Dopo quella apparsa nel quartiere Gallico (teatro di una cruenta faida fra la cosca Chindemi e altri gruppi locali), “Klaus Davi uomo di pace”, un soprannome che veniva attribuito a Pasquale Tegano, mammasantissima di Archi morto l’anno scorso, e “Klaus Davi cornuto” nel cuore di Archi Cep, il quartiere in passato tristemente famoso per la prima e la seconda guerra di ‘Ndrangheta con oltre mille morti ammazzati, nella nottata di ieri è apparsa una terza scritta contro il massmediologo, “uffici Klaus Davi”. È in un luogo ancora più simbolico ovvero la villa che apparteneva all’ex boss Vincenzo Barreca, assassinato nel 2002 e sulla cui morte il giornalista sta indagando da diversi anni. La notizia è stata comunicata a Davi nella giornata di ieri.
I legali di Klaus Davi, tra cui l’avvocato Eugenio Minniti (Foro di Locri), hanno invocato nuovamente rapide indagini sull’origine di queste scritte perché appare evidente che dietro c’è una regia occulta mirata a minacciare il giornalista per la sua ferrea volontà di andare a fondo alle inchieste: «Non si può giocare con la vita delle persone, soprattutto quelle che sono esposte in prima linea sui territori, come del resto numerosi altri giornalisti, nonché uomini e donne dello Stato. La scritta sinistramente evocativa impressa sul cancello di quella che fu la villa del boss trucidato Vincenzo Barreca – proseguono i legali di Klaus Davi – non può più essere considerata una bravata e tra l’altro sembrerebbe confermare la tesi investigativa del massmediologo che a “controllare” Pellaro e Bocale non c’era soltanto un gruppo riconducibile a Pepi Barreca (poi arrestato nell’ambito dell’indagine Metameria) ma che a questo gruppo se ne contrapponeva un secondo altrettanto organizzato e militarizzato, del quale però finora non si è avuta notizia».