“La Regione Calabria è rimasta sorda alle nostre richieste: anzi, dopo tutti questi mesi, siamo ormai fermamente convinti che ci stia prendendo in giro! Pertanto, noi tirocinanti calabresi stiamo prendendo in considerazione di agire per vie legali allo scopo di far comprendere alle istituzioni ed ai cittadini di essere lavoratori (in nero legalizzato) che vivono di questo impiego, ma che vengono costantemente e sistematicamente tagliati fuori dal servizio pubblico, dove peraltro la carenza di personale è vastissima e risultiamo quindi indispensabili soprattutto per i Comuni”. È quanto si legge in un comunicato promulgato dai tirocinanti calabresi.
“Stiamo protestando, e ci teniamo a specificarlo, perché non abbiamo ancora visto quanto promesso. Con il Decreto dirigenziale n° 70/86 del 29/06/2022 della Regione, che riconosce un punto ai tirocinanti per ogni mese di tirocinio svolto, per un massimo di 30 punti, la Regione ci sta assegnando al centro per l’impiego; una decisione ridicola perché, a nostro avviso, al momento esso non può affatto risolvere la nostra situazione dato che non è nelle condizioni di poter assumere!” “Inoltre, chiediamo che la Regione aggiorni subito e, soprattutto, renda pubblica (perché NOSTRO DIRITTO) la banca dati con tutti i nostri nomi, perché – spiegano – così facendo, si scoprirebbe che non siamo i 4.400 di cui tanto parlano, in quanto alcuni hanno trovato una nuova occupazione, altri sono andati in pensione e altri ancora sono deceduti. Ci chiediamo quindi se, nel non renderla pubblica, la Regione non stia attuando una qualche furbizia per agevolare chi in realtà non ha diritto a trovarsi in questo bacino perché non decretato come ‘Mobilità in deroga’”.
“Riscontriamo inoltre una netta disparità di trattamento tra noi Tis e i tirocinanti ministeriali, per i quali è stato pensato e attuato un bando di concorso ad hoc che gli permetterà di ottenere una sistemazione, nonostante provengano dal nostro stesso bacino. Chiediamo pertanto – concludono – risposte celeri e concrete perché è impensabile che a dicembre migliaia di padri e madri di famiglia rimangano a casa, visto che l’articolo 1 della Costituzione Italiana recita che ‘l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’”.