“Il Ministro della transizione ecologica – ago della bilancia per la fiducia al governo Draghi da parte del M5S e paladino di un ecologismo liberale – ha recentemente indicato i criteri di selezione di progetti relativi alla gestione dei rifiuti. Ma su quale sistema di gestione del ciclo dei rifiuti si punta oggi, dopo aver foraggiato per decenni l’utilizzo indiscriminato del “sistema discariche”?
Ce lo dice da tempo un rapporto di Utilitalia del 2020: via le discariche e dentro ecodistretti, biodigestori anaerobici (coi quali produrre gas) e inceneritori o termovalorizzatori che dir si voglia (ritenuti utili per la produzione di energia). La fotografia del settore rifiuti che traccia Utilitalia evidenzia poi il divario tra le regioni settentrionali e quelle del Centro-sud, sottolineando che gli impianti di smaltimento sono concentrati nelle prime. Il rapporto stima dunque che occorrano almeno 30 nuovi impianti per centrare gli obiettivi Ue, la maggior parte dei quali da realizzare al Sud per colmare il divario.
Ma in Calabria cosa accade su questo fronte? Accade che, per dare seguito alla strategia di “ripresa e resilienza”, la Regione Calabria intende avviare un potenziamento dell’inceneritore di Gioia Tauro, un cantiere aperto da anni in attesa di essere ultimato. Vista però l’obbligatorietà imposta per legge, le disposizioni regionali devono ovviamente privilegiare la raccolta differenziata, ma ponendola sullo stesso piano del cosiddetto “recupero energetico attraverso l’incenerimento”, ammettendo persino, con una certa leggerezza, che ogni residuo indifferenziato deve essere inviato all’inceneritore piuttosto che alla discarica. Un principio errato perché, in un sistema in cui si afferma di voler far prevalere la raccolta differenziata, bruciare magari anche solo il residuo, risulterebbe ecologicamente più problematico, mentre sarebbe più facilmente gestibile con piccolissime discariche di prossimità; che, in una gestione veramente virtuosa, progressivamente sarebbero destinate a scomparire quasi del tutto. Fermo restando il fatto che gli inceneritori non solo non eliminano le discariche ma ne hanno disperatamente bisogno per il conferimento delle ceneri di risulta dei forni, che sono rifiuti speciali e necessitano di luoghi di stoccaggio ad hoc per le ben più pericolose ceneri intercettate dai filtri. Tutti gli esperti concordano poi che l’impianto di Gioia Tauro, già utilizzato in una minima parte delle sue potenzialità, sia sufficiente per l’intero territorio calabrese. Il raddoppio dell’impianto richiederebbe addirittura l’importazione di spazzatura da fuori regione (se non addirittura dall’estero) adeguatamente trattata. Si perché la maggior parte dei cittadini ignora che non tutti i rifiuti possono essere bruciati, ma solo una parte debitamente selezionata.
La contraddizione raggiunge livelli eclatanti, se si considera che l’impianto di Gioia Tauro è dotato di un forno a letto fluido che incenerisce CDR, sostanzialmente plastica, carta e legno, oltre ad una parte di frazione organica approssimativamente stabilizzata, quindi i rifiuti che sono più facilmente differenziabili. E che fine fanno il vetro e quei metalli che non vengono attratti dai magneti dei rifiuti tal quale che passano il blando processo di selezione prima di arrivare nel forno?
Gli inceneritori entrano in conflitto con la pratica della raccolta differenziata, perché i più alti rendimenti si raggiungono bruciando materie “pregiate”, quelle che invece dovrebbero trovare la via del riciclo/riuso. Esiste poi un aspetto non trascurabile, il problema irrisolto della gestione delle ceneri derivanti dalla combustione, che necessariamente vanno smaltite in discariche di rifiuti pericolosi. Sono impianti che soffrono del meccanismo dell’accumulo degli effetti, per cui quasi sempre risultano in regola con i parametri puntuali di inquinamento rilevati giornalmente, ma mai lo potranno essere sommando gli effetti di mesi e anni di incenerimento.
Accettando questo sistema i primi a “cadere” saranno ovviamente gli abitanti delle zone limitrofe agli inceneritori, che accuseranno sulla propria pelle gli effetti, in termini di salute e di ricadute negative sul territorio. Su questo non aggiungiamo altro. Esiste una vasta saggistica scientifica, oramai universalmente condivisa, a supporto di ciò.
Il meccanismo da promuovere invece è semplice: maggiore è la differenziata, minore sarà l’utilizzo degli inceneritori. Per essere ancora più chiari: se il sistema proposto si prefigge veramente alti livelli di raccolta differenziata, resterà ben poco da bruciare negli inceneritori. Di contro se la proposta è l’upgrade del termovalorizzatore di Gioia Tauro, risulta evidente una scarsa fiducia nella possibilità di aumentare la percentuale della differenziata. Scarsa fiducia che fa l’occhiolino ai grossi affari dei “signori della monnezza”, che hanno più interesse a gestire il ciclo dell’umido e del “tal quale” attraverso grossi impianti di trattamento e discariche, perché particolarmente remunerativi, piuttosto che promuovere cicli virtuosi di gestione attraverso la raccolta differenziata.
Visto e considerato infine l’aumento dei costi generali di trasporto ed energetici e visto che, per bruciare rifiuti, si usano combustibili fossili, quanto economicamente vantaggioso potrà essere nell’immediato futuro un inceneritore? E dal momento che l’inceneritore non sarebbe economicamente sostenibile, se non si pagasse per conferirvi rifiuti e se l’energia prodotta non fosse venduta ad un prezzo più alto, quanto pesa un impianto del genere sulle bollette energetiche e sulle tariffe dei rifiuti?
Senza neanche scomodare la nocività di tali impianti, che alla lunga potrebbe provocare gravi patologie per gli abitanti della Piana, nell’immediato il potenziamento dell’inceneritore mina le tasche dei cittadini già alleggerite da pandemia e inflazione cavalcante.
Queste alcune delle considerazioni che ci portano a chiamare alla mobilitazione, affinché non passi l’ennesimo sfregio fatto ai nostri territori ed alle nostre popolazioni.
E’ quanto si legge in una nota di CSOA “Angelina Cartella”, SOS Rosarno e R.A.S.P.A. (Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela)”.