La 'ndrangheta nel porto di Gioia Tauro: chiesti quasi due secoli di carcere

GioiaTauro Portodi Claudio Cordova - Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano, ha chiesto la condanna per tutte le persone imputate nel procedimento "Porto franco", celebrato presso il Tribunale di Palmi contro la 'ndrangheta della Piana. Il porto di Gioia Tauro è "cosa loro" e non solo per quanto concerne il traffico di droga. La 'ndrangheta controlla ogni singolo respiro dello scalo calabrese, riuscendo a gestire direttamente le aziende che vi operano all'interno. E' un esempio assolutamente plastico di come la 'ndrangheta abbia da tempo abbandonato la dimensione violenta e militare per diventare imprenditrice. La complessa indagine "Porto Franco", eseguita dalla Guardia di Finanza su mandato della Dda di Reggio Calabria, porta in manette tredici persone, tredici imprenditori, ritenuti organici alle potenti cosche Pesce, di Rosarno, e Molè, di Gioia Tauro.

Associazione per delinquere di stampo mafioso, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, contrabbando di gasolio e di merce contraffatta, frode fiscale, attraverso l'utilizzo e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento delle ritenute previdenziali. Una sfilza di reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose, quelli contestati agli indagati.

Nel dettaglio, queste le richieste del pm Pantano: Antonino Pesce 8 anni Vincenzo Pesce 6 anni e 8 mesi Rocco Pesce 6 anni e 8 mesi Salvatore Pesce 10 anni Marco Mazzitelli 8 anni Giuseppe Franco 14 anni e 6 mesi Antonio Franco 16 anni Gaetano Rao 10 anni Salvatore Rachele 16 anni Rocco Rachele 12 anni Domenico Canerossi 16 anni Bruno Stilo 16 anni Francesco Oliveri 6anni Salvatore Luccisano 3 anni Giuseppe Florio 7 anni e 4 mesi Andrea Franco Espedito 2 anni Giuseppe De Masi 2 anni Antonia Franco 2 anni Roberto Matalone 2 anni Filippo Scordino 2 anni Domenico Tocco 2 anni Franco Rao 10 anni.

Per un totale di quasi due secoli di carcere.

L'indagine della Guardia di Finanza avrebbe dimostrato come la cosca Pesce si fosse infiltrata nel tessuto economico caratterizzato dai servizi connessi all'imponente operatività del porto di Gioia Tauro. Non solo droga, dunque. Ma anche un ingegnoso e asfissiante sistema di controllo dei servizi connessi alle operazioni di import-export e di trasporto merci per conto terzi.

A finire nella rete dei pm antimafia Alessandra Cerreti e Giulia Pantano sono i soggetti che, nel corso degli anni, sono riusciti a rimanere fuori dalle varie inchieste sui Pesce (su tutte l'imponente operazione "All inside"). Indagini che avevano già svelato la potenza economica dei clan, con sequestri per milioni e milioni di euro.