“Quanto pesa un uomo d’onore? Quale numero di piede porti? Quanti cavalli hai?”. E’ una specie di quiz quello che venne imposto a un uomo, oggi collaboratore di giustizia, nel momento in cui i capi valutarono il suo rientro in Cosa Nostra.
E’ quanto ha raccontato lui stesso alla Dda di Torino. Le sue dichiarazioni sono confluite nel maxiprocesso Carminius-Fenice, celebrato dal tribunale di Asti, sulla presenza della ‘ndrangheta nella zona di Carmagnola (Torino).
L’uomo (considerato “nel complesso credibile” dai giudici astigiani) ha spiegato che in passato, prima di un suo arresto, era stato un affiliato di Cosa Nostra, e che, quando arrivò Carmagnola, gli venne presentato un boss che, conoscendo i suoi trascorsi, decise di reinserirlo nell’organizzazione. Prima, però, fu sottoposto a una specie di esame: nel marzo del 2016 gli fu richiesto di eseguire dei furti di motozappe da inviare in Calabria e di occuparsi di trasferimenti di droga e armi.
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Poi giunse il momento delle tre domande alle quali diede “la risposta corretta”. Un uomo d’onore pesa “come una piuma sparsa al vento”; il numero di piede è “quello giusto per dare conto a questa onorata società”; quanto ai cavalli, si tratta “del cavallo giusto per dare conto e resoconto questa onorata famiglia”.
L’uomo ha detto di avere cominciato a riflettere su una possibile collaborazione con la giustizia nel novembre 2017, quando a Carmagnola furono portate sei bombe a mano da utilizzare per un attentato “a una persona invisa all’organizzazione di cui però non so nulla”, e temette di essere coinvolto “in una strage”.