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‘Ndrangheta a Reggio Calabria, Arangea nella morsa dei Latella-Ficara. Il gip: “Controllo mafioso asfissiante”

“Demetrio Palumbo, detto ‘Mico’, era colui che autorizzava e decideva le nuove affiliazioni, si occupava della riorganizzazione della cosca, con il conferimento delle due cariche di ‘contabile e capo società’, e si manifestava come conoscitore esperto degli equilibri criminali”.

É un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip distrettuale di Reggio Calabria, Giovanna Sergi, su richiesta della Dda, a carico delle 12 persone coinvolte nell’operazione “Arangea” contro la cosca Latella-Ficara.

“In virtù della sua posizione apicale – si afferma ancora nell’ordinanza – Palumbo era anche in grado di interfacciarsi con autorevolezza con i principali esponenti delle altre articolazioni di ‘ndrangheta, che gli riconoscevano l’autorevolezza dovuta a chi è posto ai vertici di un sodalizio”. Demetrio Palumbo era in libertà dal 2016, anno in cui aveva finito di scontare una condanna a 30 anni di reclusione per tre omicidi avvenuti durante la seconda guerra di mafia a Reggio Calabria.

Oltre che per Palumbo, il Gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per il figlio del presunto boss, Antonino, di 50 anni; gli omonimi Antonio Autolitano di 71 e 36 anni; Saverio Autolitano (63); Vincenzo Autolitano (42), Antonino Ficara (61); Carmelo Gullì (44); Domenico Modafferi (34); Luigi Musolino (48), e Sebastiano Praticò (72). La persona finita ai domiciliari è Pasquale Federico, di 73 anni.

Le indagini della Dda e le intercettazioni registrate dai carabinieri hanno dimostrato come la cosca Latella-Ficara avesse sottoposto il territorio di “Arangea” a un “controllo mafioso asfissiante e caratterizzato da un diffuso sistema estorsivo nonché dalla gestione occulta di diverse imprese economiche”.

Gli imprenditori vessati dall’organizzazione criminale, ancor prima di intraprendere qualsiasi lavoro, dovevano darne preventiva comunicazione, secondo quanto è emerso dalle indagini, alla ‘ndrangheta, che ha tentato di infiltrarsi sia nel settore della grande distribuzione, con l’intento di imporre assunzioni, che in quello agrumario, e in particolare in quello del bergamotto, in cui erano attive due società, intestate a prestanome, che sono state sottoposte a sequestro preventivo.

“È stata un’attività d’indagine – ha affermato il Procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri – che ha incrociato varie fonti a partire dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia”.

“Ci è sembrato di ritornare indietro di 30 anni”, ha detto il Procuratore aggiunto, Walter Ignazitto, secondo cui “l’indagine ci restituisce un ritorno ad una certa ortodossia della ‘ndrangheta”.

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