Abdul Rahman Amini esce dal Palamilone di Crotone, dove è stata allestita la camera ardente per le vittime del naufragio, con due fogli in mano. Sono i documenti di riconoscimento che attestano la morte della figlia e del genero.
Erano scappati dall’Afghanistan per sfuggire ai talebani, che dopo il loro ritorno, nell’estate del 2021, avevano trasformato le vite degli abitanti in un inferno. Il genero, Mohammad Eshagh, di 22 anni, aveva deciso di portare con sé la moglie e tentare la fortuna in Germania, dove avrebbe raggiunto i suoceri e gli zii della moglie. Ma nel naufragio sono morti entrambi. Un’altra giovane coppia distrutta.
Adesso la famiglia sta provando a rimpatriare le due salme in Afghanistan, ma è difficile, come racconta all’Adnkronos Basir Amini, lo zio della coppia, fratello di Abdul, arrivato in auto dalla Germania, dove lavora come magazziniere presso la catena di supermercati Aldi. “Per favore, dateci una mano per riportare i nostri cari in Afghanistan – dice Basir – Non ci dicono niente per il rimpatrio. Dopo l’arrivo del Presidente Mattarella ci avevano assicurato che le pratiche avrebbero subito una accelerazione, ma ancora stiamo aspettando che ci dicano qualcosa”.
Già ieri sera è stata portata via dal Palamilone la prima salma, di un afghano, Nazim Hamid di 24 anni, riconosciuto solo grazie a un tatuaggio sul braccio dalla madre e dalla sorella. Il suo corpo è stato seppellito, ieri sera, al cimitero di Crotone.
Il rito islamico prevede che i musulmani siano seppelliti in terra, e non all’interno di vani in muratura rialzati come potrebbero essere i loculi, in un’area distinta destinata specificamente a loro e non è ammessa la cremazione. E il corpo di Nazim è stato seppellito sotto terra.
Per gli afghani che, invece, vorrebbero che i propri cari venissero rimpatriati, la situazione è un po’ più complicata. “Ci hanno detto che potrebbero fare arrivare il corpo fino in Turchia – dice Basir – perché non è possibile fare arrivare i voli fino in Afghanistan. E poi, dalla Turchia, come ci muoviamo? Ci faranno entrare in Afghanistan?”.
Domande su domande. A cui, al momento, non è possibile dare una risposta”.
Basir ha anche un altro problema. “Il mio ‘meister’ (capo ndr) mi ha detto che mi avrebbe concesso fino a tre giorni di permesso, ma io sono qui da quasi una settimana. E non so quando posso tornare perché non sappiamo nulla del trasferimento delle salme. Ho paura di perdere il mio lavoro, se tardiamo ancora con i rimpatri”.
Basir guarda dritto negli occhi la cronista, piange in silenzio, e dice in tedesco: “Bitte, bitte, bitte, Helft uns (per favore, aiutateci ndr)”.
(ADNKRONOS)