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Sinistra Italia Cosenza: “I primi segnali del Governo e le vere priorità ed emergenze del Paese”

“I primi passi del Governo Meloni sono contraddittori, per alcuni aspetti, assolutamente inaccettabili per quanto riguarda la libertà delle persone, delle organizzazioni sociali e politiche, della manifestazione del dissenso.

Ma queste scelte dal sapore nostalgico e dal segnale ideologico non possono che essere respinte dalla mobilitazione popolare di un Paese che ha sedimentato, in tutti questi anni che ci separano dal ventennio fascista, la propria convinzione democratica.

Quello che, al contrario, a mio parere è ancor di più preoccupante è l’assenza di una minima idea di come affrontare le tante emergenze sociali e l’individuazione della scala delle priorità, che a giudicare dalle affermazioni del capo del Governo e dei suoi Ministri non sono corrispondenti alla realtà.

In questa assenza generale di quadro, com’è sempre successo, si inseriscono le dichiarazioni roboanti sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, disconoscendo i reali bisogni infrastrutturali delle regioni particolarmente interessate, le controindicazioni economiche, geologiche, ambientali dei vari studi che avevano portato all’abbandono di quest’opera costosa, dannosa più che inutile, anche per il pericolo della salvaguardia della legalità in territori particolarmente difficili e permeabili.

Come aveva scritto Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente, alcuni mesi fa, questo progetto era stato abbandonato per il fallimento tecnico e finanziario della proposta dal Governo Monti. Ma ripreso dal Pd, durante il Governo Draghi con la Ministra De Micheli, che rendeva palese una logica bipartisan dell’apertura di cantieri senza una logica di governo del territorio e di sviluppo compatibile. La cosa inaccettabile è che Governo e Regioni, che si sono affrettate a salire sul carro di una Lega che vuole spostare l’obiettivo dai reali bisogni del Mezzogiorno ad un dibattito fuorviante allo scopo di drenare risorse, è che si fa intravedere un futuro di grandi opere nel mentre i territori interessati sono condannati a sistemi di trasporti e di comunicazioni obsoleti e fatiscenti, a treni lentissimi e ad un isolamento sociale, economico e produttivo, non solo infrastrutturale.

Anche la discussione sul Reddito di cittadinanza, la cancellazione o ridimensionamento, contrapponendolo al Lavoro, ha un sapore stantio di populismo becero.

Fermo restante le necessità di controlli e di adeguamento alle richieste di una popolazione in cui, dati Istat, sono oltre 5 milioni di abitanti in stato di povertà assoluta e quasi 15 in serissime difficoltà, che sfiorano la povertà, non solo non si può toccare un provvedimento che ha dato parziali, ma soddisfacenti, risposte alla crisi economica e all’emergenza sanitaria, evitando l’esplosione di una tensione sociale latente, ma che ha indicato una strada per affrontare in modo adeguato la lotta alla povertà e all’indigenza, che sono le vere emergenze di parte consistente della popolazione.

Certo legandola alle politiche attive del lavoro.

Partendo dall’introduzione di un salario minimo, com’è del resto applicato già in molti Stati europei e stato scelto come direttiva dalla Comunità europea, che risponde ad una situazione di vero e proprio sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori in tutto il territorio e nei diversi comparti lavorativi e, nel contempo, chiude questa perniciosa discussione sulla contrapposizione tra lavoro e assistenza.

Sempre l’Istat ci ha informato negli ultimi giorni di una crescita del Pil nel terzo trimestre del 2022 di un inaspettato 0,5%, ma anche che a fronte di questa crescita c’è stato un ulteriore calo dell’occupazione. Questo dimostra ulteriormente che non solo il lavoro è sempre più considerato un fattore di costo, ma che nel nostro Paese sempre più si utilizza occupazione precaria e retribuzioni basse.

Allora, ci sono due problemi da affrontare e subito da parte del Governo, in Italia ci sono meno occupati della media europea, soprattutto nelle fasce giovanili, quindi occorre un piano per un lavoro stabile e qualificato, insieme ad un generale aumento dei salari e del reddito del lavoro dipendente, anche attraverso interventi fiscali.

Il primo provvedimento del nuovo Governo, come più volte strombazzato, doveva essere quello di un sostegno a famiglie e imprese in grande difficoltà per l’aumento vertiginoso del costo dell’energia, il caro bollette. Finora solo proclami, annunci e promesse.

Intanto, in questa lunga fase di crisi, accentuata dal conflitto in atto, c’è chi si è arricchito con una speculazione oltre misura, facendo pagare un prezzo salato a gran parte della popolazione.

Occorre perciò un intervento coraggioso sugli extraprofitti, come richiesto dall’Alleanza Verdi- Sinistra Italiana, sul quale si è aperto un provvedimento giudiziario da parte della Procura di Roma, oltre che a misure efficaci per affrontare l’emergenza energetica che rispondano seriamente ai bisogni delle famiglie e delle imprese.

Ma per fare questo ci vuole coraggio e una scelta di campo che certamente non può fare una compagine che è in netta continuità col Governo precedente, che ne ha ereditato la stessa logica liberista e di difesa degli interessi dei grandi poteri economici e finanziari europei e mondiali.

Infine il Sud, già dimenticato durante la fase della campagna elettorale da quasi tutte le forze in campo e che non rientra sicuramente nell’Agenda del Governo Meloni.

Nei programmi elettorali non è quasi per nulla presente, soprattutto in quanto indispensabile allo sviluppo del Paese.

Il tutto mentre ci accingiamo ad affrontare e forse approvare l’Autonomia differenziata, una penalizzazione delle aree meridionali, un provvedimento che ci farebbe ritornare ad un secolo indietro di sperequazione e ingiustizie territoriali.

Insomma occorre una nuova strategia di rilancio degli investimenti, dell’occupazione e dei redditi, partendo dalle aree con maggiore ritardo di sviluppo, rendendole trainanti di uno sviluppo più complessivo del Paese.

Visti i programmi delle forze di maggioranza e i primi provvedimento governativi, non credo ci sia da aspettare i fatidici cento giorni per dare giudizi e programmare le mosse future.

C’è bisogno di mobilitarsi già da subito e scendere in campo in difesa delle libertà, della democrazia, dei diritti e della dignità del lavoro, anche con un’idea alternativa di Paese, di economia, di rapporti sociali, di solidarietà e di civiltà”.

Lo afferma in una nota Fernando Pignataro, coordinatore provinciale di Sinistra Italia Cosenza.

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