Sono esposte al pubblico per la prima volta le storiche foto del processo ESMA, scattate da Anna Maria De Luca nell’aula bunker di Rebibbia per testimoniare uno dei processi per i diritti umani più importanti al mondo, il processo ESMA – in cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituì parte civile – finito con la condanna all’ergastolo dei gerarchi argentini responsabili della morte di Angela Maria Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro. La mostra fotografica si tiene nel Castello della Valle (Fiumefreddo Bruzio – CS) all’interno della mostra di pitttura, “Il Tempo dell’Attesa”, personale di Anna Maria De Luca, pittrice e giornalista. Per l’occasione è giunto a Fiumefreddo il pm dei tre processi ESMA, Francesco Caporale, già Procuratore Aggiunto a Roma. “Senza il lavoro di Caporale – ha scritto l’allora ministro della giustizia Oliviero Diliberto – questi processi non sarebbero mai stati possibili”.
I processi per i desaparecidos sono stati rinviati in Italia per anni, passati da archiviazione ad archiviazione, fino a quando i fascicoli finirono nelle mani del pm Caporale che, a differenza di molti altri colleghi, non solo non archiviò ma gli dedicò parte della sua vita, in un periodo in cui in Argentina non era ancora possibile portare in tribunale i militari del regime. “Il Tempo dell’Attesa – spiega Anna Maria De Luca – inquadra sia i decenni di attesa che i parenti delle vittime della dittatura hanno dovuto vivere prima che si potesse arrivare alla giustizia in tribunale, sia il tempo in cui sono nati i miei quadri, il periodo sospeso che tutti abbiamo vissuto a causa del Covid. Tra i quadri, tre sono dedicati alla scomparsa dell’identità e dei corpi, tema che sento potentemente nell’anima dato che la vicenda dei desaparecidos ha riguardato anche alcuni pezzi della mia famiglia: Angela Maria, buttata da un aereo militare nell’oceano e il figlio Jorge, morto sotto le torture, per non parlare di Dante, leader peronista nemico numero 1 del regime, incarcerato per otto anni e otto mesi senza mai un processo. Una detenzione che però gli salvò la vita: lui, che era stato già ministro a 23 anni e che era noto in tutta l’Argentina per la sua lotta contro i militari, tornò libero quando in Argentina ci fu il governo Alfonsin, e continuò a dedicare la sua vita ai diritti degli oppressi”.
La mostra è patrocinata da Iaaps, International Association for Art and Psychology, presieduta dal prof Roberto Boccalon, psichiatra e psicanalista. “Il tempo dell’attesa, ritratto nei quadri di Anna Maria, è quello che rende possibile lo sviluppo del desiderio, letteralmente de-sidera, la percezione di lontananza dalle stelle, una nostalgia dell’infinito, una rinuncia apparente basata su uno sguardo che sa andare oltre. Questi quadri ci raccontano l’arte come tuffo nel processo creativo e nel tempo di una presa di distanza nel guardarla, che è anche il tempo di attesa necessario per arrivare all’esposizione di una mostra come questa. Nell’ottica di una ecologia della mente, l’alternanza dei ritmi di presenza – assenza, la capacità di tollerare la frustrazione nel processo di identificazione, il tempo dell’attesa è una sorta di gravidanza psichica, è un salto di livello, una trasformazione simbolica. Orfeo perde Euridice perché non sa tenere a bada l’impulso di guardarla: occorre avere la capacità di attendere per poter rendere possibile la trasformazione. I quadri di Anna Maria ci raccontano questo”.