Violenze su Anna Maria Scarfò, "promosso" il prete condannato: la rabbia della Collettiva AutonoMIA

preteDon Scordo e Monsignor Milito: il primo condannato a un anno di reclusione per falsa testimonianza nel processo per stupro di Anna Maria Scarfò e il secondo colui che nonostante questo, lo ha promosso per ben due volte all'interno della diocesi di Palmi.

Ma torniamo indietro per far capire chi è don Antonio Scordo ex parroco di San Martino di Taurianova paese natale di Anna Maria. Il prete venne contattato, nell'immediato, dalla ragazza allora tredicenne raccogliendo le sue confidenze, la sua denuncia: uno stupro di gruppo in un casolare fuori città.

I componenti del "branco" sono stati condannati proprio per i fatti subiti dalla giovane.

Quale fu la risposta di questo "ministro di Dio" alla richiesta d'aiuto della ragazzina? Assicurarsi che tutto venisse messo a tacere, che non si sollevasse scandalo. L'affidò dunque a suor Mimma che tentò di metterla in una casa d'accoglienza dove venne rifiutata perché potenziale "contaminatrice" delle altre ragazze.

Di fatto, col suo silenzio Don Scordo "ributtò" tra le grinfie dei suoi aguzzini Anna Maria permettendo così, che abusassero di lei per altri tre anni, fino alla sua denuncia. Ciò avvenne solo dopo la loro richiesta di portar loro la sua sorellina, che nel frattempo aveva raggiunto i 13 anni.

Un caso che ora crea grande indignazione: "Non è la prima volta che ci troviamo a scrivere di questi "signori". Già come SNOQ RC e ora come Collettiva AutonoMia, che ci ha viste e ci vede al fianco di Anna Maria Scarfò nella sua storia processuale e nella vita, avevamo espresso il nostro sdegno e chiesto la sollevazione di don Antonio dalla precedente "promozione" ad opera del vescovo Milito ... cosa aggiungere quindi all'ennesimo "scatto di carriera" e soprattutto davanti alle parole, che citiamo, pronunciate durante "l'investitura" e riportate dal Corriere della Sera ?

Monsignor Milito, nel corso della cerimonia di consegna delle chiavi del Duomo di Gioia Tauro ha voluto precisare che quella di don Antonio Scordo è stata una scelta ponderata. "Ho detto a don Scordo che deve essere una torre perché dall'alto può controllare meglio la comunità" – ha spiegato il presule. Commosso don Scordo ha replicato:" Bisogna avere il cuore di padre. Chi entrerà in questo luogo dovrà sentirsi accolto, amato e voluto bene, addirittura desiderato"

Queste dichiarazioni sono l'ennesima offesa ad Anna Maria, l'ennesimo "stupro" perpetrato ai suoi danni da quella Chiesa a cui lei si era rivolta per ricevere conforto e aiuto, come molte altre donne del territorio fanno, ritenendolo un posto "sicuro". Le parrocchie, e il caso di Anna Maria ne è l'esempio, sono spesso nei piccoli centri e nelle periferie , il primo centro di ascolto a cui si fa riferimento. Questa è una grossa responsabilità di cui la chiesa pare non essere o non voler essere consapevole. Come abbiamo più volte proposto in passato, ci dovrebbe essere una formazione adeguata di parroci e laici che porti le vittime di violenza all'accoglienza e all'accompagnamento verso i luoghi deputati. Ci chiediamo inoltre, quali le motivazioni che spingono un vescovo, che si è schierato pubblicamente contro i noti "inchini" 'ndranghetisti nelle processioni, davanti ad un palese silenzio "connivente", dimostrato con una condanna della magistratura, a non farlo dimostrando coerenza? Troppe le domande senza risposta di un comportamento, a nostro parere inqualificabile, di cui pur chiedendo conto non abbiamo mai avuto risposta. Di una "torre che controlla dall'alto la comunità" e di un "padre" come don Scordo ne facciamo volentieri a meno! L'occasione di accogliere e amare l'ha sprecata molti anni fa e i segni di tale decisione li porta ancora Anna Maria Scarfò, oggi donna di 29 anni, da lui "assolta dai peccati" commessi da altri...vorremmo capire chi potrà mai assolvere i suoi e quelli di chi gli attribuisce pubblicamente responsabilità e meriti! Noi non taceremo e non staremo ad aspettare, questa volta le risposte le pretenderemo per Anna Maria e per tutte quelle donne che non hanno voce. Invitiamo pertanto tutte le calabresi e i calabresi al presidio che verrà da noi organizzato...davanti alla sede della curia arcivescovile di Palmi, invitiamo sacerdoti, suore e religiosi ad assumere una posizione chiara in merito all'accaduto: in questo momento tacere vorrebbe solo dire complicità! "Per quanto vi sentiate assolti siete per sempre coinvolti" è scritto in una nota della Collettiva AutonoMIA Reggio Calabria.