“Anche in Schenker, volevano mandare via tutti! E prendersi tutti i posti loro!”. Così intercettato nell’ottobre del 2020 il cognato di Nicola Bevilacqua, presunto boss della ‘Ndrangheta, parlava del parente, marito di sua sorella, e del suo “proposito”, come riassumono i giudici di Milano, “di imporsi all’interno” di Schenker Italiana, assieme al “figlio Giuseppe”, e “acquisire quante più attività aziendali possibile”. Lo si legge nel decreto che ha portato in amministrazione giudiziaria la filiale italiana del gruppo tedesco, colosso della logistica e dei trasporti.
L’obiettivo del presunto boss, si legge ancora, era “spinto a livelli tali da essere ormai noto nel settore dell’autotrasporto e da determinare la cattiva fama acquisita dalla ditta di Anna Fiuto”, la moglie di Bevilacqua e presunta ‘testa di legno’. Azienda quest’ultima che sarebbe stata il “braccio operativo” del 70enne, il quale nei rapporti con Schenker, scrivono ancora i giudici, “replica lo schema operativo che anni prima aveva assicurato l’assoggettamento omertoso al clan Mancuso degli autotrasportatori operanti nel Vibonese e nel Lamentino”, ossia “quello di ‘mandare via tutti e prendersi tutti i posti'” anche con “attività estorsive”. Estorsioni per le quali è già stato condannato in via definitiva, così come per associazione mafiosa