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Il Senato approva il decreto Cutro: stretta sui permessi speciali

Approvato dal Senato il 20 aprile con 92 voti della maggioranza, il decreto Cutro passerà blindato alla Camera per la conversione definitiva in legge il 9 maggio.

Il Senato ha approvato il 20 aprile il decreto Cutro sull’immigrazione, che passa alla Camera, blindato, per la conversione definitiva in legge entro il 9 maggio.

Il voto a Palazzo Madama ripropone la netta contrapposizione tra la maggioranza, secondo la quale il provvedimento frenerà nuovi arrivi di immigrati irregolari, e le opposizioni unite, per le quali le nuove norme non faranno che aumentare gli irregolari presenti in Italia. In favore del decreto sono arrivati 92 voti dei senatori del centrodestra, ai quali si sono contrapposti 65 “no” delle opposizioni (Pd, M5s, Azione-Iv e Avs) e del gruppo delle Autonomie.

Opposizioni criticano quota del decreto flussi. Il provvedimento del governo contiene diversi capitoli. Nei primi tre articoli definisce il decreto flussi per il prossimo triennio, decreto che per il 2023 è stato nel frattempo emanato per 82 mila posizioni, mentre le richieste arrivate dagli imprenditori hanno raggiunto quota 250 mila. Ed è questo il primo punto contestato dalle opposizioni: “Gli altri 170 mila li respingete nella irregolarità, benché abbiano già un lavoro”, ha rilevato Ivan Scalfarotto (Azione-Iv). Le domande riguardano persone già presenti in Italia. La maggioranza ha invece valorizzato il fatto in sé dell’emanazione del decreto flussi: esso rappresenterebbe il messaggio che da ora in poi si entrerà in Italia solo in modo regolare, anche perché si prevede un incentivo agli ingressi di stranieri formati al lavoro nel loro Paese. Secondo il centrodestra, a questo capitolo è complementare la parte penale del decreto che mira a perseguire gli scafisti. Chi infatti porta in modo irregolare i migranti con metodi pericolosi verrà punito con pene dai 20 ai 30 anni di carcere se da ciò deriva la morte anche non voluta dei migranti, come è avvenuto nel naufragio del 26 febbraio scorso a Cutro in Calabria. Anche qui le opposizioni hanno criticato la formulazione troppo generica del nuovo reato che invece dovrebbe essere ben tipizzato, come ogni nuova norma penale: insomma, “una norma manifesto”. Lo scontro maggiore sui permessi speciali Ma lo scontro maggiore, tra centrodestra e opposizioni, ed anche i distinguo all’interno della maggioranza, si è registrato sulla stretta ai permessi speciali. Già il testo originale del decreto ha adottato delle limitazioni rispetto a quanto introdotto dal decreto Lamorgese del 2020 (che recepiva una sentenza del 2019 della Cedu contro l’Italia). In più, prima della votazione è passato un emendamento unitario del centrodestra che ha introdotto un ulteriore giro di vite, facendo proprie alcune richieste – anche se non tutte – della Lega contenute in emendamenti poi ritirati. È saltata – dopo un duro braccio di ferro con Fdi – la cancellazione dell’obbligo di rispettare la legislazione internazionale al momento delle espulsioni, come chiedeva la Lega. Quest’ultima alla fine ha rivendicato per sé il successo: il sottosegretario di Stato all’Interno Nicola Molteni e il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo hanno infatti affermato che si torna “alla logica dei decreti Salvini” del governo Conte 2, modificati appunto da Lamorgese e dall’ultimo governo a guida M5s. Ma i capigruppo di Fi e Fdi, Licia Ronzulli e Lucio Malan, hanno rivendicato l’unità del centrodestra nel voto e nelle scelte.

Anche la stretta sui permessi speciali è stata contestata in coro dalle opposizioni: i rifugiati già presenti in Italia a cui verrà negato il permesso speciale dove finiranno se non tra gli irregolari delle nostre città? “L’unico effetto sarà di creare più irregolari e più lavoro nero”, ha dichiarato Francesco Boccia, senatore del Partito democratico.

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