaro aspirasse al riconoscimento di Capoluogo metropolitano, l’ipotesi di fagocitare nel prospettato Ente anche il territorio Crotonese ci lascia basiti. Non già per un rigurgito campanilista, ma perché totalmente avulso dal contesto istmico. Quanto detto comprova, ancora una volta, l’atavica patologia centralista ed ingorda sofferta dalla nostra terra.
Non abbiamo mai fatto mistero della nostra visione rispetto ad una sostanziale revisione degli ambiti d’Area Vasta sul territorio regionale.
Operazione, fra l’altro, neppure differibile in considerazione di alcune modifiche apportate, recentemente, alla geografia politica del Paese. Il riferimento va alla riperimetrazione con cui si è proceduto a circoscrivere i nuovi collegi elettorali, in occasione del decremento della Rappresentanza parlamentare. Vieppiù oggi, nell’evenienza della manifesta volontà del Governo di restituire alle Province i poteri detenuti fino al 2014. Riteniamo che, già entro il prossimo anno, le consultazioni elettorali provinciali saranno riaperte al suffragio universale.
Vero é che il decreto 56/14 (DDL Delrio) stabiliva come propedeutici al mantenimento dell’ente Provincia i requisiti di 350mila ab e 2500 km² di superficie territoriale.
Come tutti sappiamo, l’attuale provincia di Crotone non dispone delle su citate caratteristiche. Nonostante ciò, malcomprendiamo il desiderio accentratore di Catanzaro atteso che il suo ambito territoriale sia già detentore dei titoli di cui sopra. Inoltre, trattandosi di Capoluogo di Regione, anche qualora i numeri non fossero stati suffragati, la richiamata norma stabiliva di non poter procedere a tagli o accorpamenti dell’Ente.
Ed è stato proprio lo studio approfondito del DDL 56/14 che, già in tempi non sospetti, ci aveva spinto a maturare l’idea di rivedere gli ambiti intermedi della geografia amministrativa calabrese. In particolar modo, la condizione demografico-territoriale della provincia di Crotone. Immaginando ed esplicando, quindi, una ricostruzione dell’Ente che seguisse un processo maturato dal basso. Uno sviluppo coerente fatto di assemblamenti d’ambiti ad interesse comune.
Ecco perché abbiamo immaginato e disegnato una nuova grande Area Vasta dell’Arco Jonico. Un mosaico policromo dei territori Crotoniati e Sibariti. Una nuova Provincia, a saldo zero per lo Stato, che in fase statutaria soppiantasse l’ente Crotone per aprirsi a quello della Magna Graecia. Due Capoluoghi: Crotone a sud e Corigliano-Rossano a nord. Un unico contenitore di oltre 400mila abitanti, abbondantemente superiore ai 2500 km². Una lingua di costa, con propaggini pedemontane afferenti, di circa 200 km che lambisse l’Istmo e la Lucania. Il primo tassello di un disegno molto più grande, finalizzato ad abbracciare tutta la baia del golfo di Taranto. Un’area (non città che è cosa diversa) metropolitana interregionale, calabro-appulo-lucana.
Un territorio con problematiche affini e accomunato dalle stesse inespresse potenzialità.
Turismo, agricoltura, recupero delle aree industriali dismesse o parzialmente tali. Ancora, distretti agroalimentari di qualità. Quindi, la necessità di impostare un rilancio delle politiche di mobilità per riconnetterlo all’Europa.
Riteniamo che la coesione fra ambiti sia alla base di una rinnovata politica inclusiva volta a favorire la cooperazione tra territori. Purtuttavia, non dobbiamo lasciarci trasportare dal cancro centralista. Piuttosto, bisogna aprirsi al policentrismo diffuso affinché sia rivalutato l’intero “Sistema Calabria” e non parte di esso.
Crotone è il lembo più a sud dell’Arco Jonico calabrese. La Sibaritide è la propaggine del nord est regionale. Non esiste affinità alcuna tra il contesto pitagorico e quello dell’Istmo. Parimenti a come, l’area jonica sibarita nulla condivide con i contesti vallivo-tirrenici cosentini. Storie diverse, economie differenti, orizzonti contrapposti.
Solo dalla nascita del su prospettato Ente, potrebbero risorgere quei principi di equità ed equivalenza territoriale tra i contesti jonici e quelli tirrenici della nostra Regione.
La Calabria non può continuare ad essere considerata feudo da suddividere a tre teste: quelle dei Capoluoghi storici. La storia degli ultimi 40 anni ci ha, ampiamente, dimostrato che tale visione è totalmente sperequativa. Bisogna ristabilire processi di pari dignità territoriale. Tali operazioni andranno perseguite tenendo in conto le esigenze e le peculiarità di ogni angolo della Regione.
Vogliamo augurarci che la politica regionale e quella locale non cedano a facili ed ingannevoli ammiccamenti centralisti.
Crotone dovrà decidere se continuare a sopravvivere in ginocchio, come la solita periferia dell’impero — complici i vari satrapi locali impegnati solo a tutelare le loro posizioni personali di potere a scapito della collettività — o pensare, realmente, a costruire il proprio avvenire.
Indignarsi oggi per questa proposta sarebbe il minimo, per non ritrovarsi un domani a dover scontare l’indifferenza generale che caratterizza le nostre zone, nonostante le accorate denunce di pochi. Non ha alcun senso risvegliarsi, improvvisamente, quando il danno sarà già stato realizzato. Per avviare poi, le solite recriminazioni vittimistiche e sterili cercando a posteriori il colpevole. Ora è il momento di reagire e di agire per manifestare con fermezza la nostra contrarietà a questa sciagurata proposta. Un’idea malsana ed antistorica che mira solo a tutelare gli interessi del Capoluogo di Regione. Certamente non quelli di Crotone e dell’Arco Jonico calabrese che, peraltro, verrebbero ulteriormente e definitivamente penalizzati anche nei futuri disegni infrastrutturali e nella condizione dei trasporti.
La via dello sviluppo per Crotone e per la dorsale dell’Arco Jonico è e resta verso nord.
È la strada tracciata della storia. È la strada per riprenderci il nostro futuro.
Elisabetta Barbuto
Domenico Mazza