L’attivista curdo-iraniana Mysoon Majidi, detenuta nel carcere di Reggio Calabria e accusata di essere una scafista, ha scritto e inviato stamani una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella quale ribadisce la sua innocenza e chiede la “libertà provvisoria o una forma di detenzione alternativa” in attesa del giudizio.
Lo rendono noto i deputati Marco Grimaldi (Avs) e Laura Boldrini (Pd) nel corso di una conferenza stampa alla Camera.
“Il mio arresto e la mia detenzione credo siano non solo un’ingiustizia, ma un’ombra sulla tutela di quei diritti umani che l’Italia ha sempre affermato”, scrive Majidi al capo dello Stato. “Mi rivolgo a Lei, presidente della Repubblica, – aggiunge – e al popolo italiano con la speranza che la mia voce venga ascoltata e che la mia situazione venga risolta con giustizia e umanità”.
Maysoon Majidi, nella lettera, afferma di essere stata arrestata, subito dopo lo sbarco sulle coste italiane, in seguito alle dichiarazioni “poi smentite” da parte di due testimoni che la accusavano di essere una scafista. “Mentre sono solo una delle persone migranti e richiedenti asilo che fuggono da situazioni di acuta sofferenza”, spiega. “Vi prego di non lasciarmi sola, la vostra azione può fare la differenza tra la speranza e la disperazione, tra la libertà e la prigionia”, si legge nelle ultime righe della missiva.
“Donna, vita, libertà: il caso di Maysoon Majidi e Marian Jamali”, questo il titolo della conferenza stampa organizzata giovedì 18 luglio, alla Camera dei Deputati. Un evento, questo, promosso da Luigi Manconi, Presidente di A Buon Diritto Onlus, ha visto la partecipazione di Laura Boldrini, Marco Grimaldi, Parisa Nazari, Riccardo Noury e Ferdinando Laghi.
Durante la conferenza stampa si è data lettura del messaggio che Maysoon Majidi ha indirizzato al Presidente della Repubblica Italiana. Al termine dell’incontro è stato lanciato un appello affinché l’Italia si impegni a proteggere coloro che cercano rifugio dalle persecuzioni e dai conflitti e a garantire che la giustizia sia effettivamente equa e rispettosa di una umanità sofferente che cerca nel nostro Paese quei diritti negati nei loro.
L’incontro ha messo in luce il drammatico caso di Maysoon Majidi e Marjan Jamali, due donne in fuga dal regime iraniano, in cerca di libertà e diritti in Europa. Giunte in Italia, sono state invece arrestate con l’accusa infamante di essere presunte scafiste. Accuse che, secondo quanto emerso in questi mesi, appaiono – si legge nel comunicato stampa – prive di fondamento e basate su confuse e contraddittorie testimonianze, in parte già ritrattate.
Tutti i relatori hanno sottolineato l’importanza di difendere i diritti umani e di garantire un processo equo e giusto per Majidi e Jamali, sottolineando l’evidente incongruenza della vicenda. Chi ha lottato in Iran, a rischio della vita, contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani, non è verosimile possa essersi irragionevolmente trasformata in una trafficante di esseri umani, sulla base di prove, per altro, del tutto inconsistenti.
Nel corso dell’evento, Ferdinando Laghi, il consigliere regionale calabrese che ha più volte incontrato Maysoon nei mesi scorsi, nelle carceri di Castrovillari e Reggio Calabria, ha incentrato il suo intervento sulle assai precarie condizioni di salute, fisiche e psicologiche, dell’attivista per i diritti curdo iraniana. Laghi ha espresso il suo auspicio affinché la giustizia italiana possa dimostrarsi non solo giusta, ma anche umana e che si possa giungere presto, per Maysoon, alla concessione di misure alternative alla detenzione, prima dell’auspicato, definitivo proscioglimento, nel processo che inizierà il 24 luglio.