Si chiama Nicola Bevilacqua, già condannato per associazione mafiosa e che farebbe parte di un clan della ‘Ndrangheta del Vibonese, l’imprenditore che, attraverso un’azienda intestata ad una presunta ‘testa di legno’, ossia la moglie, sarebbe riuscito ad infiltrarsi nei subappalti, per un valore di circa 2 milioni di euro in 5 anni, della filiale italiana del colosso tedesco Schenker. È quanto si apprende in relazione alla misura di prevenzione di amministrazione giudiziaria, sulla base del codice antimafia, che ha riguardato Schenker Italy, filiale del gruppo DB Schenker, divisione dell’operatore ferroviario tedesco Deutsche Bahn e che si concentra sulla logistica.
Gli accertamenti della Dda di Milano, che hanno portato oggi all’amministrazione giudiziaria di Schenker Italiana per infiltrazioni della ‘Ndrangheta in subappalti, sono scaturiti da un sequestro “di 30 kg circa di cocaina effettuato il 15 marzo 2020 al porto di Dover”, in Gran Bretagna. Droga che era nascosta “all’interno di un tir contenente i bancali di derrate alimentari caricati due giorni prima” alla filiale di Guanzate (Como) dell’impresa italiana che fa parte del colosso tedesco della logistica. Lo si legge nel provvedimento di 38 pagine firmato dai giudici della Sezione misure di prevenzione (Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita).
Da quel sequestro, stando alle indagini del Gico della Gdf milanese e dei carabinieri di Como, attraverso una testimonianza di un responsabile delle spedizioni della società sono venuti a galla “rapporti commerciali” tra Schenker Italiana e Nicola Bevilacqua, 70 anni, presunto appartenente al clan Mancuso della ‘Ndrangheta e che vive nel Comasco, “radicati da tempo”. Ed emergevano “rischi” che i trasporti della Schenker fossero “coinvolti” in traffici di droga, anche perché nel camion sequestrato a Dover c’erano pure “cinque bancali di prodotti caseari che la Fiuto Autotrasporti”, azienda riconducile al presunto boss e intestata a sua moglie Anna Fiuto, “aveva prelevato il giorno prima, per conto di Schenker, da un’azienda in provincia di Piacenza e portato a Guanzate per l’esportazione in Inghilterra”. Tramite quell’azienda intestata alla moglie Bevilacqua, indagato per intestazione fittizia di beni, si sarebbe infiltrata nei subappalti di trasporto di Schenker Italiana (non indagata).
Parlano di una “condotta quanto meno gravemente negligente, per omesso controllo,” da parte di alcuni dirigenti di Schenker Italy i giudici della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano nel provvedimento con cui oggi hanno posto in amministrazione giudiziaria la costola italiana del colosso mondiale della logistica integrata ora di proprietà delle ferrovie tedesche Deutsche Bahn. Come si legge nel provvedimento dei giudici Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita, gli “esponenti della società muniti di potere decisionale (…) hanno intessuto e mantenuto stabili rapporti d’affari con Nicola Bevilacqua, agevolandone l’attività, benché questi sia stato condannato irrevocabilmente per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso” e “sia stato – prosegue il decreto – sottoposto a misure di prevenzione personali (..) e patrimoniali” e pure “dichiarato delinquente abituale e sottoposto alla libertà vigilata dal 2008”. Bevilacqua, 70 anni, è indagato dai pm di Milano per intestazione fittizia dell’impresa di autotrasporti alla convivente Anna Fiuto. impresa aperta immediatamente dopo la confisca dell’azienda di cui era titolare a causa dei procedimenti penali e che avrebbe gestito di fatto ottenendo lavori in subappalto da Schenker Italy. Quest’ultima, pur non essendo indagata, come non lo sono nemmeno i suoi dipendenti, si è vista commissariare ossia, per dirla in modo tecnico affiancare un amministratore giudiziario per la “rimozione dei fattori inquinanti ” e la “bonifica dei contesti inquinati, previa analisi” di tutte le sedi italiane “per verificare se esistano altre forme di infiltrazione”.