Reggio, un anno dopo lo scioglimento; Arena: “Fu un atto politico"

arenaintervistabisdi Benedetta Malara - "Nel momento in cui studiamo che il commissariamento di Reggio Calabria nell'ottica di pro o contro Scopelliti si continuerà a dire sempre e a sostenere che il commissariamento è stato giusto. Non si affronta un problema di fondo che riguarda principi e diritti fondamentali dell'uomo, non cose da poco. L'esercizio del diritto di voto della democrazia, dell'elettorato attivo, passivo, perché io il giorno successivo al commissariamento ho detto, da uomo di destra, "se lo stato oggi avesse detto "dichiaro guerra alla 'ndrangheta" e per dichiarare guerra alla 'ndrangheta occorre che per cinque anni le amministrazioni siano gestite dallo Stato, io avrei potuto anche sottoscrivere questa decisione". Ma che questo non avvenga, e che avvenga tutto nell'ottica di uno stato democratico o di diritto, questo non lo accetto". A un anno esatto dalla decisione del Consiglio dei Ministri di sciogliere il Comune di Reggio Calabria per contiguità con la 'ndrangheta, Demetrio Arena, ex sindaco della città dello Stretto, si confronta con Il Dispaccio sulle dinamiche che porteranno all'amara decisione nei confronti di tutta la cittadinanza: "Dobbiamo capire di cosa parliamo, dobbiamo capire se siamo uno stato autoritario o democratico. E seconda cosa, ci sono modi e modi di fare le cose, se questa cosa si fosse fatta in maniera più decorosa, ma è indecente quello che è stato fatto".

A distanza di un anno, a mente fredda, Demi Arena, oggi assessore regionale alle Attività Produttive, torna sulle dinamiche che portarono alla decisione adottata dal Governo Monti: "Su un piano oggettivo il problema vero è stato mandare la commissione d'accesso a Reggio Calabria, l'errore è stato questo. Non c'erano gli elementi per mandarla, e questo mio parere, questa mia dichiarazione è identica a quella che mi fece il prefetto Luigi Varratta e che fece pubblicamente quando dopo la prima falsa battuta di un'agenzia che parlava dell'arrivo della commissione d'accesso a Reggio Calabria. Il prefetto il giorno dopo smentì e disse che non c'erano le condizioni per fare venire la commissione d'accesso a Reggio Calabria. Che poi possa aver cambiato idea dopo l'arresto di Plutino, lì dobbiamo capire: l'arresto di un consigliere comunale, senza alcuna delega può determinare il venir meno dei presupposti per fare venire la commissione d'accesso? Io non credo".

Però c'è anche Multiservizi.

Discutiamo anche di questo. Tutto questo succede dopo Multiservizi, anche le dichiarazioni del prefetto. Dopo l'arresto di Plutino il prefetto dice di dover approfondire. La commissione d'accesso a Reggio Calabria arriva a seguito di motivi prettamente politici, a seguito di quell'ambiente che si è creato in città all'indomani dall'elezione di Scopeliiti passando per le vicende tragiche della dottoressa Fallara per finire ai problemi di bilancio in un anno in cui la città ha subito uno stop amministrativo in virtù di questi problemi e qui si è levata la contrapposizione e l'assalto all'amministrazione Scopelliti trascorsa. Voi vi ricordate bene che io battevo molto su questo, perché io dall'altra parte della scrivania da sindaco vedevo quotidianamente quanto potesse pesare sulla città questa cosa, perché purtroppo la lotta politica si è trasferita sui media nazionali oltre che locali, si è trasferita a Roma. A Reggio Calabria la lotta politica si trasferisce in ambito personale e quando si trasferisce in ambito personale diventa lotta di tipo mafioso.

Ma si riferisce nei suoi confronti o di Scopelliti?

In generale.

Ha percepito anche nei suoi confronti un attacco?

No assolutamente, nei miei confronti no. Però la condizione non cambia, perché la lotta produceva effetti nell'istituzione sindaco, ed io ero sindaco. Perché invece ghettizzare questa posizione nel dire "uomo di Scopelliti" oppure come ha fatto una parte politica "se tu non dichiari il fallimento di Scopelliti non hai la credibilità di poter essere preso in considerazione". Questo è quello che mi imputavano in consiglio comunale. Ma io questo non lo potevo dire, perché non lo credevo, e poi perché non conveniva alla città che io lo facessi, e ripeto sono stato un protagonista in un settore facendo l'amministratore dell'Atam, io ho dato dei segnali di discontinuità chiari, che non sono stati recepiti da più settori della città in virtù di quel clima.

Che tipo di segnali?

Le politiche sociali. Io avevo tenuto la delega per me, e avevo la Minasi che avrebbe potuto continuare. Io ritenevo di dover prendere le politiche sociali e ho di fatto consegnato le politiche sociali a un gruppo di tecnici di cui nessuno apparteneva alla sfera politica. Ma non l'ho fatto per un fatto tattico, perché avevo conoscenza diretta e stimavo quei professionisti che hanno lavorato e sgobbato quasi quotidianamente, gratis. Questi signori quando io li ho pregati di venire, sono stati massacrati dai loro perché dicevano "ma come vai a collaborare con Arena" allora ecco il diverso atteggiamento di chi guarda alla città e al bene della città prima e chi invece guarda alla parte politica.

La vedevano come un prosieguo di Scopelliti.

Certo, ma questo non è radicalizzare? Questo significa anteporre gli interessi della città o poteva essere anche un segnale per dire va bene la lotta politica ce la facciamo sul piano di Scopelliti, abbiamo un nuovo sindaco, vede la differenza culturale è questa, secondo lei chi diventa sindaco deve perdere gran parte del senso dell'appartenenza. Hai l'obbligo di doverlo fare, sei il sindaco della tua città e tutto dev'essere improntato alle azioni che fanno il bene della tua città. Quello che aveva fatto un anno e mezzo prima Scopelliti io non lo avrei potuto mai fare. Perché era cambiato il contesto, erano cambiate le risorse, era cambiato il clima, non potevo continuare tutto quello che l'opposizione ha sempre contestato a Scopelliti. E poi quando passerà questo periodo sono sicuro che si faranno riflessioni sull'era Scopelliti e si riuscirà a ricondurre in un alveo più politico ogni azione posta in essere da Scopelliti e vedremo che ci sono cose incomprensibili, però dalle cose più importanti alle cose più banali occorre fare un'analisi e ricondurre, dopodiché ognuno farà un bilancio.

Lei continua a considerarla un'era comunque positiva?

Si perché il mio giudizio si basa su un aspetto. È una domanda generica. Rispetto a come siamo ora, e perché noi siamo così, il problema è – a meno che lei non creda che siamo così perché la Fallara si è liquidata un milione di euro o perché la Fallara ha dato 700mila euro al suo compagno – se lei ritiene che le sofferenze siano queste non ci siamo, se invece vogliamo fare un'analisi io le dico tecnicamente che succede che noi soffriamo di più per un motivo semplice: perché arriva la crisi, ma arriva improvvisamente la crisi. Perché con i tagli delle risorse che ci sono stati nei comuni, taglia, taglia, taglia è arrivato l'ultimo consistente taglio che ha abbassato il livello delle risorse al di sotto di quelle necessarie per garantire i servizi. Siamo nel luglio 2011, l'ultimo. I primi avvengono dal 2009. Questa crisi cade in un momento in cui la nostra città aveva – e questo io l'ho detto ed è stato banalizzato e messo sotto silenzio – perché quando io dalla campagna elettorale dico il problema di Reggio è che probabilmente è cresciuta troppo in un arco temporale breve, io lo dico da tecnico e pensavo che qualcuno facesse una riflessione su questo. Questa riflessione è mancata perché tutti hanno ritenuto che io facessi propaganda elettorale per sminuire quel problema, ma non era così. Perché fa più danno a noi? Perché in quella stagione, perché quella era una stagione in cui erano stati riorganizzati i servizi, dove probabilmente era stato investito troppo rispetto a quelle che erano le nostre possibilità, in opere. Lasci stare il problema culturale, tutte quelle cose insulse che vengono tirate fuori: la festa, la Marini

Rtl...

Ecco su Rtl c'è uno scontro tra me, lei e tutto il mondo.

Ma era un esempio...

No è una cosa inaccettabile, dire oggi che Rtl sono stati soldi buttati, o voi non viaggiavate o non vi rendevate conto di che cos'era Rtl per Reggio Calabria, perché oggi Rtl fa le trasmissioni da Taormina, fa le trasmissioni dalla Sardegna. Perché io quando c'era Rtl e viaggiavo, mi dicevano "ma a Reggio che fate? Che è questa città? Sentiamo continuamente Reggio Calabria, Reggio Calabria", quella visione che voi etichettate della città tutta da godere. Che poi voglio dire su un'analisi della città, vediamo poi se questa può essere concepita come città da godere, è chiaro che ci vuole prima l'acqua, tante altre cose, però una città che probabilmente per come concepita potrebbe diventare una città in cui ci si viene a divertire, e non solo. Perché il nostro patrimonio culturale è tale che ci permette di essere città d'arte a livello internazionale. La crisi viene in un momento in cui si era investito tanto, e in tutte le città l'esperienza da tecnico le dico che lì dove si erano create le società miste, che lei sa sono state create l'ultimo mese di campagna elettorale da Naccari Carlizzi, sono stati fatti i bandi, dopo tre anni è stato necessario rivedere, e in molti casi queste società sono fallite, quindi è venuta in quella fase dove ci si doveva aspettare un momento critico sulle società miste, da un punto di vista economico, e in resa del servizio da un punto di vista qualitativo. Quindi noi abbiamo sofferto di più soprattutto per questo, Reggio ha sofferto molto l'anno di fermo amministrativo, perché da quando va via Scopelliti a quando entro io l'attività amministrativa si è paralizzata.

Colpa di Raffa quindi...

Colpa dell'ambiente, probabilmente colpa di tutti i soggetti che erano protagonisti. C'è una determinata fascia della nostra comunità che ha maturato il convincimento, così come avviene nei momenti di difficoltà, che ci troviamo in queste condizioni per Scopelliti, e non è giusto. Perché il bilancio si fa costi e ricavi, vediamo cosa ha fatto Scopelliti e vediamo cosa ha fatto di buono e cosa ha fatto di dannoso, e poi andiamo al saldo. Se è positivo o negativo. Questa cosa oggi a Reggio non si può fare, siamo troppo in contemporaneità, però c'è un problema: io andavo a Roma, andavo dalle Istituzioni, e verificavo che a distanza di poco più di un anno, quando mi presentavo e parlavo di Reggio Calabria c'era un irrigidimento, mentre un anno e mezzo prima quando mi capitava di andare a parlare di Reggio Calabria trovavo quasi un atteggiamento di simpatia istituzionale.

arenaintervistaterCom'è arrivato questo clima a Roma?

Lo scontro si trasferisce a Roma perché chi fa lo scontro a Reggio è soggetto che mentalmente è portato a radicalizzare il rapporto sull'aspetto personale, e lo fa da diversi anni, e opera nel momento in cui non ha impegno politico soltanto ed esclusivamente per annientare Scopelliti, quotidianamente. E si serve dei canali di partito, si serve di Laratta, della Lo Moro - che poi nel partito c'è una vita che va dal locale al centrale - e allora se io sto lì a battere quotidianamente su determinate cose alla fine anche i miei rappresentanti romani mi devono dare conto di qualcosa. E quando io queste cose le complico e io gli dò enfasi queste cose poi si trasferiscono a Roma. Poi succede questo: che si creano dei gruppi eterogenei in cui non c'è una regia, per dire: io solo l'allenatore della squadra che deve distruggere Scopelliti, non c'è un gioco di squadra con una mente, c'è una condivisione di obiettivi che unisce tante componenti, in questo caso è questo, in altri casi è sempre questa logica, che è tutta reggina.  Andate a leggere che cosa si dice di Reggio Calabria in quelle interrogazioni parlamentari, andate a leggere: una cosa di una violenza inaudita, una cosa che un parlamentare che è stato eletto in questo territorio non dovrebbe dire. Anche se arriva a pensarlo, non può dire che è una cloaca. E' emersa una situazione devastante, anche dopo le attività giudiziarie che sono venute fuori. Quindi questo clima, su questo si inseriscono i giornalisti, magari perché Scopelliti va in urto con i giornalisti quindi questo gruppo si alimenta, però il fatto di Ruotolo è emblematico di quel clima. Ma perché Ruotolo alla conferenza stampa di presentazione di un ministro tecnico pensa che per il paese possa essere interessante sapere quando mandano la commissione d'accesso a Reggio Calabria? Non le pare che sia un fatto emblematico di tutto quello che c'era? Per me sì.

Secondo lei dal punto di vista oggettivo, parlando di criteri: tanti consiglieri o assessori coinvolti in rapporti con le cosche, e società miste, arriverà anche Leonia...

Quando sono venuti i commissari hanno detto "guardi sindaco noi siamo venuti a fare la fotografia oggi di quello che c'è, qualsiasi cosa lei fa dopo non ha nessun significato, noi guarderemo soltanto la sua amministrazione". Allora se noi spostiamo i termini e diciamo ma a Reggio forse lo Stato deve intervenire e sciogliere, perché c'è troppa confusione, eh ma questa è un'altra cosa, io non la accetto questa logica. Io bado invece al fatto se sia stato giusto lo scioglimento rispetto alla mia amministrazione. Solo questo guardo io. Poi faccio un bilancio di quelli che sono stati gli scioglimenti dei Comuni. Da uomo di destra io sostengo che lo Stato dovrebbe fare una dichiarazione formale di guerra, che abbia un significato di sostanza, dove dice lo stato entra in guerra con la 'ndrangheta: dall'indomani bisogna essere consequenziali con una serie di provvedimenti. Perché se i tribunali di Reggio Calabria della Calabria vengono considerati nell'ambito della ristrutturazione al pari di altri territori non è fare guerra, se le Prefetture devono avere gli stessi organici a Reggio Calabria come nelle altre parti del territorio non è fare guerra, se le forze dell'ordine devono avere gli stessi mezzi a Reggio Calabria come in altre parti del paese non è fare guerra alla mafia.

Ma la domanda era un'altra: secondo lei tutti quegli elementi, che possiamo citare: Leonia, Multiservizi, i politici Morisani, Plutino, Vecchio, ecc. possono portare a definire infiltrata un'Amministrazione o no?

Secondo me no, perché ci devono essere degli elementi. Se mi rifaccio alla norma si capisce subito che non era applicabile, perché il testo dice che per poter addivenire allo scioglimento occorrono elementi concreti, univoci e concordanti e occorre nella interpretazione della norma dimostrare che la volontà dell'Amministrazione sia stata condizionata o che si sia determinata sulla base di pressioni provenienti dalla criminalità organizzata.  Ora non c'è un solo caso in cui la Giunta o un Consiglio abbiano adottato un provvedimento perché imposto da qualcuno o condizionato da qualcuno o dall'attività di qualcuno. Non emerge un solo elemento su questo.

arenaintervistaMa se gli stessi elementi fossero venuti a galla in un'Amministrazione in carica da tre anni e non da sei mesi, sarebbe cambiato qualcosa?

Assolutamente no, perché ci sono degli errori così fuorvianti nella relazione che mi portano a pensare della buonafede di chi ha concepito anche i provvedimenti successivi di scioglimento. Andiamo agli addebiti, nel momento in cui mi si accusa di non essere stato tempestivo nei confronti della Multiservizi, si ribaltano le responsabilità e si dice una cosa che non è vera. Perché io quando a novembre viene fuori l'operazione della Multiservizi, la mattina stessa vedo l'articolo sul giornale mi reco subito dal Prefetto, convoco immediatamente il presidente del consiglio di amministrazione e mi faccio portare tutte le carte e tutti i provvedimenti che sono stati intrapresi rispetto al primo segnale, quello dell'arresto di un caposervizio, direttore operativo, Rechichi. Ho chiesto, da quando è stato arrestato Rechichi, voi avete posto in essere qualcosa? Ebbene mi hanno portato i verbali del consiglio di amministrazione, atti amministrativi, da dove emergeva che avevano fatto tutta un'attività per stringere un po' le maglie dei controlli e soprattutto verificare tutte le azioni poste in essere dal caposervizio. Da quel momento in poi io ho chiesto immediatamente uno strumento unico per poter porre in liquidazione la Multiservizi, che era il certificato, l'interdittiva antimafia, che è l'unico strumento che consente di poter fare questo, nonostante ci fosse una norma nello statuto che prevedeva che nel caso di tentativi di infiltrazione mafiosa io avrei potuto sciogliere la società senza utilizzare gli adempimenti previsti dal codice civile. Ho chiesto immediatamente questo certificato, ebbene mi è stato detto allora di settimana in settimana che mi sarebbe stato dato, quando però ho capito che questa certificazione non arrivava io, autonomamente, con atto deliberativo di Giunta, ho posto, dopo aver chiesto un parere a più soggetti, se potevo rispetto ad un'azione giudiziaria dichiarare in liquidazione la società, e avendo avuto dei pareri scritti che supportavano l'idea che non si potesse fare assolutamente, io ho deciso, e questa è stata una decisione ascrivibile a me, ho detto "io voglio porre in liquidazione la Multiservizi perché è venuto meno il rapporto fiduciario col socio privato".  Io mi riferisco al rilievo di non essere stato tempestivo, quindi mi autodetermino e dico "poniamo la liquidazione" per questo parte la mia procedura. Un po' più lunga ma parte. Questo certificato non viene, quando arriva a luglio, appena io ricevo il fax convoco Giunta e Consiglio di amministrazione e pongo la società in liquidazione. Il rilievo posto a me è inaccettabile perché succede la medesima cosa con la Leonia. Ma la Leonia in assemblea l'hanno dichiarata in liquidazione, i commissari non sono riusciti ad un anno dall'interdittiva a mettere in liquidazione la Leonia dopo quasi un anno dal ricevimento dell'interdittiva antimafia. La Leonia non l'hanno posta in liquidazione perché quando sono state sequestrate le quote in assemblea gli amministratori giudiziari ai commissari hanno detto a muso duro "voi non la potete sciogliere questa società" Ma io posso leggere queste cose e non parlare con quest'impeto?

Ma anche Plutino (e non solo lui) è condizione insufficiente?

Plutino che cosa aveva? Quale atto da consigliere ha fatto? Quale azione ha posto in essere? Plutino oggi ancora purtroppo per lui è un detenuto in attesa di giudizio. Quella relazione è stata vista da tutte le Istituzioni che non conoscevano la città. Il Prefetto era arrivato da un mese, non c'era il procuratore della Repubblica, anche se Sferlazza conosceva la città, era cambiato il Questore, era cambiato il comandante dei Carabinieri, il comandante della Guardia di finanza, ecco perché un fatto soggettivo. Tra Le 31 imprese considerate mafiose ce ne sono 4 che lavorano costantemente con la Prefettura e col Tribunale perché hanno le autorizzazioni particolari del Ministero dell'Interno.

Incompetenza o malafede?

Io non sono portato mai a pensare alla malafede. Sono portato a pensare al fuorviamento, o a fatti accidentali. Però il fatto oggettivo è.

A distanza di un anno, da un punto di vista esclusivamente politico lei rispetto alle cose che hanno portato allo scioglimento, cambierebbe qualcosa rispetto a quello che ha fatto?

Allora, rispetto ai rilievi che mi sono stati posti, di primo acchito dico niente, perché ho avuto molta attenzione. Mi sarei potuto inventare qualcosa per poter passare per chi ha un'attenzione particolare, ma io l'attenzione particolare badavo a darla alla sostanza negli atti amministrativi. Si poteva essere liberi da queste logiche intraprendere un percorso differente. Ma non per abbandonare la contrapposizione politica Scopelliti o all'amministrazione scopelliti, ma per proteggere la città rispetto a questa lotta.

Secondo lei se aveste tutti utilizzato questi termini, invitando al ragionamento per il bene della città, anziché parlare di "nemici della città", "cancro", ecc, secondo lei sarebbero arrivati risultati diversi o sarebbe stata una battaglia persa?

Io "cancro" l'ho utilizzato soltanto quando la situazione era veramente immodificabile. C'era un radicare il discorso sul fatto che bisognava prendere le distanze per cui non ero credibile. Il cancro arriva quando io dicevo e documentavo i danni che quella lotta che volevano fare si faceva sulla mia città e sulla mia gente, perché io il sindaco lo faccio perché me lo chiede la città. Io non volevo fare il sindaco, mi trovo casualmente a dover avere questo gradimento sulla mia persona, ma Scopelliti insiste e io per sette mesi a Scopelliti dico no.

E poi cosa l'ha convinta?

Io accetto perché uno che decide di fare la vita che ho fatto io, di rimanere qua, non è uno preso dalle battaglie politiche, ma è uno attaccato visceralmente a una città. Io l'ho fatto perchè dopo sette mesi in cui evitavo anche di uscire di casa perché ricevevo inviti a fare questo e in un momento di sbando totale io ho avuto un momento di rottura.

Che ruolo ha avuto la stampa locale sulla vicenda dello scioglimento?

La stampa locale è stata coinvolta e protagonista di questo clima, non c'è dubbio. E poi non voglio pensare sempre in negativo di alcuni fenomeni che avvengono in città. Però le ribalto la domanda per risponderle: lei pensa che il settore dell'informazione non risenta, che sia immune da storture della società? Quindi può accadere che si creino delle situazioni per cui un giornalista possa fare inciucio con qualcuno.

Qualcuno in malafede o legato a gruppi di potere?

Non escludo che ci siano altri che possano aver assunto una posizione. Il mio convincimento rispetto a quello che hanno scritto, che hanno fatto, dal comportamento che hanno avuto mi porta a pensare questo. La risposta secca è che la stampa locale ha contribuito o è stata primo attore di quel clima che ha tanto nuociuto alla città.

arenaintervistaquaterE poi arriva l'incandidabilità...

La decisione sull'incandidabilità mi ha colpito molto di più di quella sullo scioglimento. Ma non perché il diritto – per tutta una serie di motivi – è calpestato. Gli aspetti di diritto non li tocco, dico un solo fatto che è aberrante: questa sentenza sancisce un principio giuridico secondo cui un tribunale ritiene di non dover entrare nel merito o accettare i fatti contestati all'imputato ma che debba soltanto prendere atto delle contestazioni dandone un valore di verità assoluta e applicare la pena. Qui ci troviamo di fronte a un tribunale che lo scrive questo concetto, dicendo che non ha il compito di esaminare gli elementi difensivi intenti a confutare o sminuire i rilievi posti in essere ma deve soltanto applicare la legge rispetto ai rilievi mossi. Ma allora qui siamo in uno stato prima che democratico di diritto? Voi pensate che un uomo come me possa mai digerire una cosa del genere? È un principio giuridico aberrante, io ad oggi nessuno mi ha interrogato, nessuno mi ha sentito, nessuno mi ha fatto domande.

Perché è aberrante?

Perché nel momento in cui c'è un procedimento in camera di consiglio attraverso cui il tribunale deve sancire l'incandidabilità di un soggetto significa che un minimo di esame deve farlo. Perché sennò la legge avrebbe fatto seguire l'incandidabilità al decreto di scioglimento.

Condivide le parole e i toni utilizzati da Scopelliti che ha parlato di nefandezze?

Siete stati bravi a estrapolare quella cosa perché Scopelliti ha fatto un discorso più generale. Voi pensate che si possa sciogliere un Comune, dare un'incandidabilità su un giudizio sull'operato di un amministratore. Ma siamo altro che uno Stato dittatoriale. Io non ricorro ad una strategia, non lo riconduco. Perché se dovessi ricondurre tutto questo ad una strategia me ne dovrei andare da Reggio.

Ci sono ancora altri gradi di giudizio.

Io rispetto al giudizio del Tar non ho nessuna fiducia in questo sistema che ha portato allo scioglimento del comune di Reggio Calabria. Non ho nessuna fiducia. Anche perché c'è un aspetto di carattere giurisprudenziale: statisticamente la ragione molte volte i Comuni l'hanno ottenuta al Consiglio di Stato, più che al Tar, quindi non mi aspetto una decisione.

Qualora l'incandidabilità dovesse essere confermata lei continuerà a svolgere incarichi istituzionali oppure pensa di uscirne?

In Calabria ho la presunzione di dire che sulla mia persona non ci sono ombre. Anche un'azione politica contro la mia persona probabilmente sarebbe stato un boomerang e allora io dico che se probabilmente non avessi fatto una scelta in un'età così particolare nella politica avrei potuto fare delle scelte diverse, ma vista la mia situazione, visto quello che è accaduto e le modalità con cui è accaduto io sono a posto con la mia coscienza e sono nelle condizioni di poter svolgere serenamente quel ruolo, e io accetterò i ruoli. Li accetto solo quando so che li posso accettare, se avessi perso la serenità non avrei accettato.