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Una storia di sfruttamento in Calabria, imprenditore pagava i dipendenti dei suoi supermercati 4 euro l’ora per oltre 50 ore di lavoro settimanali: arrestato

Pagava i propri dipendenti 4 euro all’ora a fronte di una prestazione di oltre 50 ore alla settimana, sottraeva una parte della paga, limitava il godimento delle ferie ed in caso di infortunio sul lavoro lo faceva passare come infortunio domestico. Per tale ragione un imprenditore titolare di cinque supermercati a Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale, insieme ad altre due persone, è stato arrestato dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro che hanno anche sequestrato 6 attività commerciali con un patrimonio aziendale per un valore di oltre 27 milioni di euro.

Precissamente, sono due le società di capitali con sede a Montepaone, che gestivano cinque supermercati, sottoposte a sequestro preventivo dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto in carcere dell’imprenditore Paolo Paoletti, di 51 anni per lo sfruttamento dei 60 dipendenti delle strutture di vendita.

Il provvedimento restrittivo e il sequestro sono stati emessi dal gip su richiesta del sostituto procuratore Saverio Sapia e del procuratore aggiunto Giulia Pantano con il coordinamento del procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla a conclusione di indagini condotte dai finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catanzaro.

Oltre a Paoletti, sono state arrestate e poste ai domiciliari – riporta l’Ansa – la consulente del lavoro Maria Teresa Panariello, di 48 anni, e una responsabile amministrativa dell’azienda, Anna Valentino, di 52. Inoltre è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza due responsabili dei punti vendita, A.C., di 51 anni, P.G., di 52.

I cinque sono indagati per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, alle estorsioni e ai reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Le società di capitali che gestivano le attività commerciali sono state affidate ad amministratori giudiziari nominati con lo stesso provvedimento.

L’attività svolta dal Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catanzaro si è articolata in attività di intercettazione e di perquisizioni. Dalle indagini sarebbe emerso che i cinque indagati, sotto le direttive del titolare delle imprese ed approfittando della condizione di necessità e vulnerabilità derivante da precarietà economica, avevano imposto condizioni di lavoro degradanti e pericolose sul luogo di lavoro ad oltre 60 dipendenti, violando sistematicamente la normativa sull’orario di lavoro e corrispondendo una retribuzione palesemente inadeguata o comunque insufficiente rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto (4,00 euro all’ora, a fronte di una prestazione di attività lavorativa di oltre 50 ore a settimana) o sottraendo parte della retribuzione (con restituzione in contanti). Inoltre ai dipendenti sarebbe stato limitato il godimento dei giorni di riposo settimanale e delle ferie annuali, garantiti dalla legge, con sole due settimane di ferie all’anno e sarebbero stati costretti ad operare in ambienti che non rispettavano le norme di sicurezza.

I cinque, secondo l’accusa, inoltre, non avrebbero dichiarando gli infortuni sul lavoro come tali, ma indicandoli come incidente domestico, impedendo così di ottenere le necessarie tutele previdenziali e risarcitorie previste dalla legge.

Il consulente del lavoro e la responsabile amministrativa, che coadiuvavano attivamente l’imprenditore, secondo gli investigatori avevano il compito, rispettivamente, di redigere contratti di lavoro apparentemente part-time e false buste paga non riportanti le reali ore lavorate e di occuparsi della gestione contabile delle attività, collaborando nella redazione dei contratti di lavoro; i responsabili dei punti vendita erano delegati al controllo dei dipendenti, cui chiedevano l’effettuazione di turni massacranti negando la possibilità di usufruire di parte delle ferie cui avevano diritto. Inoltre, in occasione della verificazione di infortuni sul lavoro, accompagnavano i lavoratori in ospedale per costringerli a rendere dichiarazioni false in merito alla dinamica dell’incidente.

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