Emerge una possibile fuga di notizie durante l’indagine ‘Arangea’, avviata nel 2019, che stamattina ha portato in carcere undici persone e una dodicesima agli arresti domiciliari, per i reati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni ed armi. Nel corso della conferenza stampa tenutasi al Comando provinciale dei carabinieri dal capo della Procura distrettuale, Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto, Walter Ignazitto, dal comandante provinciale, gen. Cesario Totaro e dal comandante del reparto operativo, ten.col. Valerio Palmieri, dalle intercettazioni dei commenti degli indagati, viene fuori la cautela degli stessi poiche’ “presunte notizie da fonti di polizia” a loro pervenute segnalavano un’attivita’ investigativa in corso a loro carico.
“Sono stati fatti tutti i controlli del caso – hanno precisato magistrati e investigatoridai dell’Arma – in sinergia con gli altri corpi di polizia, ma non sono state individuate responsabilita’ circa presunte segnalazioni agli arrestati dall’interno delle forze dell’ordine”. “L’inchiesta – ha detto il procuratore Bombardieri – e’ frutto di azioni investigative tipiche, di intercettazioni ambientali e strumentali, incroci di relazioni informative e delle denunce presentate da parte di operatori finiti nel mirino della cosca”.
Demetrio Palumbo, 75 anni, pregiudicato scarcerato dopo 30 anni di reclusione per fatti legati alla guerra di ‘Ndrangheta esplosa a Reggio Calabria dal 1985 al 199l, per gli inquirenti, e’ l’elemento catalizzatore del gruppo degli arrestati di oggi, molto vicino alla cosca di Croce Valanidi capeggiata dai Latella-Ficara.
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Scarcerato per ‘fine pena’ nel 2016, Palumbo cerca di ricostruire la ‘ndrina del quartiere Arangea avvalendosi dell’appoggio degli arrestati. “Gli indagati – ha detto Giovanni Bombardieri – imponevano il loro controllo a tappeto sul territorio, con la richiesta di assunzioni nel settore della grande distribuzione alimentare, tangenti su appalti pubblici, forniture obbligate a operatori di loro indicazione, come nel caso di un esercente che si riforniva da un grossista di un altro quartiere della citta’, a cui viene imposto di rifornirsi da un loro grossista di riferimento”.
L’indagine, inoltre, evidenzia antiche frizioni tra le cosche del Valanidi e di Arangea, da una parte, con le “concorrenti”, e confinati, ‘ndrine di Pellaro, capeggiate dai Barreca, i cui interessi criminali sono convenzionalmente tracciati geograficamente dal ponte sul Torrente Valanidi, scelto come confine simbolico che separa i territori di influenza e gli interessi criminali dei due clan. “Abbiamo verificato – ha detto l’aggiunto Ignazitto – di tentativi di ‘sconfinamento’ dei due gruppi territorialmente vicini, a cui hanno fatto seguito discussioni e chiarimenti per evitare probabili conflitti.
Il quadro indiziario – ha proseguito Ignazitto – per altro, offre uno spaccato di una realta’ inquietante che pensavamo chiusa almeno 30 anni fa, con la ripresa dei riti di affiliazione, incontri per l’attribuzione delle cariche di vertice, come il capo contabile e il capo societa’, riti iniziatici che molti collaboratori di giustizia consideravano ormai un retaggio del passato”. In carcere sono finiti: Antonio Autolitano (cl.53), Antonio Autolitano (cl.88), Saverio Autolitano, Vincenzo Autolitano, Antonino Ficara, Carmelo Gulli’, Domenico Modafferi, Luigi Musolino, Antonino Palumbo, Demetrio Palumbo e Sebastiano Pratico’.
Agli arresti domiciliari, infine, Pasquale Federico. Gli inquirenti hanno sottoposto a sequestro preventivo tre aziende: Eurocart, di Morabito Giuseppe; NG Citrus e la ‘Bergamotto’, di Serena Fortugno, tutte operanti su Reggio Calabria.