Reggio, l’ex assessore Giuseppe Plutino condannato a 12 anni per ‘ndrangheta

plutinogiuseppedi Claudio Cordova - E' buio quando, all'interno dell'aula bunker di Reggio Calabria, il presidente del Collegio, Maria Teresa De Pascale, legge il dispositivo. Ed è buio pesto per l'ex assessore comunale Giuseppe Plutino, che con la lettura del dispositivo stesso viene condannato a 12 anni di reclusione nel processo "Alta tensione". Si infrangono così, intorno alle 21 e 45 le speranze del politico reggino di ritornare in libertà, alla soglia dei tre anni di carcere preventivo. Dopo diverse ore di camera di consiglio, il Tribunale ha dunque accolto l'ipotesi accusatoria portata avanti dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino: "La 'ndrangheta vuole essere riconosciuta come sistema di potere" aveva detto nella propria requisitoria iniziale. E anche oggi, nelle repliche alle arringhe difensive, il pm antimafia si era sgolato per rintuzzare le argomentazioni degli avvocati, parlando di "ndrangheta fluida", capace di avere tra i propri personaggi di riferimento uomini e donne delle Istituzioni.

Si conclude così un processo assai lungo, in cui il pm Musolino si è impegnato per dimostrare la responsabilità penale degli imputati. Tra gli altri, spicca il nome di Domenico Condemi, detto "Doddi", già condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio di Marco Puntorieri e ora punito con 22 anni e 6 mesi di carcere come uomo forte della 'ndrangheta di San Giorgio Extra. Uno che, negli anni, sarebbe cresciuto così tanto da essere in grado anche di non obbedire agli ordini che arrivavano dal carcere da parte del noto boss Nino Caridi, genero dei Libri.

La sentenza, letta all'interno dell'aula bunker di Reggio Calabria, non ha visto alcun tipo di problema grazie alla professionalità della Polizia di Stato e della Full Service, che ogni giorno operano all'interno della struttura ad alta sicurezza.

Queste, nel dettaglio, le altre condanne: 10 anni per Filippo Condemi, 11 anni e 6 mesi per Vincenzo Rotta, 11 anni per Vincenzo Lombardo, 11 anni e 6 mesi per Rosario Calderazzo, 9 anni e 6 mesi per Leo Caridi, 10 anni per Natale Cuzzola, 9 anni e 6 mesi per Diego Quartuccio e 10 anni e 6 mesi per Giuseppe Pasquale Esposito. E, ancora, il Tribunale ha condannato Natale Paolo Alampi a 5 anni, Diego Rosmini e Antonino Casili a 4 anni.

Unici due assolti, invece, sono il boss Pasquale Libri e il poliziotto Bruno Doldo (assistito dagli avvocati Antonino Curatola e Marco Panella). Quest'ultimo era considerato dall'accusa la persona che avrebbe spifferato particolari di indagine agli indagati: il Tribunale, invece, lo ha assolto con la formula del "il fatto non sussiste".

Una requisitoria, quella del pm Musolino, che si era soffermata sì sul clima di prevaricazione messo in atto nel rione San Giorgio Extra, ma che ha puntato molto la propria attenzione sulle due figure politiche emerse nel corso delle indagini e del dibattimento: l'imputato Pino Plutino e il consigliere regionale Gianni Nucera, attualmente indagato per corruzione elettorale proprio per la prova che si sarebbe formata in aula al cospetto del Tribunale presieduto da Maria Teresa De Pascale.

Arrestato a pochi giorni dal Natale 2011, dunque, Plutino vede vanificati gli sforzi degli avvocati Andrea Alvaro e Marco Gemelli. Tra una ventina di giorni, per lui, sarebbero anche scaduti i termini di custodia cautelare in carcere. Ma il Tribunale ha conferito credito alle argomentazioni della Dda. Secondo l'accusa, infatti, Plutino sarebbe stato l'avamposto del clan a Palazzo San Giorgio negli anni del "Modello Reggio" targato Peppe Scopelliti.

Al centro del contendere, però, anche la tentata estorsione subita dal consigliere regionale Gianni Nucera, cui i Condemi (e Plutino) avrebbero provato a imporre l'assunzione nella struttura di Palazzo Campanella di un elemento di riferimento della cosca. Tra le accuse contro Condemi, infatti, vi è anche la testimonianza del consigliere regionale di centrodestra che parlerà di pressioni per l'assunzione nella struttura di Palazzo Campanella di Maria Cuzzola, figlia di Natale Cuzzola e nipote di Gino Borghetto, uomo ritenuto esponente di spicco della 'ndrangheta di San Giorgio Extra e del rione Modena. In sede di indagine e in aula, Nucera si presenterà come personaggio sostanzialmente vessato dalle continue richieste dei Condemi e di Plutino. E minimizzerà i rapporti con entrambi. In aula, però, emergerà qualcosa di diverso, tanto da indurre il pm Musolino a iscrivere il politico per corruzione elettorale: "Il patto tra Nucera e i Condemi oggi sarebbe 416 ter (voto di scambio, ndi)" aveva detto il pm Musolino nella prima parte della requisitoria. Ma anche in mattinata, prima della camera di consiglio, il rappresentante dell'accusa si è soffermato sul ruolo avuto da Nucera. "Anche in questo caso, come spesso accade, la collaborazione con la giustizia nasce dalla rottura di equilibri preesistenti, tanto che Nucera non denuncia subito, ma solo quando capisce che la situazione è fuori controllo" aveva detto il pm Musolino. Ossia quando Nucera troverà una tanica di benzina sul cofano della propria autovettura, parcheggiata nei pressi dello stabile ove avevano sede sia l'abitazione sia la segreteria politica, proprio nel rione San Giorgio Extra.
Vanificato, dunque, lo sforzo della difesa di Plutino, che aveva tentato di dimostrare come il politico non abbia fatto – a dispetto di quanto sostiene la Polizia Giudiziaria – incetta di voti in quei quartieri. Nel corso delle arringhe difensive erano stati snocciolati i dati elettorali, con confronto sezione per sezione con riferimento a quelle attenzionate dagli inquirenti. Sezioni in cui, a detta delle difese, altri candidati avrebbero raccolto un numero importante di preferenze.

E, in tal senso, riecheggia la promessa del pm Musolino: "Grazie per le indicazioni, indagheremo anche sugli altri politici...".