“Una sentenza storica, che mette fine all’automatismo del cognome paterno ai figli. Con questa decisione della Corte Costituzionale sarà possibile nascere una seconda volta e stavolta nel nome della madre. Mi viene in mente la vicenda di Iole Natale, pittrice, scrittrice, giornalista, nata a Palermo ma milanese di adozione che ha cominciato questa battaglia oltre 40 anni fa, è stata la prima italiana a battersi in Tribunale perché alle figlie venisse attribuito anche il suo cognome e a combattere quella norma del codice civile che a priori scartava il cognome materno per i figli di una coppia. E la definizione di Iole di tale pregiudizio resta scolpita nella mente di ognuno di noi: ‘L’attribuzione del solo cognome paterno è il burqa culturale delle donne'”. Lo scrive in una nota Amalia Bruni, leader dell’opposizione in Consiglio Regionale
“Sono d’accordo con lei – continua la Bruni -, la genesi delle diseguaglianze tra uomo e donna scatta proprio all’anagrafe dove si è trasmesso da sempre alle nuove generazioni un messaggio di inferiorità e di subalternità legittimata nei confronti dell’uomo. Quaranta anni di battaglia e finalmente una sentenza che davvero mette sullo stesso livello uomo e donna, che davvero rispetta la parità di genere e che davvero ci mette in linea con buona parte del mondo occidentale, quello più evoluto. Il merito di questa vittoria è di tanti, di tutti quelli che negli ultimi decenni si sono battuti per arrivare alla sentenza di oggi, donne e uomini che hanno contrastato una legge retrograda e maschilista che partiva da un concetto sbagliato, quello della superiorità di un individuo su un altro per scelta di una norma. E un merito va anche all’avvocato Domenico Pittella di Potenza che ha seguito il caso di una coppia con due figli ai quali si voleva dare anche il cognome materno. L’avvocato ha fatto in modo che la Corte di Appello di Potenza rimettesse tutto alla Corte Costituzionale per la decisione finale. Infine mi piace sottolineare un altro aspetto di portata storica di questa sentenza che non è solo nell’interesse delle madri ma anche nell’interesse dei figli. Da ora in poi la scelta del cognome sarà condivisa tra i genitori e questo significa che i figli nasceranno in una famiglia in cui vige il principio dell’eguaglianza, quel principio che favorisce l’esistenza di un mondo migliore”, conclude.