La Festa delle rose si è conclusa ma un po’ di meraviglia è ancora rimasta in chi, domenica 29 maggio 2022, era alla Casa delle Erbe e delle Agriculture della Locride, nei pressi di Antonimina.
A sfidare il meteo inclemente su tutto il meridione son stati in tanti, provenienti da ogni dove, a dimostrazione di quanto questo straordinario evento, l’unico in Calabria dedicato alla regina dei fiori, susciti sempre più interesse e curiosità.
La vallata ai piedi del monte Tre Pizzi ha gratificato il coraggio dei presenti sfoggiando tutta la grazia di un clima luminoso e mite e la ridondante e stupefacente bellezza delle fioriture dei prati, campi e giardini che alla Casa delle erbe vengono preservate con pratiche colturali molto accurate e consapevoli. Al piacere della meraviglia, piuttosto inespresso per molti di noi negli anni di pandemia, era dedicata la quinta edizione della festa.
Protagonista principale il tripudio multisensoriale offerto dai numerosi rosai messi qui a dimora, nel corso di quasi venti anni, da Marò d’Agostino, paesaggista e “custodea” del luogo.
Un divertente aggettivo, coniato ad hoc, StupoRrosa, era il titolo per avvicinarsi all’incanto che solo questi fiori determinano in chi li ama e che già si prefigurava nella originale e raffinata grafica della comunicazione creata da Alessandra Mallamo. Ogni dettaglio della Festa, del resto, rispondeva, come ogni anno, alla filosofia della Casa delle erbe che nella relazione con la natura utilizza i linguaggi e le forme delle arti e del pensiero libero ed anticonsumista.
Il programma della giornata era immaginato, così, come un dialogo tra la generosa e misteriosa bellezza del luogo e la creatività incessante e tenace del giardiniere, fatta di inventiva, sapienza e progettualità. I visitatori sono entrati nelle “stanze verdi” della Casa con cui è articolato questo che è il primo giardino sensoriale e terapeutico naturale calabrese, prototipo di auspicabili e numerosi giardini che ad esso già si vanno ispirando. “Ogni stanza, benché adiacente alle altre – dice Marò d’Agostino – ha una sua identità tipologica e morfologica corrispondente alla biodiversità relativa e agli aspetti sinergici e relazionali tra le piante, l’acqua, la luce e il sistema complesso della piccola fauna locale. Ogni stanza, quindi è una parte di mondo e una visione che riflette uno stato d’animo e memorie; parte di noi che produce vibrazioni intense e profonde. L’incanto”. I tentativi di artificio (e questa edizione voleva indirettamente dimostrarlo) con espedienti di abbellimento o clonazione della natura, risulterebbero vani e volgari. La bellezza naturale dei nostri territori è così assoluta che non ha bisogno di altro da sé. Possiamo solo osservarla, imparare a conoscerne il linguaggio e parlare con lei la lingua dei sensi. “Sì. Tutto quello che avviene è intrinseco al dialogo. Anche dai rovi abbiamo creato bellissime fascine d’ appoggio. Quando ciò accade, il luogo è catalizzatore di benessere e la sua vibrazione empatica avvolge magicamente persone, animali e cose”, conclude la d’Agostino.
Questo è quanto accaduto alla Festa delle rose, tra colori, aromi, profumi, pietanze alle rose, i suoni di otto violoncelli a integrarsi con la cospicua banda dei volatili della fauna fluviale, i fruscii sensuali della flora di maggio e il rumore rassicurante e fresco della fiumara, le invenzioni floreali di Serafina Amodeo, gli archetipi e le vibrazioni sonore della rosa spiegate da Francesca Salvador e Mario Migliarese e, fondamentale, tantissimi amici. Ogni anno è una festa speciale per le rose e la festa è sempre bella come una rosa.