Per una presunta spedizione punitiva contro un imprenditore brianzolo, che lavorava a Malta, per i quattro imputati in primo grado, in un filone dell’inchiesta ‘Krimisa’ della Dda milanese con al centro la ‘locale’ di ‘Ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, il giudice aveva riqualificato l’accusa in esercizio arbitrario delle proprie ragione stabilendo pene molto più basse rispetto alle richieste. Oggi la terza Corte d’Appello di Milano ha ribaltato quel verdetto, accogliendo il ricorso della Procura e qualificando quei fatti con l’accusa originaria: estorsione aggravata dal metodo mafioso.
I giudici, in particolare, hanno accolto il ricorso del pm Alessandra Cerreti, sostenuto in secondo grado dall’Avvocato generale Lucilla Tontodonati della Procura generale guidata da Francesca Nanni. E la Corte ha condannato a 4 anni e 5 mesi di reclusione Francesca Rispoli (un anno e mezzo in primo grado), figlia del capo della ‘locale’ di Legnano e Lonate Pozzolo Vincenzo Rispoli, a 10 anni e 8 mesi il suo compagno Giovanni Lillo (un anno in primo grado) e a 8 anni lo zio Giuseppe Di Novara e il fratello di quest’ultimo Michele (4 anni e 8 mesi a entrambi in primo grado).La presunta estorsione nell’isola di Malta del gennaio 2020 era uno dei fatti principali al centro del processo con rito abbreviato.
Tra gli altri imputati condannati anche l’investigatore privato Giovanni Vincenzino (pena portata a 2 anni) che rispondeva di favoreggiamento aggravato da finalità mafiosa. E poi quattro anni a Riccardo Lazzari, un ex funzionario Anas (parte civile nel processo), e 5 anni e 4 mesi a Cataldo Casoppero. Confermate le condanne per i ‘luogotenenti’ di Emanuele De Castro, primo pentito della ‘Ndrangheta a cavallo tra il Varesotto e il Milanese, ovvero Nino Cagliostro e Simone Lento: un anno per spaccio di droga. Confermata l’assoluzione di un ultimo imputato, Michele Pagliari.