“Lo abbiamo scritto e riscritto ma per forza di cose il chiodo è da ribattere: la gestione della crisi ecologica lasciata agli stessi meccanismi e ai medesimi soggetti che l’hanno determinata si sta traducendo per l’umanità nel classico salto dalla padella nella brace. Il totalitarismo economico in cui ci siamo cacciati approfitta delle crisi per escogitare sempre nuove frontiere dell’affarismo e in questo frangente, per continuare a fare quello che ha fatto fino a oggi, cavalca l’onda verde circoscrivendo arbitrariamente la questione ambientale alla necessità di ridurre le emissioni climalteranti, mentre continua a distruggere la natura e la vita peggio di prima, finanziarizzandole e trasformandole in valore da conquistare e monetizzare, con l’inesorabile corollario della crescita di azioni devastatrici. Mettendo a fuoco lo sguardo sui territori in cui abitiamo, cioè su una delle innumerevoli dimensioni locali asservite alla globalizzazione tritatutto, possiamo considerare anche la popolazione calabrese vittima di un grande inganno. Siamo paragonabili ai contadini del Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, opera cinematografica poetica e di forte impatto emotivo, capace appunto di stimolarci a rifiutare il doppio salto mortale dalla padella alla brace, di aprirci gli occhi sulla nostra inaccettabile realtà.
La padella calabrese è un territorio ampiamente degradato, segnato come tutto l’ Appennino italico dal dissesto idrogeologico, provvisto di 780 chilometri di coste quasi interamente sfigurate da infrastrutture e impianti turistici volgari e invasivi, ma che nonostante l’imperversare delle politiche sviluppiste negli ultimi decenni conserva ancora una confortante e preziosa biodiversità, in modo particolare nelle aree caratterizzate dall’ esistenza di ecosistemi in buone condizioni e da paesaggi emozionanti, famosi nel mondo per la loro peculiarità.
La brace preparata dal Piano Integrato Energia e Clima della Regione Calabria, allineato alle tragiche disposizioni del governo centrale, è un cimitero di croci roteanti su colline e montagne e di tombe fotovoltaiche sui terreni agricoli, è una landa desolata e inabitabile, un reticolo di infrastrutture ausiliare alla produzione energetica, sottostazioni, nodi di connessione, linee ad alta tensione, svincoli, asfalto e cantieri permanenti; è una zona di sacrificio per un presunto interesse generale, per confermare la sacralità dello spreco nell’orizzonte economico e culturale della nazione e per garantire guadagni alle multinazionali dell’energia e a chi galleggia nel fiume finanziario connesso al settore. In uno scenario mondiale di guerra per l’accaparramento delle risorse, il cui motore sempre su di giri è, come si diceva, un sistema economico intrinsecamente avverso alla giustizia tra gli umani e al rispetto della natura come ambito delle relazioni vitali tra tutte le specie, sta emergendo in Calabria una volontà sociale di resistenza, che il 5 novembre ha favorito la creazione, nel corso di un’assemblea appositamente organizzata a Lamezia Terme, di un coordinamento, denominato “Controvento”, tra associazioni e soggetti già impegnati sul fronte ambientale nelle varie realtà locali. Si è cercata e si è trovata l’azione comune tra gruppi provenienti da esperienze disparate, con riferimenti ideali e politici eterogenei ( c’è chi come noi pensa che solo una profonda trasformazione degli attuali assetti globali possa fermare il treno in corsa verso l’autodistruzione e chi ritiene la proliferazione stragista di pale eoliche e impianti fotovoltaici una degenerazione di un contesto socio-economico tutto sommato accettabile).
Aveva preparato il terreno una lettera aperta al presidente Mattarella, uscita nelle scorse settimane sulla stampa regionale e sottoscritta da uomini , donne e associazioni di destra , di sinistra o per statuto estranee alle appartenenze politiche, da esponenti del mondo cattolico, di quello sindacale e dei centri sociali. In quel testo il minimo comune denominatore era la richiesta al potere politico di ritirare la condanna della Calabria a restare terra di estrazione e discarica, spazio elettivo di infrastrutture e impianti invasivi e inquinanti. L’assemblea ha evidenziato l’effetto degli impianti per la produzione di energia rinnovabile già realizzati: non sono stati mai , come vuole la retorica che li promuove, trampolini di sviluppo per le aree su cui si sono abbattuti, non sono stati propulsori di progresso e ricchezza per gli abitanti, non hanno creato nuovi poli economici ma soltanto un danno ai beni comuni, un invito a pastori , apicultori , agricoltori e operatori nel settore del turismo rurale ed escursionistico a cambiare mestiere e territorio.
Il Coordinamento non si limiterà a mettere in campo strategie difensive, a lottare per il ripristino dell’ottimo piano paesaggistico di cui si era dotata la Calabria, ma diffonderà nel corpo sociale idee e proposte legate alla possibilità offerta dalle comunità energetiche, che possono portare benefici tangibili alla collettività e non soltanto agli speculatori, legando l’autoproduzione e l‘autoconsumo alla solidarietà nei confronti dei meno abbienti, come è accaduto già, per esempio, nel comune di San Nicola da Crissa (VV). Attualmente siamo in rotta di collisione con i limiti biofisici del pianeta, si sta aggravando, anche se in nome del green, il conflitto tra l’ espansione economica basata sulla finanza e la base ecologica della società; di conseguenza il coordinamento Controvento fonda la sua genesi sulla comprensione delle” condizioni necessarie per la difesa della terra dalla forza devastante della finanziarizzazione, che risiedono nella creazione della più grande alleanza di lavoratori, popoli e movimenti di tutta la storia dell’umanità“ (John Bellamy Foster).
Se son lotte fioriranno”.
Così in una nota il Movimento Terra e libertà, Terre di Vasia e Il Brigante.