“Pochi possono dirsi: “Sono qui”. La gente si cerca nel passato e si vede nel futuro” - Georges Braque
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Un campetto di periferia, simbolo di quelle partite vinte e giocate bene: ad Arghillà l’importante incontro con don Sergio Massironi

Una giornata straordinaria con don Sergio Massironi, raccontata direttamente dalle parole e dagli scatti che lui ha scelto per “vederci” con i suoi occhi.  Su mandato del Papa, don Sergio, ha coordinato il gruppo di lavoro che ha visitato 40 periferie nei diversi continenti incontrando credenti e non e per ritornare poi al Dicastero del Servizio Umano Integrale a sviluppare quella teologia dell’uomo di cui il pontificato di Francesco è intriso. All’interno del partecipatissimo e attesissimo appuntamento promosso dall’Azione Cattolica Diocesana, Don Sergio è stato con tutti noi, anche ad Arghilla, abitando per un pomeriggio questa fragile periferia di Reggio Calabria. La giornata è stata un’esperienza meravigliosa di dialogo, ascolto e inclusione. Di Arghillà don Sergio ha conosciuto le ferite e le speranze. Le ferite del degrado e dell’abbandono. Le speranze dei tanti operatori cattolici e non e che con fatica ogni giorno costruiscono percorsi di inclusione, bellezza, diritti e dignità. E poi, la visita al campetto, spazio colorato, pulito e partecipato che è il segno concreto del percorso (Comune, Garante Metropolitano e Associazioni) di speranza e rinascita che solo “certe partite” riescono a regalare. Giocare tutti per la stessa squadra, il più delle volte, ci porta a vincere importanti partite e sfide quotidiane. Ad Arghillà, per provare a portare a casa qualche risultato (giustizia e diritti per tutti), si dovrebbe partire da questo modo di fare, da questo atteggiamento di fondo.  Dal blog di don Sergio A MISURA D’UOMO, condividiamo parole importanti e cariche di significato, un tracciato di quello che, da anni, viviamo per strada in questo quartiere del nostro territorio. “Ad Arghillà incontro laici, credenti e non, che si battono per la giustizia e costruiscono oasi di bellezza, pur nell’assenza, spesso, di tutte le istituzioni: osservo e ascolto la loro indignazione trasformata in azione e in speranza spicciola, ma tenace. Trovo gli amici di Azione Cattolica e CSI, disposti a lavorare con chiunque voglia il bene delle persone, al di là delle credenze e delle sigle confessionali. Restano davanti a me e dentro di me un paesaggio urbano e un mosaico di volti che domandano che Italia sia questa. L’annuncio del vangelo ha una dimensione sociale che ne fa messaggio di salvezza e di libertà. Occorre sporcarsi le mani e privarsi di qualche tranquillità per sopportare ciò che gli occhi preferirebbero non vedere: allora, ed è bellissimo, rinasce l’evangelii gaudium, quella che a comunità chiuse e (in)soddisfatte manca da tanto tempo.”

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