“Sono trascorsi trenta anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio.
Lunedì, 23 maggio, come ogni anno si commemora la strage di Capaci.
Così come avviene da alcuni anni, preferisco non presenziare ad un momento pubblico che nel tempo si è trasformato nell’inutile parata di un’antimafia salottiera, in un teatro dell’assurdo al quale prendere parte anche stando accanto a chi ha responsabilità – quantomeno morali – su ciò che avvenne in quegli anni”.
Lo dichiara Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari di vittime innocenti di mafia, dell’associazione ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’.
“Se dopo trenta anni non conosciamo ancora la genesi delle stragi; se non sappiamo con certezza acclarata giudiziariamente perché morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i componenti della loro scorta; se non sappiamo i veri motivi della strage di Via D’Amelio e il perché del depistaggio delle indagini, dovremmo avere il pudore, per rispetto alle vittime, di evitare di partecipare a queste narcisistiche sfilate.
Recarsi sui luoghi del dolore – prosegue Ciminnisi -, assistere ai cortei delle auto blu, alle interviste che sanno di niente, alla lacrimuccia facile in onore alle telecamere, senza che si sia data una risposta ai tanti perché di quelle stragi, ci rende tutti moralmente responsabili dinanzi al dolore dei familiari e dinanzi le future generazioni.
Ed è giusto che sia così.
È troppo facile partecipare ai funerali delle vittime, alla loro commemorazione.
Riascolto le parole dell’avvocato Fabio Trizzino – difensore dei figli del compianto giudice Paolo Borsellino – pronunciate nel corso dell’udienza tenutasi a Caltanissetta per il grave e colossale depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio.
Trizzino, riferendosi a chi non era sul banco degli imputati, ha citato il brano di una canzone di De Andrè: “Provate pure a credervi assolti, siete lo stesso coinvolti”.
Ebbene, fin quando non si saranno date le risposte ai tanti perché, non parteciperò a manifestazioni alle quali prendono parte esponenti politici, rappresentanti delle istituzioni, rappresentanti di associazioni e tanti altri che con i loro silenzi, o con i loro errori, dovrebbero sentirsi a pieno titolo “coinvolti”.
Fino ad allora, lasciamo che a ricordare i nostri eroi partecipando alla loro commemorazione, siano soltanto il volto della Palermo e della Sicilia pulita, le lacrime dei loro familiari, i giovani che vogliono sapere e che ancora si commuovono, chi crede nella Giustizia e nella Verità.
Quella giustizia che dobbiamo avere il coraggio di pretendere, anziché cercare quattro minuti di visibilità nel corso di una manifestazione pubblica alla cui partecipazione non saremo degni fin quando non lo avremo dimostrato con le nostre azioni stando accanto soltanto a chi vuole la verità.
Ecco perché lunedì, in occasione della commemorazione della strage di Capaci – conclude Giuseppe Ciminnisi -, preferirò ricordare in solitudine la carezza del giudice Giovanni Falcone ad un ragazzino che voleva sapere il perché dell’uccisione di suo padre, vittima innocente di mafia”.