Davanti al pubblico delle particolari occasioniDavan, si è tenuta, secondo il programma, «I Grandi Incontri», sulla panoramica terrazza del Palazzo Piacentiniano del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, i organizzata dalla Direzione del Museo e dall’Associazione “Amici del Museo”, l’annunciata conferenza del prof. Mario Micheli, sui risultati degli interventi di restauro di operati sui Bronzi di Riace tra il 1992 e il 1995.
In apertura, il Direttore, dr. Carmelo Malacrino, dopo aver sottolineato la piena collaborazione intercorrente con l’Associazione “Amici del Museo” ha presentato il conferenziere, illustrandone l’ampio è ricco curriculum vitae, mettendo in evidenza il suo rapporto quasi personale con le statue greche recuperate cinquanta anni fa sulla costa ionica, e la vita attività accademica e didattica svolta nell’ambito dell’Università Roma 3.
È stata, quindi, la volta del presidente dell’Associazione, prof. Francesco Arillotta, il quale ha, anch’egli, richiamato i legami storici tra l’istituzione museale reggina è la sua Associazione,. Egli, quindi, ha evidenziato il valore culturale dell’evento, proprio sotto il profilo della maggiore conoscenza del “mistero” che da sempre aleggia attorno ai Bronzi. Arillotta, per la circostanza, ha fatto omaggio, al prof. Micheli, di una copia del «Repertorio della Carta Archeologica di Reggio Calabria» pubblicata nel 2011 dall’Associazione..
Ha preso, quindi, la parola l’accademico. Egli, arricchendo il suo dire con una ampia serie di immagini, ha rifatto il percorso degli interventi di restauro e di conservazione delle statue, fin dal momento in cui furono recuperate dal mare. Prima a è Reggio Calabria, poi all’Istituto del Restauro della Soprintendenza Archeologica di Firenze, infine negli ambienti predisposti nel Palazzo Campanella del Consiglio Regionale calabrese. Un grande impegno profuso dalle varie equipes di restauratori, per un recupero totale dei preziosi manufatti e per le comprenderne meglio le tecniche artistiche usate dai loro creatori. Grazie al loro lavoro intelligente, tante emergenze sono state superate, tanti passaggi sono stati chiariti. Innanzitutto, Micheli ha affermato che diversa è la struttura tecnica delle statue: omogenea quella della statua A, disomogenea quella della statua B, che, addirittura, presenta parti del suo corpo, come una gamba, realizzate separatamente e poi ricomposte nell’intero. Interessante la tecnica della sovrapposizione stratigrafica dell’argilla usata per la creazione della sagoma da usare come base per la fusione bronzea. Dalle significative, profonde differenze tecniche rilevate fra le due composizioni,, il prof. Micheli ha tratto la considerazione di un intervento di due artisti diversi, ai quali attribuire la paternità delle statue.
Una annotazione particolare: in uno dei gli strati di argilla fresca sono rimaste le impronte digitali di questo anonimo scultore di due mila e cinquecento anni fa.
Un lungo e convinto applauso ha chiuso la brillante conversazione del prof. Micheli, a testimonianza del vivo interesse che la sua scientifica esposizione ha suscitato negli astanti.
Il mistero del Bronzi di Riace oggi è un po’ meno profondo.