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Torino ricorda Bruno Caccia, il magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta 40 anni fa. La figlia Paola: “Non ci basta quanto fatto fin qui, non tutto è stato chiarito”

Ricordare Bruno Caccia facendo memoria e, soprattutto, educazione alla legalità, in particolare fra i giovani. Così Torino celebra il magistrato piemontese a 40 anni dalla sua uccisione, il 26 giugno 1983, per mano della ‘Ndrangheta. Per questo anniversario, la Città si propone, con delle iniziative presentate oggi, non soltanto di ricordare la figura del magistrato, cui è intitolato il Palazzo di Giustizia cittadino, ma di farla diventare il simbolo di tutte le iniziative che nei prossimi mesi verranno promosse a favore dell’educazione alla legalità e della cittadinanza responsabile.

“Bruno Caccia – spiega il sindaco Stefano Lo Russo – fu una figura di spicco della lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, la cui incorruttibilità e dedizione alle istituzioni possono ancora oggi essere fonte di ispirazione per i cittadini. Ricordarlo oggi vuol dire celebrare la sua stretta e rigida osservanza alla sola legge e affermare che la legalità non è un concetto astratto ma è pratica quotidiana di tutti coloro che hanno a cuore i valori democratici”.

Presente la figlia del magistrato, Paola Caccia. “Ci sembra che le iniziative in programma vadano nella giusta direzione: non solo cerimonie ed elogi, ma impegno a rendere i cittadini più consapevoli di chi è stato Bruno Caccia, del suo coraggio nel condurre indagini scomode, di come è stato stroncato – sottolinea Paola Caccia – È poi importante che gran parte delle iniziative siano rivolte alle nuove generazioni, sperando che facciano tesoro del suo esempio per tenere alta la guardia contro l’illegalità, la corruzione, l’indifferenza”.

“Speriamo che tutte queste iniziative servano a rinforzare le difese della società, soprattutto delle nuove generazioni, ma anche ad approfondire e far crescere una conoscenza critica del fatto storico. Perché a capire il valore di mio padre si fa in fretta, capire cosa ha fatto e perché è stato ucciso è più difficile. E noi non siamo ancora soddisfatti, non ci basta quanto fatto fin qui, vorremmo sapere quello che ancora non è stato chiarito, quello a cui stava lavorando. E tutta l’attenzione che c’è quest’anno speriamo aiuti anche in questo”.

“La famiglia è riconoscente per tutto questo impegno – dice -. Non è da tanto che abbiamo questa sensazione di essere supportati. I primi anni – ricorda – abbiamo avuto solo il nostro dolore chiuso dentro, si era quasi dimenticata la sua figura. Piano piano, grazie a Libera, è stata ripescata la sua memoria e il suo nome ma ci è voluta tanta fatica a farlo conoscere. Cosa abbastanza inspiegabile essendo l’unico magistrato ucciso dalla criminalità organizzata al nord. Adesso ci sembra che sia cambiato molto – aggiunge Paola Caccia – e ci piace che le iniziative siano rivolte ai ragazzi per presentare nostro padre come un esempio, che speriamo serva a rinforzare le difese delle nuove generazioni contro la mafia e a dare coraggio per un comportamento giusto, onesto, non solo legale, per tenere alta la guardia contro illegalità, corruzione, indifferenza”.

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