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Il Direttivo di Reggio Sette Punto Zero sulla Reggina: “La fine della squadra di calcio emblematica della rovina della città”

Abbiamo assistito attoniti alla tragicomica conferenza stampa sulla scelta in merito a chi consegnare la gloriosa storia della nostra Reggina.

Non sappiamo ancora se il fondo è stato toccato o se scaveremo ancora; per adesso siamo alla lettera D, come la serie calcistica che ci siamo “guadagnati” in questo scellerato decennio. La stessa D di Depressione, quella che affligge Reggio, fisica e psicologica, ma soprattutto economico finanziaria.

La fine della squadra di calcio (che segue quella del basket) costituisce soltanto l’ultima conseguenza di ciò che abbiamo deciso di fare: autodistruggerci.

Da una dozzina di anni in questa città non circola l’economia, il settore degli appalti pubblici è fermo, così come quello dei servizi, circoscritto ai pochi comparati. La conseguenza di una economia immobile è la sfiducia nel futuro, nella capacità di investire, nella voglia smarrita di un tessuto imprenditoriale che non trova sostegno da parte delle istituzioni e si chiude a riccio o scappa dal territorio metropolitano come i nostri ragazzi, zaino in spalla, verso le università romane e del nord.

Reggio sguarnita diventa preda di speculatori, Reggio incapace di sostenere le proprie realtà sportive, ma anche di far fruttare le enormi risorse naturali, il proprio patrimonio storico, di programmare stagioni turistiche, ridotte a sagre di paese.

Dello stato pietoso, puzzolente e precario in cui versa tutta la città non serve scrivere, basta mettere piede per strada, percorrere qualche sporco metro per riflettere sugli errori del recente passato e imparare a non commetterne altri gravissimi, come quello drammatico di riaffidare per la seconda volta le redini di Reggio alla sinistra falcomatiana.

La verità, infatti, dobbiamo dircela: la nostra rovina siamo noi stessi. Se ci ritroviamo in queste condizioni è perchè abbiamo consegnato la città nelle mani peggiori, affidando le gestione della cosa pubblica ai più incapaci, consegnando le stesse nostre vite al disamore ed alla spregiudicatezza, il futuro dei nostri figli al nulla. Mea culpa dovrebbe fare il reggino, battersi il petto, perchè se sbagliare è umano, perseverare più che diabolico in questo caso è masochistico.

Fino ad ora, però, la triste agonia della nostra Reggina ci dice che non abbiamo imparato granchè e continuiamo a sbagliare, a strumentalizzare ogni cosa per fini personali e clientelari.

E qualcuno tra chi ci governa oggi ha perfino il coraggio di nominare la lettera D per parlare di Dignità. Forse quella perduta ad ogni occasione in questo anni.

Mai come in questo momento storico in questo preciso determinato luogo del pianeta che si chiama Reggio Calabria la parola Dignità è abusata, stuprata sulle bocche di chi la pronuncia.

Bocche che dovrebbero invece utilizzare la lettera D per liberare Reggio dalla loro nefasta presenza, dalla scomoda e inollerabile occupazione di ruoli istituzionali usati come fossero teatrini di marionette, sfregiati da una arrogante Disamministrazione teleguidata… da casa: per scrivere a caratteri cubitali su un documento ufficiale la parola “DIMISSIONI”.

 

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