“La fede è la capacità di poter vedere, con uno sguardo rinnovato, che dentro un crocifisso ci può essere bellezza, non perché ha la forma bella ma perché ciò che esprime è l’idea stessa della bellezza, perché la fisicità trascende se stessa per esprimere corporalità, relazionalità, capacità di entrare antropologicamente in rapporto con l’altro, e dentro questo trascendimento di se stesso, lì, c’è l’immagine della fede”. Questo uno dei passaggi conclusivi della lectio brevis su “Dalla bellezza alla fede” che il vescovo, monsignor Serafino Parisi, ha tenuto stamani al Liceo classico artistico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme, nell’ambito degli incontri “Fiorentino delle idee”.
“È bello questo crocifisso – ha chiesto ad inizio dell’incontro il Vescovo mostrando una foto del crocifisso di Cutro – ? Un crocifisso, cioè uno inchiodato alla croce, può essere bello? Che cosa c’è di bello in uno che è seduto, paralizzato su una carrozzina, che, cioè, ha la carrozzina come forma della sua croce? Come fai a dire: il crocifisso è bello? Qui l’idea della bellezza, necessariamente, si scontra, o in positivo o in negativo. Dove sta la bellezza in un uomo che soffre? Ma, che cosa è la bellezza?”. In altri termini, “qual è l’idea della bellezza? È il trascendimento di tutto ciò che mi tiene come fisicità ancorato a questa realtà o, invece, vuole esprimere un superamento, un trascendimento di quello che io sono chiamato ad essere? Sta lì la bellezza. Tanto è che tutti noi conosciamo, magari, un nostro amico, un nostro compagno, un nostro vicino, che si trova in una condizione di svantaggio fisico, ma la condizione di svantaggio fisico non mi porta a dire che non possa essere una persona bella”.
Quindi, facendo riferimento al testo della Genesi (‘E Dio creò l’uomo a sua immagine; e ad immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò’), monsignor Parisi ha sottolineato che “ad immagine e somiglianza vuol dire che l’uomo porta dentro di se, malgrado il suo aspetto fisico o la sua condizione fisica, un riferimento ad altro che lo chiama a trascendere se stesso”. Ma non solo. Infatti, nel momento della creazione, Dio “ha posto nella loro mente un frammento di mistero, una scintilla di eternità. Dentro di noi – ha aggiunto – c’è una scintilla di eternità. Trascendiamo la nostra storia passeggera, abbiamo dentro di noi traccia di altro ed abbiamo traccia di altrove. Un frammento di mistero sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera di Dio. Cioè dentro noi che siamo limitati non possiamo comprendere tutto ma c’è una scintilla di mistero. Quando l’uomo comprende questo frammento di mistero, questa scintilla di eternità? Quando prende coscienza del proprio limite. Cioè quando l’uomo arriva alla consapevolezza di essere limitato, lì c’è la svolta della sua vita perché lì scopre che non oltre il limite ma dentro il limite si realizza pienamente l’essenza della sua esistenza. Questa è la bellezza che è detta semplicemente da una visione di fede”.
“Noi crediamo – ha aggiunto il Vescovo che al termine dell’incontro ha risposto alle domande degli studenti – . Il crocifisso è risorto e, quindi, se è risorto, si riescono a vedere anche le piaghe e le ferite come delle feritoie, come quegli squarci di Fontana” che con le sue opere ci ha detto che si può guardare oltre la tela: “il tuo sguardo può andare oltre la tela bianca e lo squarcio ti fa vedere al di là, oltre. È lì la bellezza ed è lì la fede”. Infatti, “la fede dà la possibilità di trascendere ciò che dentro la storia dell’umanità, secondo i nostri canoni, potrebbe essere brutto ed obbrobrioso per dire che guardando oltre possiamo scoprire ciò che è davvero bello”. Ecco perché “è bello anche un crocifisso” in quanto “la persona umana, al di là del suo fisico, è rispettata, valorizzata ed è considerata e, pur nell’obbrobrio che alcune immagini suscitano, c’è la bellezza”.
Infine, ha parlato della differenza tra fisico e corpo e di tutto ciò che ne deriva nei comportamenti e nelle relazioni: “Il fisico – ha detto al riguardo monsignor Parisi – è quello che le mie mani toccano; il corpo è altro perché esprime la capacità relazionale”.