Lamberti: "Così restituiamo a Reggio i quadri confiscati a Gioacchino Campolo"

lamberticastronuovoeduardodi Valeria Guarniera - Entusiasmo. E' questo il sentimento predominante dell'assessore alla Cultura e alla Legalità dell'Amministrazione provinciale di Reggio Calabria, Eduardo Lamberti Castronuovo, a pochi giorni dall'importante iniziativa – "Arte torna Arte, un patrimonio restituito" – un evento che lui stesso definisce eccezionale: l'esposizione degli oltre 100 quadri confiscati all'imprenditore Gioacchino Campolo, "il re dei videopoker" in odor di 'ndrangheta, in possesso di quella che è stata definita la collezione più pregiata da Roma in giù. Da De Chirico a Guttuso, passando per Migneco, Ligabue e Salvador Dalì: dal 3 agosto saranno esposti presso il Museo di Reggio Calabria, che dopo anni di chiusura per i lavori di ristrutturazione, si riaprirà alla gente. Entusiasmo, ma anche rabbia per la poca valorizzazione  dell'arte in Calabria e un vero e proprio atto d'accusa per la mancata apertura del Piccolo Museo San Paolo

Poco tempo fa, in seguito al sopralluogo effettuato al Museo Nazionale della Magna Grecia da parte degli ispettori ministeriali, è stato discusso e condiviso un cronoprogramma che vedrà la riapertura graduale di Palazzo Piacentini. E, coerentemente con quanto stabilito, il prossimo 3 agosto un padiglione sarà aperto per ospitare un'importante mostra di quadri di valore. Le vicende legate alla riapertura del Museo hanno portato ad uno scetticismo generale. Almeno questa volta le promesse saranno mantenute?

"Per quanto mi riguarda sicuramente si. La prima data è quella del 3 agosto e sicuramente sarà rispettata. Alla presenza del Ministro della cultura Massimo Bray, nonché degli esponenti delle varie Istituzioni, sarà inaugurata la mostra "Arte torna Arte, un patrimonio restituito". Ed è una dimostrazione di come quando ci si mette d'impegno con la reale volontà di fare le cose, ci si può riuscire. E' vero, c'è – per tutte le vicissitudini – scetticismo sulla riapertura del Museo e, però, c'è  anche poca conoscenza: in effetti la gente di Reggio che cosa sa di questo Museo? Lo vede solo dall'esterno, raramente lo ha visitato e – nell'immaginario collettivo – è rimasto come era prima. Quello che ci apprestiamo ad aprire è un Museo moderno, veramente di grandissimo livello. E' destinato ad essere il più grande museo della Magna Grecia. La mostra è solo il primo passo. Nasce attorno a questa iniziativa un processo culturale che inizia oggi e non finirà più".

Com'è nata l'idea e quanto è stato difficile metterla in pratica? Quali gli ostacoli che hanno rallentato questa importante iniziativa?

"Quest'idea  è nata durante il colloquio con il Segretario Generale, la professoressa Pasqua Recchia, e il capo delle segreteria del Ministro, Simone Silvi. Quella dei quadri, in realtà,  è un'idea a cui lavoravo da due anni. Ho pensato che accostarla alla riapertura del Museo fosse possibile: l'ho esposta alla dott.ssa Pasqua Recchia che l'ha subito esposta al Ministro il quale, con grande entusiasmo, l'ha accolta immediatamente. Io – che rappresento le Istituzioni – mi sono rivolto al magistrato, la dott.ssa Kate Tassone (responsabile del procedimento riguardante la confisca dei beni di Campolo), che ha motivato in maniera egregia il suo provvedimento e ha affidato congiuntamente alla Sovrintendenza e all'Assessorato questi quadri"

I quadri in questione sono quelli confiscati all'imprenditore reggino Gioacchino Campolo, "il re dei videopoker", coinvolto alcuni anni fa in indagini e processi imbastiti dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Una mostra che ha una valenza sociale oltre che culturale. Un messaggio di legalità per la cittadinanza?

"A noi non interessa a chi sono stati confiscati questi quadri. In questo momento il proprietario di queste importanti opere è lo Stato. Questa mostra ha una valenza tripla: due serie e una tragicomica. La prima seria è che lo Stato si riappropria di patrimoni illegittimamente conquistati. Ed è un segnale rivolto ai giovani di legalità e correttezza. Il secondo insegnamento – che credo sia fondamentale – è quello culturale: la città di Reggio riapre il suo Museo – anche se gradualmente – restituendo ai cittadini ciò che gli appartiene: pagando un biglietto  simbolico – 2 € il biglietto normale, 1 € quello ridotto – la gente e i turisti potranno visitare la mostra, trovando i locali aperti per tutto l'arco della giornata. Terza valenza – quella tragicomica – è che tra questi 108 quadri ce ne sono 19 che non sono autentici. Ciò significa che anche questi signori che si credono così potenti da poter mantenere patrimoni come questo, sono stati turlupinati. Anche questi quadri – che noi abbiamo sottolineato essere falsi – saranno esposti. Una parte di stampa ha fatto grandi titoli per dire che stavamo mettendo in piedi una mostra fatta di falsi. In realtà  lo abbiamo dichiarato e sono una minima parte che comunque – ripeto – esporremo"

Una città, Reggio,  che avrebbe tanto da offrire ma che non riesce a fare tesoro delle proprie risorse. come cambiare la situazione?

"In questo momento in città non c'è niente. I pochi  turisti che vengono in questi giorni cosa vedono? Assolutamente nulla, possono solo vedere la via marina, che è il nostro patrimonio. Anche il Piccolo Museo San Paolo resta chiuso e – in questo senso – il mio è un vero e proprio atto d'accusa nei confronti di chi non lo apre, non lo fa aprire. A questo punto, approfitto dell'occasione, e faccio una domanda precisa: perché il Museo San Paolo non apre? La Provincia ha dato i locali, le opere sono lì. Perché non apre? Questa città la deve smettere di avere padroni. Non ci sono padroni. Ci sono stati, ma ora non ci sono padroni. In questa città ci sono due categorie di persone: quelli che amministrano a favore della gente e quelli che amministrano per il proprio tornaconto, per affermare il loro potere. La città deve ribellarsi"

Torniamo ai quadri: quali  sono gli ostacoli che hanno rallentato questa importante iniziativa?

"A Reggio bisogna combattere contro tutto e tutti, anche con una parte dell'opinione pubblica. A rallentare tutto, però, è soprattutto la burocrazia. Certo, la legge è legge però spesso tende a tutelare più i patrimoni illegittimi che quelli illegittimi. Però la legge è legge e và rispettata. Ribadisco che il comportamento del magistrato è stato ineccepibile. Anche organizzare la mostra non è stato facile: ho dovuto mettere a soqquadro l'Amministrazione Provinciale e i suoi dirigenti"

Gestire dei beni di così alto valore non è facile. I quadri sono tanti e hanno bisogno di un ambiente adatto che ne consenta la perfetta conservazione. Nelle questioni pratiche – sorveglianza, manutenzione, esposizione – come vi siete organizzati?

"La gestione – ma tutta l'organizzazione in generale – non è semplice. Il segreto è la collaborazione tra le varie Istituzioni. C'è stata una sinergia virtuosa tra Sovrintendenza, Guardia di Finanza, Tribunale e Provincia. La Sovrintendenza curerà la mostra vera e propria e la sorveglianza. L'allestimento lo abbiamo curato noi della Provincia. Ognuno ha fatto – e farà – il proprio compito. Non c'è stato nessuno che è rimasto con le mani in mano, anche se qualcuno ha lavorato più degli altri. Anche l'Accademia delle Belle Arti ha dato il suo prezioso contributo"

Al momento la confisca è solo di primo grado. "Qualora dovesse risultare definitiva – ha detto recentemente – faremo in modo che a Reggio si possa trovare una loro  collocazione". Per raggiungere questo importante obiettivo con chi pensa di doversi scontrare?

"Questa è un'occasione per aprire il Museo. Ma il nostro, comunque, è un Museo Archeologico e non ha nulla a che vedere con una pinacoteca. Intanto dobbiamo aspettare il provvedimento definitivo della confisca. Nel momento in cui ciò avverrà noi di Reggio Calabria dovremo assumerci l'onere di trovare una collocazione permanente perché questi quadri sono del territorio, nel senso che sono stati accumulati con risorse evidentemente sottratte al territorio. Quindi vanno collocati a Reggio. Dove? Non c'è un museo civico, non c'è una pinacoteca così grande. Io farò di tutto, in accordo col Presidente Raffa, perché il Palazzo della Cultura veda la luce: quella potrebbe diventare la casa di questi quadri. Reggio ha bisogno di queste cose. I nostri giovani hanno il diritto di fruire di una buona cultura anche restando nella loro città.

L'iniziativa, lo abbiamo detto, è assolutamente da lodare. Ma, lo dobbiamo constatare, arriva a quasi cinque anni dalla confisca di quei quadri. Succede spesso che dei beni sequestrati – anche di grande valore –  vangano lasciati ad accumulare polvere. In generale – a suo parere – la gestione  di queste risorse è adeguata?

"E' la gestione tecnica ed economica di questi beni ad essere, a volte, problematica. Ci sono alcuni beni che di per sé potrebbero portare vantaggi, e questo è uno di quei casi. Ci sono altri beni – per esempio  le costruzioni in fieri, quelle non completate – che difficilmente vengono utilizzate perché lo Stato stenta a metterle a frutto. Secondo me andrebbe rivista la legge: l'affidamento di questi beni potrebbe essere già fatto nella fase del sequestro, non della confisca. Questi quadri, per esempio, sono stati chiusi per anni nel caveau della Banca d'Italia. Io li chiedo da due anni. Il magistrato, ovviamente, applica la legge e questa – a mio parere – andrebbe rivista perché sembra quasi una tutela del soggetto al quale sono stati confiscati. Se sono stati sequestrati un "fumus boni iuris" c'è, allora il magistrato deve avere la possibilità di prendere questi quadri, con le tutele del caso, e metterli nella disponibilità della gente"

Parliamo dell'impatto che questa bellissima mostra potrebbe avere sul turismo. Aprire al pubblico un padiglione sicuramente non basta. Serve che, attorno, ci sia un'organizzazione che porti i turisti, oltre che i cittadini, a vedere questi quadri. Come vi state muovendo in questo senso?

"Per ora stiamo promuovendo l'evento con i mezzi di cui disponiamo, sfruttando internet e le risorse che abbiamo a disposizione. Cercheremo di darci da fare ed ho in mente un progetto ambizioso ma di possibile realizzazione, anche con poche risorse: mi piacerebbe che i professori di storia dell'arte istruissero dei ragazzi che, magari facendo a gara tra di loro, per farli diventare delle vere e proprie guide in grado di illustrare, in più lingue, la storia dei quadri. La mostra sarà solo il primo passo per riavvicinare i reggini e i turisti all'arte e alla cultura. Il secondo passo sarà l'Arazzo Fiammingo del 1500, di 6 metri per 4, la cui costruzione durò sei anni,  che da 40 anni è a Cosenza. L'Arazzo, proprietà del Vescovo Morosini sarà esposto nel Museo della Magna Grecia subito dopo questa mostra, cioè a settembre. La burocrazia questa volta è stata più veloce. La Provincia ha stanziato € 20.000 per l'assicurazione, il trasporto e l'esposizione. Sarà un altro regalo per la popolazione reggina e non solo. E' un'opera eccezionale, ce ne sono solo due nel mondo. Un progetto culturale di altissimo lustro. Rimarrà al Museo finchè l'Episcopio di Gerace non lo potrà accogliere"

I Bronzi di Riace, secondo il crono programma, rivedranno casa entro gennaio 2014. Su di loro è stato alzato, recentemente, un polverone. Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco ha affermato: "la situazione dei Bronzi di Riace è un'assoluta vergogna per l'Italia. Lo è dal punto di vista della cura dei beni culturali e dell'immagine internazionale del nostro Paese". Com'è la situazione?

"Anche questa cosa è enfatizzata. Innanzi tutto Reggio ha vinto la sua battaglia perché quando ci siamo opposti in maniera anche pesante al loro trasferimento, avevamo ragione: non li avremmo più rivisti. I Bronzi non sono stati assolutamente abbandonati: si trovano in un laboratorio di ricerca, dove sono state studiate le terre di fusione, si sono fatte tutte le analisi delle crepe che ci sono. Insomma, è stato fatto un lavoro certosino. Ormai è questione di mesi e saranno nuovamente esposti al Museo, al massimo entro gennaio 2014"