Il clan Tegano a processo: 16 in abbreviato e 10 all'ordinario

teganoarrestoSedici persone hanno scelto il rito abbreviato, mentre in dieci hanno optato per l'ordinario, venendo rinviati a giudizio dal Gup di Reggio Calabria, Davide Lauro. Il 19 febbraio inizierà il troncone degli abbreviati dei soggetti coinvolti nell'inchiesta "Il Padrino", che punterà la propria attenzione sui presunti favoreggiatori del superboss Giovanni Tegano, arrestato dopo molti anni di latitanza. All'abbreviato sono andati Francesco Caponera, Stefano Costantino, Francesco Giunta, Antonio Lavilla, , Antonio Marco Malara, Domenico Malara, Giovanni Malara, Paolo Malara, Sergio Malara, Francesco Marino, Francesco Pellicano,Giovanni Pellicano, Domenico Paolo Saraceno, Giorgio Saraceno, Emilio Eugenio Tiara e Vincenzino Zappia. Il processo invece, è stato disposto per Silvana Marra, Vincenza Marra, Antonino Morabito, Giuseppe Morabito, Antonia Rappoccio, Antonio Rechichi, Giuseppina Richichi, Giuseppa Serafino, Vincenzo Serafino e Giuseppe Surace che si dovranno presentare il Tribunale il 26 gennaio. Per due indagati, Andrea Giungo e il presunto reggente della 'ndrina, Edmondo Branca- da mesi ristretto in regime di carcere duro, l'udienza preliminare non si è chiusa e le loro posizioni sono state stralciate. Il gup Lauro, accogliendo infatti le eccezioni preliminari delle difese, ha rispedito gli atti al pm antimafia Giuseppe Lombardo poiché l'ufficio di Procura non avrebbe comunicato, entro i termini prescritti e a tutti i difensori, alcuni gli atti processuali. Per Branca e Giungo quindi l'udienza preliminare dovrà essere nuovamente celebrata. Associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza della pena (questi aggravati dalle modalità mafiose): i reati contestati agli indagati testimoniano come il clan fosse chiuso a riccio attorno al proprio capofamiglia. Da epoca anteriore al summit di Montalto del 26 ottobre 1969, è stato il capo, promotore e organizzatore della omonima famiglia di 'ndrangheta, allontanatosi volontariamente dal proprio domicilio fin dal 1985, anno in cui, a Reggio Calabria, imperversava la seconda guerra di mafia: seicento o settecento, forse di più, morti ammazzati per le strade.

Giovanni Tegano verrà arrestato nel 2010 a Terreti, dopo anni di latitanza.

La vasta attività espletata sul conto dei più stretti familiari del latitante, ed in particolare il supporto informativo fornito dalle conversazioni captate attraverso le intercettazioni telefoniche ed ambientali che avevano interessato tutti i familiari ed i più stretti favoreggiatori di questi, consentirà agli investigatori di delineare un quadro aggiornato riguardo ai soggetti che prestavano la loro opera nel favorire qualsivoglia attività della famiglia Tegano, come se fossero alle dipendenze della stessa e sempre facendo capo alle direttive impartite dai quattro generi.

Fondamentali elementi di responsabilità a carico di diversi dei soggetti colpiti dal fermo disposto dalla Procura retta da Federico Cafiero de Raho vennero attinti dal monitoraggio di un interessante punto d'incontro dei vari adepti della cosca, individuato nel banco dei meloni, sito a Pentimele - all'interno dello storico quartiere Archi controllato dai Tegano - gestito da Carmine Polimeni e dai suoi fratelli, insieme ai cugini Paolo Malara, Domenico, Marco e Sergio, figli di Giovanni Malara, detto "u ragionieri", i quali si prodigano per il buon esito degli appuntamenti, mettendo a disposizione la cella frigorifera della frutta, custodendo i telefoni cellulari degli associati durante le conversazioni riservate, prendendo e girando imbasciate e/o pizzini.

Personaggi chiave nell'ambito della cosca sarebbero stati i generi di Giovanni Tegano, Michele Crudo e Carmine Polimeni. E, dopo l'arresto dei due, coinvolti nell'inchiesta "Agathos", degli altri due generi, Antonio Lavilla ed Edmondo Branca, colpiti dal provvedimento di fermo. Difatti, i servizi di osservazione, effettuati dalla Squadra Mobile nella circoscrizione di Archi, di riscontro alle conversazioni telefoniche ed alle videoriprese, permetteranno di delineare il "metodo" che utilizzavano Polimeni e Crudo per far giungere le "imbasciate" al cugino Giovanni Pellicano e, quindi, il ruolo di mediatori che rivestivano il "ragioniere" Malara e i suoi quattro figli, tutti raggiunti dal provvedimento restrittivo. Malara apparentemente gestiva soltanto la contabilità delle ditte facenti capo a Giovanni Pellicano, denominate "Azienda agricola allevamento S. Antonio di Polimeni Maria" e "Commercio bestiame di Giovanni Pellicano", ma l'indagine ha appurato che i contatti intercorrenti tra i due celavano interessi che andavano ben oltre il consueto e lecito rapporto di lavoro e che, pertanto, il continuo scambio di documenti dissimulava la consegna di pizzini da Pellicano verso Malara, da far giungere agli altri consociati.

Proprio tali intense attività di videosorveglianza, pedinamenti e intercettazioni consentiranno agli inquirenti di fotografare la rete di soggetti che attraverso un linguaggio cifrato si incontravano per consentire al capo Giovanni Tegano di guidare la cosca e seguirne gli interessi dai nascondigli dove trascorreva la sua vita da latitante.

In tali luoghi, veniva ripreso anche Francesco Caponera, alias Ciccio "u niuru", genero del noto Carmelo Barbaro cl. '48, già esponente di spicco della cosca, in atto detenuto in regime di cui all'art. 41 bis: egli avrebbe condizionato le recenti sorti della 'ndrina di riferimento, divenendo il centro decisionale della stessa, nonché la longa manus del più blasonato suocero, collocandosi al vertice dell'associazione.

Un'indagine che disintegra dunque il nucleo familiare più stretto del clan Tegano. Indagine fatta tramite attività tecnica, intercettazioni e videoriprese, ma anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Roberto Moio, Giovanni Battista Fracapane, Consolato Villani e Nino Fiume.

Un clan che avrebbe avuto tra i propri soggetti "a disposizione" anche "colletti bianchi", anzi, in questo caso, "camici bianchi". Tra le persone arrestate, infatti, vi è anche Francesco Pellicano medico biologo, Primario del Reparto di Analisi dell'Ospedale di Polistena: secondo gli inquirenti il professionista, sfruttando le proprie funzioni e la sua collocazione sociale, era costantemente nella disponibilità della cosca per qualsivoglia necessità.

Ma sarebbe stato un altro Pellicano a svolgere un ruolo assai di rilievo. Un ruolo che tira in ballo la politica e, in particolare, l'ex consigliere regionale Nino De Gaetano, un passato in Rifondazione Comunista e oggi tesserato con il Partito Democratico, sebbene non sia stato candidato alle ultime elezioni regionali. Nel 2010, infatti, De Gaetano era candidato e fu eletto a Palazzo Campanella. Secondo gli inquirenti, uno dei presunti affiliati al clan, Giovanni Pellicano, si sarebbe attivato nel 2010, per raccogliere il consenso elettorale in favore di soggetti politici locali: non a caso, a Terreti, nel covo del latitante Tegano, nella medesima stanza in cui veniva arrestato il latitante, la locale Squadra Mobile ritrovava numerosa documentazione elettorale.

Documentazione riferibile proprio a Nino De Gaetano.