di Gaia Serena Ferrara- “Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura” cantava Simone Cristicchi nel 2007, portando forse per la prima volta sul palco di Sanremo un pezzo che sensibilizzava sullo stigma della follia.
Uno stralcio che risulta vero e attuale ancora oggi, e che si potrebbe applicare ad una molteplicità di realtà e situazioni: a tutte, tranne che a quella della città di Girifalco.
Un luogo che nella memoria collettiva calabrese è sempre stato considerato e “additato” come il “paese dei pazzi” in virtù della presenza dell’ex manicomio (oggi complesso monumentale) e che, per questa ragione, per tanto tempo ha sofferto di questa nomea, recando un po’ in sé lo stereotipo e l’accezione negativa della malattia mentale. Ad uno sguardo più attento e meno superficiale, invece, la storia che Girifalco racconta è quella di un modello di accoglienza e integrazione virtuoso e positivo, dove la missione scientifica si coniuga magistralmente alla missione sociale intesa sia come riabilitazione ma anche come recupero della dignità del cosiddetto malato mentale.
La missione e il senso delle Giornate FAI
Non è affatto casuale che la scelta del FAI per le Giornate d’Autunno 2023 sia ricaduta proprio su questo borgo come “luogo del cuore”, a testimonianza di quanto a rendere significativi e degni di nota alcuni luoghi, percorsi e storie, non siano tanto gli eventi in sé stessi ma le persone e gli individui che quegli eventi li vivono, li mettono in moto e soprattutto li ricordano.
“La cosa che più ci premeva nella nostra azione – spiega Gaia Bertolino, capogruppo del FAI Giovani di Catanzaro – era proprio quella di ribaltare e riscattare la reputazione di Girifalco, non solo facendo scoprire la storia del manicomio ma permettendo alle persone di fare esperienza del borgo in modo da rendere noto che qui esiste ancora ed è attiva una struttura di ricovero ospedaliero per malati psichiatrici con condanne penali, che è la REMS (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza)”.
Il dibattito che si è tenuto sabato 14 ottobre, nella location del Museo dell’Arte contadina, e che ha visto anche la partecipazione di ospiti illustri che hanno contribuito alla costruzione dell’identità stessa del borgo, ha assunto la forma di un viaggio a ritroso che ha portato alla luce vari spunti di riflessione ma soprattutto una memoria ancestrale, perché Girifalco ha fatto della follia la sua storia.
E uno dei migliori testimoni di questa storia, custode della tradizione della realtà girifalcese, è il dottor Mario Nicotera responsabile della riconversione del vecchio ospedale psichiatrico in complesso monumentale.
La rievocazione del passato nel racconto di Mario Nicotera
Una testimonianza che si è rivelata essenziale, perché “la storia di Girifalco è la storia del manicomio” e perché ha teso a valorizzare e riportare alla memoria di tutti questo legame indissolubile che ha permesso alla città di ribaltare i pregiudizi rispetto al disagio psichico. “Per anni il manicomio ha rappresentato non solo un volano di sviluppo importante, ma un modello di integrazione. I pazienti hanno sempre coesistito con la popolazione in maniera naturale, e lo stesso processo di riabilitazione terapeutica è sempre stato basato sulle porte aperte”.
Girifalco insomma ha sempre fatto un po’ eccezione, sotto vari aspetti.
Perché mentre in tutta Italia all’indomani della legge Basaglia i manicomi venivano chiusi o dismessi, nel borgo invece si procedeva ad un recupero della vecchia struttura ospedaliera, della parte monumentale più antica, come il porticato, sempre in pieno centro storico.
Ad oggi questa è l’unica struttura pubblica, con 40 posti letto, che fa anche riabilitazione in quanto REMS ossia struttura residenziale con funzione terapeutica e socio-riabilitativa per tutti quegli autori di reato ritenuti infermi o seminfermi di mente che normalmente sarebbero invece confinati nelle carceri senza possibilità di integrazione con il tessuto sociale.
“Se vogliamo accogliere e riabilitare i pazienti, oggi come ieri, è ovvio che essi devono poter interagire e vivere con il resto della popolazione” ragiona Nicotera, ed in effetti questa è una peculiarità che ha sempre distinto la realtà psichiatrica di Girifalco da quelle presenti nelle altre città o nelle grandi metropoli dove invece il disagio psichico veniva e viene spesso allontanato, isolato. Questo è sempre stato, ed è tuttora, un grande motivo di orgoglio per i girifalcesi, e in generale per tutti i calabresi, perché l’operazione svolta per recuperare e valorizzare la struttura ha permesso che il luogo sviluppasse e maturasse anche una componente di attrattiva turistica e culturale.
L’importanza dell’archivio storico: le parole di Amalia Bruni
Ovviamente, il senso di questa realtà e della storia che essa racconta non si esaurisce in un solo risvolto, che sia turistico o economico. Nel corso del dibattito sono state toccate e trattate tante tematiche, sono venuti alla luce molti concetti e spunti di riflessione, all’interno di quella che era la riflessione più ampia sulla malattia mentale. Di notevole impatto l’intervento dell’onorevole Amalia Bruni, cittadina onoraria di Girifalco che ha iniziato i suoi studi proprio da qui fino a diventare scienziata di fama internazionale esperta della malattia di Alzheimer.
La Bruni ha sottolineato l’importanza dell’archivio storico presente all’interno del manicomio di Girifalco come fonte di ricchezza umana e scientifica oltre che di ispirazione, specificando quanto sia importante tramandare questo sapere ai posteri. “Entrare nell’archivio, che contiene circa 16.000 cartelle risalenti al 1880, ha significato per me ritrovare un patrimonio straordinario di conoscenza e di umanità ma soprattutto mi ha permesso di ricostruire tutte queste storie, e tutte le storie di questi ‘figli di Girifalco’ e abbiamo portato Girifalco nel mondo.” Ha spiegato Bruni.
Queste cartelle sono state pubblicate dal 1983 in poi e ora sono ancora in giro per il mondo. Provvidenzialmente, è stato proprio il ritrovamento di una serie di lettere abbandonate da 10 anni (ritrovamento definito dalla Bruni come il suo “colpo di fortuna” e l’occasione della sua vita) che le ha permesso di riconoscere i tratti diagnostici della malattia di Alzheimer in una paziente che presentava all’apparenza una serie di disturbi del comportamento ai quali nessuno sapeva dare una spiegazione. “Questa donna e la sua famiglia erano originari di Nicastro, e portavano con loro l’esperienza del manicomio di Girifalco dove avevano visto altri casi molto simili. Quando ho iniziato i miei studi non avrei potuto immaginare che questa struttura contenesse certi tesori”. Ricorda la Bruni nel corso del suo intervento.
Girifalco e il complesso monumentale come “luogo del cuore”
L’idea del luogo del cuore nasce proprio da questa interazione, da queste riscoperte, dall’approfondimento di tutte queste storie. Da questo punto di vista, anche il dottore Salvatore Ritrovato, uno dei promotori della candidatura del complesso monumentale di Girifalco a luogo del cuore in Calabria nonché psichiatra, ha sottolineato l’importanza del processo di digitalizzazione di queste cartelle cliniche.
“Un aspetto che potrebbe sembrare di poco conto, ma che invece esprime tutta l’urgenza di non perdere le tracce di quello che siamo stati, delle storie dei pazienti, delle corrispondenze con i familiari”. Ha spiegato Ritrovato, per poi proseguire affermando: “Nessuna conquista è per sempre”, ponendo ulteriormente l’accento (oltre che sull’importanza e valenza dell’archivio storico che va tutelato e custodito) sul concetto di riabilitazione, nella consapevolezza che nessun risultato sia eterno o scontato, ma che anzi c’è bisogno di costante e rinnovato impegno per continuare a fare progressi. E questi progressi non riguardano o comunque non si esauriscono esclusivamente nell’ambito scientifico, (dove sicuramente la ricerca e lo studio risultano fondamentali) ma si esplicano e si misurano prettamente a livello umano.
E’ questo in definitiva il senso fondamentale di Girifalco come luogo del cuore, con la sua storia di progresso, speranza e riscatto sociale. Così come fondamentale è il superamento dello stigma della malattia mentale, della paura, del pregiudizio.
“Cosa non devo fare
per togliermi di torno
la mia nemica mente:
ostilità perenne
alla felice colpa di essere quel che sono,
il mio felice niente”. Patrizia Cavalli