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A Dipignano la presentazione del Quaderno su don Ciccio Cozza

Don Francesco Cozza – per tutti don Ciccio – verrà ricordato a Dipignano (CS) lunedì 5 agosto 2024 con due iniziative; la prima alle ore 18 nella Chiesa di San Nicola con una celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Cosenza, mons. Giovanni Checchinato; la seconda al termine della Messa nel cortile dell’Istituto della Divina Provvidenza (Suore Guanelliane) con la presentazione del settimo quaderno della collana “Studi e ricerche su don Carlo De Cardona e il Movimento cattolico in Calabria”, edito da Progetto 2000 per il Centro studi calabrese “Cattolici Socialità Politica”. All’incontro parteciperanno con un saluto introduttivo: suor Mariolina Presta superiora della casa delle Guanelliane; il parroco di Dipignano don Antonello Gatto e il sindaco di Dipignano, Gaetano Sorcale. Gli interventi saranno del prof. Eugenio Maria Gallo e dei due curatori del quaderno Francesco Capocasale e Demetrio Guzzardi; le conclusioni saranno tenute dal presidente della BCC “Mediocrati” Nicola Paldino.
 
Don Ciccio Cozza era nato a Marano Marchesato (CS) il 2 aprile 1882, fu ordinato sacerdote da mons. Camillo Sorgente il 27 febbraio 1904 e subito dopo inviato come parroco a Dipignano; dove morì all’età di 82 anni il 19 luglio 1964. 
La comunità dipignanese non ha mai dimenticato il suo caro “don Ciccio” e ha sempre voluto ricordarlo negli anniversari più significativi. Per i 20 anni dalla scomparsa fu organizzato un convegno in cui furono pubblicati gli atti; così per il 50.mo con un incontro in chiesa. 
Per il sessantesimo anniversario, si è voluto dedicare al “parroco decardoniano” un intero quaderno, riproponendo gli interventi dell’incontro tenuto il 23 settembre 1984, con i saluti di Pasquale Perugini e Francesco Capocasale e le relazioni di Leonardo Bonanno, Ferdinando Cassiani, Eugenio Maria Gallo e Roberto Guarasci. Il settimo quaderno ripropone anche il volume sulla “Storia della Cassa rurale di Dipignano” redatto nel 1983 da Eugenio Maria Gallo. Nel testo del quaderno anche un articolo di Francesco Michele Greco e delle testimonianze di: Pino Florio, Beniamino Fioriglio, Teresa Serra e Francesco Mele.
 
Da sempre si associa al nome di don Ciccio Cozza il termine “parroco decardoniano“; il sacerdote in un articolo per la morte di don Carlo De Cardona (pubblicato il 22 marzo 1958, sul settimanale “Democrazia cristiana” voluto e curato da don Luigi Nicoletti), così scrive: 
“Parlare di don Carlo De Cardona senza commozione è impossibile (…) Io lo vidi per la prima volta nel 1895 accanto a mons. Camillo Sorgente, il nostro indimenticabile arcivescovo, e la figura di quel prete sottile dagli occhi ardenti mi fece un’impressione enorme; ero di fronte a una forza nascosta, che vuole sprigionarsi, a una fiamma che vuol divampare. (…) De Cardona professore di filosofia, con le sue profonde lezioni, c’infuse l’amore agli studi severi, fece penetrare nel vecchio Seminario di Cosenza un soffio di vita nuova, una luce, che ci avvolse tutti. Correvano per le mani dei suoi discepoli le migliori riviste filosofiche (…) con lui, per lui, vivemmo il periodo romantico della pura e santa Democrazia cristiana, il sogno mirabile dell’affermazione piena dell’ideale sociale cristiano: Cristo riportato in mezzo alla società scristianizzata dal popolo cristianamente rinnovato e specialmente dalla classe lavoratrice. Come agitatore, giornalista brillante, organizzatore che noi con trasporto e plaudenti abbiamo sempre seguito, con la sua opera, oltre a ottenere il risveglio delle classi lavoratrici, chiamò alla riscossa i cattolici cosentini e muovendo impietosamente all’assalto, mandò in frantumi il piccolo mondo liberale-massonico, che i cattolici, quantunque in maggioranza, avevano fino allora subìto inerti”.
 
Don Ciccio Cozza il 18 giugno 1906, con 18 contadini e operai fondò la Cassa rurale di Dipignano, una delle poche che riuscì a sopravvivere al “gelido vento antidecardoniano” del regime fascista e che tutt’ora vive nella grande famiglia della BCC “Mediocrati”. 
 
Don Ciccio come tutti gli altri esponenti del Movimento cattolico, operavano sotto le insegne della “Rerum novarum” l’enciclica sociale di Leone XIII; l’impatto che ebbe «l’ardente brama di novità», lo possiamo cogliere da quello che lo scrittore francese George Bernanos, nel suo “Diario di un curato di campagna”, fa dire al parroco di Torcy: «La famosa enciclica di Leone XIII, “Rerum novarum”, voi la leggete tranquillamente con l’orlo delle ciglia, come una qualunque pastorale di quaresima. Alla sua epoca ci è parso di sentir tremare la terra sotto i piedi. Quale entusiasmo! […]. Questa idea così semplice, che il lavoro non è una merce, sottoposta alla legge dell’offerta e della domanda, che non si può speculare sui salari, sulla vita degli uomini come sul grano, lo zucchero e il caffè, metteva sottosopra le coscienze».

La Chiesa, con la “Rerum novarum”, per la prima volta faceva sentire la sua voce di condanna a ogni forma di sfruttamento del lavoro; il linguaggio utilizzato non era sociologico, ma aveva la struttura e l’ispirazione del messaggio biblico che conferiva uno spessore profetico, che tanto colpì l’opinione pubblica del tempo. Don Carlo De Cardona, in quegli anni studiava alla Gregoriana di Roma e aveva come suo docente di Sociologia cristiana, padre Matteo Liberatore, che fu tra gli estensori del testo leonino. Chiamato a Cosenza da mons. Camillo Sorgente, De Cardona insegnò in Seminario il «nuovo spirito di giustizia e fraternità» di Leone XIII e tra i suoi alunni c’era il seminarista Francesco Cozza che, una volta ordinato prete, portò anche a Dipignano, il vento della “Rerum novarum”.
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