C’è un messaggio del presidente Sergio Mattarella, che plaude all’iniziativa, “importante stimolo per la diffusione di una cultura delle coscienza civile e dell’impegno della lotta alla criminalità attraverso l’esempio di un magistrato valoroso, rigoroso e tenace”, per l’intitolazione della prima scuola, l’Istituto comprensivo ‘D’Azeglio-Nievo’ di Torino, a Bruno Caccia, il magistrato ucciso dalla ‘Ndrangheta nel capoluogo piemontese nel 1983. A ricordare la sua figura i figli, Guido, per il quale “essere suo figlio mi dà la responsabilità di tenere alto il suo nome e portare avanti i suoi valori tutti i giorni”, Cristina, che sottolinea “qui oggi celebriamo la nostra Repubblica e la nostra democrazia, un omaggio a lui ma anche alla società civile e a tutti quei magistrati che fanno il loro lavoro bene”, e Paola. “La sua – racconta – era un’educazione quotidiana, ci dava fiducia, che vuol dire dare responsabilità. Quando è morto piano piano il dolore si è trasformato in fierezza e orgoglio di essere figlia di mio padre, che è morto perché era coraggioso, perché è stato un cittadino modello e questa fierezza mi ha aiutato nelle mie scelte”.
A celebrare la memoria di Bruno Caccia anche l’ex procuratore Giancarlo Caselli e il fondatore di Libera, Don Luigi Ciotti. “Lo spirito di giustizia che lo ha animato è ancora vivo – dice -. Ci sono voluti 40 anni per dedicargli una scuola e oggi è un momento fondamentale.
Oggi in Italia la differenza la fa l’indifferenza, oggi si passa dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato, è diventata una delle tante cose”. Ciotti ricorda Caccia come “un magistrato che sapeva tradurre la legalità in etica di vita, l’esempio di una passione che si fa vocazione, di un ideale da seguire senza scorciatoie e compromessi”.
Sulla necessità di fare memoria osserva che “c’è un rapporto stretto tra la conoscenza, la responsabilità e la giustizia, e la scuola, la cultura aprono le porte del domani e rendono più ricco ed entusiasmante l’oggi.
Una scuola non deve limitarsi a trasmettere solo conoscenza e sapere ma deve prima di tutto insegnare a pensare, cioè a porsi delle domande perché una società che non si interroga non può essere né libera né democratica. La scuola disturba le mafie che ingrassano nell’indifferenza, nell’ignoranza e deve allenare alla vita e oggi lo stiamo facendo ricordando un grande magistrato”. Anche per la dirigente della direzione torirnese dell’Ufficio Scolastico regionale, Tecla Riverso, “la scuola è da sempre presidio di legalità, dove c’è scuola c’è la costruzione di un futuro di legalità e la trasmissione di principi della Costituzione e della convivenza civile”.
“Dalla scuola inizia tutto – aggiunge l’assessora comunale Carlotta Salerno -, e quando una comunità scolastica sceglie di dare un nome a una scuola, sceglie di stringersi intorno ai valori che quella persona rappresenta”. “Oggi – conclude il consigliere regionale Domenico Rossi – stiamo facendo un esercizio di memoria importante, che una scuola venga intitolata a Bruno Caccia chiude il cerchio dell’insegnamento più grande che dovremmo avere imparato, ma non sempre è così fino in fondo, cioè che la lotta alle mafie non è solo una questione repressiva, ma c’è bisogno di un’azione culturale. Questa è una battaglia che coinvolge tutti”, conclude.