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Operazione Malea, censita operatività cellula mafiosa a Mammola, gli inquirenti: “E’ la prima volta che avviene”

L’operazione “Malea” condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e coordinata dal procuratore di Reggio Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, ha portato per la prima volta, secondo gli inquirenti, a censire e riconoscere l’operatività di una vera propria cellula mafiosa a Mammola, anche se in passato alcuni degli arrestati erano stati già coinvolti in inchieste antimafia.

Oltre ai 12 provvedimenti restrittivi, la Dda ha iscritto altre 7 persone nel registro degli indagati. Stando alle indagini, nel piccolo centro dell’area ionica, il ruolo di capo locale sarebbe stato ricoperto da Rodolfo Scali, già coinvolto in passato nelle indagini “Prima Luce”, “Crimine” e “Minotauro”.

Ad affiancarlo nella conduzione del sodalizio e nell’attuazione del programma criminoso, secondo l’accusa, vi erano il cognato Damiano Abbate, con il ruolo di capo società, e Isodoro Cosimo Callà con il ruolo di crimine. Dello stesso sodalizio sono ritenuti partecipi Nicodemo Deciso, Nicodemo Fiorenzi, Raffaele Romeo, Domenico Spanò, Ferdinando Cimino. Secondo quanto emerso dall’inchiesta e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia riscontrate dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, la locale di Mammola aveva proiezioni anche all’estero e in particolare in Lussemburgo dove risiedono stabilmente e sono stati arrestati alcuni degli indagati.

Il referente nel Granducato sarebbe stato Nicodemo Fiorenzo le cui decisioni dovevano essere sempre concordate con i vertici della locale di Mammola. La squadra mobile ha ricostruito anche alcune estorsioni messe in atto dalla cosca come quella ai danni di una ditta che stava eseguendo i lavori pubblici sul tratto stradale ricadente tra Mammola e Cinquefrondi della Strada grande comunicazione Ionio-Tirreno.

La cosca avrebbe imposto un’estorsione anche ai danni dell’impresa che stava mettendo in sicurezza la scuola media di Mammola e ai titolari delle giostre installate in occasione della festa patronale di San Nicodemo. Questi ultimi sarebbero stati costretti a corrispondere un numero elevato gettoni o biglietti per poter usufruire gratuitamente delle attrazioni ludiche.

L’indagato Francesco Antonio Staltari, finito ai domiciliari, inoltre, è accusato di tentato omicidio in quanto la sera del 26 agosto 2016, sul lungomare di Siderno, all’uscita del lido “Kalahari” avrebbe sparato tre colpi d’arma da fuoco, da distanza ravvicinata, nei confronti del titolare colpendolo di rimbalzo. Poco prima la vittima era stata colpita alla testa con una bottiglia da parte di un complice di Staltari che avrebbe sparato per vendicare il figlio Mirko che era stato aggredito.

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