Una piazza gremita, applausi, domande, curiosita’: il talk conclusivo della rassegna Sonati Vicinu ha riportato in vita, attraverso il racconto dei testimoni, uno spaccato di Novecento che parla ancora al presente. Protagonisti della serata, arricchita dagli interventi del direttore artistico Francesco Denaro e del giornalista Francesco Pungitore, sono stati lo scrittore Federico Sinopoli e l’avvocato Aldo Casalinuovo, che hanno intrecciato memoria privata e storia collettiva.
Al centro del dialogo, la vicenda di Giuseppe e Vito Casalinuovo, due fratelli di San Vito, divisi da ideali politici inconciliabili e destinati a percorrere strade opposte. Il primo, Giuseppe Casalinuovo, socialista e antifascista.
Nato nel 1885, avvocato e poeta, Giuseppe fu figura di spicco della cultura e del socialismo calabrese. Penalista apprezzato, fondatore nel 1919 della rivista La Calabria giudiziaria, si oppose al trasformismo politico e alle alleanze clericali, animando il dibattito culturale e politico con scritti e conferenze.
La sua voce fu quella di un intellettuale attento ai problemi sociali della regione e alla necessita’ di emancipazione del nuovo ceto medio. Sotto il fascismo il suo impegno non si spense: il circolo culturale che presiedeva divenne luogo di resistenza silenziosa, tanto da essere sciolto dal Regime.
Mori’ a Catanzaro nel 1942, lasciando un’eredita’ di scritti che intrecciano umanitarismo, critica sociale e poesia. Il secondo, Vito Casalinuovo, ricordato come l’ultimo fascista in uniforme. Completamente diverso, dunque, il suo percorso.
Vito, nato nel 1898, fu volontario nella Grande Guerra e aderi’ giovanissimo al Partito Nazionale Fascista e alla MVSN, fino a diventare Console e comandante di reparti speciali. Fu in Africa Orientale, in Spagna, a Rodi, sempre al servizio del regime.
Dopo l’8 settembre 1943 segui’ Mussolini nella Repubblica di Salo’ e fu tra i giudici del Tribunale Speciale di Verona che condanno’ a morte i dissidenti del Gran Consiglio. La sua fedelta’ al Duce gli costo’ la vita: il 28 aprile 1945 fu fucilato a Dongo e il suo corpo esposto, unico a vestire ancora l’uniforme, in Piazzale Loreto a Milano.
Un’Italia divisa, una famiglia simbolo. Due fratelli, due destini: uno socialista e antifascista, l’altro gerarca. Una frattura che non fu solo familiare, ma che incarno’ la guerra civile italiana, lo scontro tra ideali e visioni inconciliabili che segnarono il Paese.
Il racconto si e’ poi allargato ad altre figure della famiglia: Aldo Casalinuovo, monarchico e giurista di primo piano, avvocato penalista di grande autorevolezza, fu deputato per due legislature, divenne presidente del Consiglio Nazionale Forense e si affermo’ come una delle voci piu’ limpide contro la pena di morte, portando il dibattito giuridico italiano su un terreno di civilta’ e di principi etici universali. Accanto a lui la figura di Mario Casalinuovo, avvocato e socialista, la cui vicenda biografica fu segnata dalla durezza della prigionia: giovane ufficiale di marina, venne catturato dai tedeschi e deportato nei campi di concentramento in Austria.
Come rivelato nel convegno, avrebbe potuto evitare quella drammatica esperienza grazie all’intercessione dello zio Vito, che gli propose di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, ma Mario rifiuto’ con fermezza, scegliendo di non piegarsi. Tornato in Italia dopo la guerra, intraprese una brillante carriera politica: deputato socialista, sottosegretario e infine ministro, protagonista della vita istituzionale tra gli anni Settanta e Ottanta, rappresento’ una generazione di uomini politici che vissero sulla propria pelle le contraddizioni del secolo breve.
Non si e’ parlato soltanto degli uomini della famiglia Casalinuovo, ma anche delle donne di San Vito. Come ha ricordato Federico Sinopoli, furono proprio loro a tenere salde le redini di tante comunita’ calabresi, nei momenti piu’ drammatici della storia: durante le due guerre mondiali, quando i paesi venivano spogliati degli uomini mandati al fronte.
Donne forti, quelle sanvitesi, lavoratrici instancabili, custodi della vita quotidiana e della memoria collettiva, anch’esse meritano di essere ricordate come protagoniste silenziose di un’epoca che senza il loro coraggio sarebbe stata ancor piu’ fragile. Un successo per Sonati Vicinu.
Attraverso i ricordi di Federico Sinopoli e Aldo Casalinuovo e la tessitura attenta di Francesco Denaro e Francesco Pungitore la piazza di San Vito ha rivissuto pagine intense di storia, tra memoria privata e collettiva, tra conflitti e riconciliazioni. Una serata che ha confermato la forza del festival: fare della cultura un’occasione di confronto e di consapevolezza, riportando il passato al centro del presente, per costruire il futuro.