Processo "Testamento bis": per Massimo Labate la difesa oppone "ne bis in idem"

labatemassimoL'avvocato Andrea Alvaro ha opposto il principio di "ne bis in idem" all'inizio del processo bis "Testamento" che vede imputato, tra gli altri, Massimo Labate, l'ex consigliere comunale di Alleanza Nazionale, assolto in primo e in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso alla sbarra per concorso in abuso d'ufficio. L'avvocato Andrea Alvaro, difensore (insieme al padre Domenico), dell'ex consigliere comunale ha dunque posto il concetto all'apertura del dibattimento, al cospetto del Collegio presieduto da Andrea Esposito: Labate è già stato giudicato e assolto per i fatti contestati nel procedimento.

Oltre a Labate, reintegrato in Polizia dopo l'assoluzione in appello, vi sono altri quattro soggetti alla sbarra: l'amico-segretario di Labate, Vincenzo Pileio (anch'egli assolto dall'accusa di concorso esterno), Giuseppe Francesco Quattrone, Antonino Caridi e Santo Caridi.

Secondo l'impostazione accusatoria del pubblico ministero Sara Ombra, Labate e Pileio, avrebbero fatto pressioni su Orsola Fallara, affinché l'allora dirigente comunale del Settore Finanze elargisse i contributi a un'associazione culturale (in mano alla 'ndrangheta), che avrebbe poi realizzato una festa nel rione San Giorgio Extra, uno dei quartieri su cui il clan Libri esercita la propria egemonia. Antonino Caridi, già condannato in primo e in secondo grado nel processo "Testamento" è infatti il genero del defunto boss Mico Libri. I fatti, accaduti tra il 2005 e il 2006, sono già stati oggetto del procedimento che mise al centro del focus il clan Libri e le sue presunte infiltrazioni nel Comune di Reggio Calabria, in cui Labate e Pileio sono stati assolti, in primo e in secondo grado, dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Per questo, quindi, l'avvocato Alvaro ha opposto il principio di "ne bis in idem": non essere giudicati due volte per la stessa circostanza, sebbene derubricata da concorso esterno in associazione mafiosa ad abuso d'ufficio. Più marginale, nel nuovo processo la condotta che gli imputati avrebbero messo in atto in concorso con Orsola Fallara, facendo in modo di ottenere per l'associazione "Maison de l'Art" cifre per complessive per 25 mila euro, provenienti dalle casse del Comune. Contributi che sarebbero stati elargiti in violazione della legge sulla concessione di sovvenzioni e contributi e ai regolamenti dell'amministrazione.

Nel processo vi sarebbe dovuta essere anche l'ex dirigente del Settore Finanze del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara, suicidatasi nel dicembre 2010. Il procedimento, invece, è stato aggiornato alla fine di settembre, quando il Collegio scioglierà la riserva sulla questione posta dall'avvocato Alvaro: se verrà riconosciuto il concetto di "ne bis in idem", per Labate e Pileio il processo si concluderà, altrimenti si procederà oltre con l'inizio del dibattimento.