Reggio, domani apertura asilo nido Cedir. ActionAid soddisfatta dopo la lunga battaglia intrapresa

"Per due anni, in Italia, una città come Reggio Calabria con circa 5000 bambini ha garantito un'offerta pubblica di asili nidi pari allo 0%. Dall'autunno 2013, infatti, con la chiusura dell'asilo aziendale Cedir per mancanza di finanziamenti, e quella precedente per inagibilità nel 2012 delle altre due strutture di Archi e Gebbione, che garantivano una presa in carico dello 0,49%, a Reggio Calabria sono totalmente scomparsi gli asili nido pubblici. Una città dove, a pieno regime, ci si trova già molto al di sotto dei target fissati dall'Unione Europea. L'offerta pubblica nel capoluogo calabrese, con le 3 strutture funzionanti, è di 145 posti con una popolazione di età inferiore ai 3 anni di circa 5000 bambini, il 2,8% dei bambini, a fronte di un target stabilito dall'Unione Europea del 33% dei bambini di età 0-3 anni che dovrebbe frequentare un asilo nido". Lo scrive in una nota ActionAid.

"Un caso simbolo unico in Italia quello di Reggio Calabria che ActionAid denuncia a gran voce affinché sia da amplificatore di una situazione di disagio condivisa da decine di migliaia di genitori italiani, tra cui quelli di Roma e Viareggio con il movimento spontaneo #iostocoipasseggini, che con fatica l'anno scorso hanno ottenuto lo stop del TAR sull'aumento delle rette degli asili nido".

"Sin dalla campagna elettorale, abbiamo posto la nostra attenzione sulla riapertura degli asili nido comunali; la loro riapertura era uno dei punti cardine del nostro programma. In una città come Reggio Calabria, prossima Città Metropolitana, l'assenza di asili pubblici era inconcepibile e rappresentava un'ulteriore esempio di degrado ed abbandono sociale. La nostra Amministrazione non accetta che i servizi alla persona vengano annullati e o addirittura azzerati con gravissime conseguenze per le famiglie reggine – dichiara il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà - La riapertura dell'asilo nido Ce.Dir. (Centro Direzionale), che accoglierà 25 bambini, rappresenta una risposta concreta e tangibile ai bisogni dei cittadini con particolare riferimento alle famiglie meno abbienti, nell'ottica di un rilancio delle indispensabili politiche del welfare comunale; grazie anche all'impegno dell'assessore al Welfare, Giuseppe Marino, siamo riusciti a dare un primo importante segnale di rinascita civile della città. Ci siamo battuti per garantire servizi di qualità ai bambini fin dalla nascita, ciò significa costruire una comunità capace di prendersi cura dei suoi figli, garantendo gli spazi ed i tempi delle famiglie di oggi, tutelando i diritti delle madri e dei padri nel rispetto dei tempi casa/famiglia/lavoro. La nostra Amministrazione- conclude Falcomatà - si sta caratterizzando per la ricostruzione di un rapporto concreto e virtuoso con le associazioni e con il volontariato. Rispetto agli asili nido, ringraziamo anche l'associazione ActionAid, che dopo aver condotto importanti e meritevoli battaglie in città sull'argomento, oggi è stata coinvolta direttamente già nella fase di programmazione degli interventi".

"Sin dall'inizio di questa vicenda, ActionAid è scesa in campo al fianco dei genitori reggini per accendere i riflettori su una situazione inammissibile attraverso la campagna #chiediamoasilo, partita nel gennaio 2014 con il lancio di una petizione e l'avvio di un'azione legale, per chiedere alle istituzioni la riapertura degli asili nido pubblici, tramite una gestione trasparente e più responsabile delle risorse e la garanzia di una più ampia partecipazione dei rappresentanti delle famiglie alla fase di attuazione del piano dei servizi all'infanzia" racconta Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia – "Dopo due anni, la campagna ActionAid ha registrato un primo importante successo, con la riapertura a settembre 2015 dell'asilo aziendale Cedir. Ma è solo l'inizio di un percorso che richiede ancora molti sforzi". Sforzi delle istituzioni di Reggio Calabria, in termini di gestione responsabile e trasparente per ridurre i divari della spesa pubblica, laddove nel 2012 il Comune in un anno ha ridotto del 28% la spesa per asili nido, servizi all'infanzia e per i minori, a fronte di un aumento del 72% delle entrate generato da alcune categorie di tasse (rifiuti, Irpef, ICI, IMU)[2]; e delle famiglie reggine, penalizzate da un carico di lavoro di cura che ricade perlopiù sulle donne, in una regione dove il tasso di occupazione femminile è il più basso d'Italia con il 26,6%[3].

ActionAid ha deciso di vederci chiaro affrontando la situazione reggina e monitorando l'azione del Comune nella gestione dei fondi nazionali ricevuti nel quadro del Piano d'azione Coesione (PAC) - programma per i servizi di cura per l'infanzia. Parallelamente, trattandosi del PAC di un finanziamento straordinario, l'Organizzazione ha avviato un'azione legale con il duplice obiettivo di favorire rapidamente il riavvio dei servizi all'infanzia e di facilitare l'adozione di meccanismi a garanzia di servizi adeguati e continuativi, a Reggio Calabria come su tutto il territorio italiano.

COME L'ITALIA GESTISCE I FONDI NAZIONALI PER L'INFANZIA: IL PAC E LA LEGGE DI STABILITÀ

L'OCSE ha di recente pubblicato dati relativi alla spesa per l'infanzia in vari paesi in rapporto al PIL, esplicitando la percentuale relativa a tutte le tipologie di spesa per bambini sotto i 3 anni e per bambini tra 3 e 5 anni. L'Italia, in questo settore, spende lo 0,2% del PIL, la metà della media dei Paesi Ocse (0,4%).

Nel nostro Paese, lo strumento di attuazione delle spese per il settore è rappresentato dal Programma Nazionale Servizi di Cura all'Infanzia. Avviato nel 2013 dal ministro per la Coesione Territoriale, si colloca nell'ambito del Piano d'Azione Coesione (Pac). Le risorse stanziate sono state destinate a 4 regioni ricomprese nell'obiettivo europeo "Convergenza", che prevede di accelerare la convergenza degli Stati membri dell'UE e delle regioni in ritardo di sviluppo, migliorando le condizioni di crescita e di occupazione. Nel caso italiano, queste sono la Calabria (48.837.102€) Campania (101.057.601€), Puglia (82.500.185€), Sicilia (106.900.754€). La strategia del programma è quella di mettere in campo un intervento aggiuntivo rispetto alle risorse già disponibili a favore dei Comuni, quali erogatori dei servizi di cura. L'obiettivo ultimo è quello di potenziare nei territori ricompresi nelle 4 regioni l'offerta dei servizi all'infanzia (0-3 anni) riducendo l'attuale divario "offerta" rispetto al resto del Paese. Tuttavia con la legge di Stabilità 2015, la dotazione finanziaria di 730 milioni (400 milioni per i servizi di cura all'infanzia e 330 milioni agli anziani non autosufficienti) ha subito un taglio di oltre 102 milioni di euro, cosicché la dotazione attuale ammonta a 627 milioni di euro[4]. Si stima che, rispetto a un obiettivo di copertura del 12%, si è arrivati a una percentuale di circa il 5% rispetto al totale della popolazione 0-3 anni, calcolando solo utenti PAC (=22.964 bambini), secondo i dati contenuti nel documento relativo al secondo piano di riparto[5]. Se si calcolano anche gli utenti dei servizi non finanziati con il PAC (=39.532) si arriva a una copertura dell'8,5%.
Con l'istituzione nel 2007 di un Piano Straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia[6] è stato previsto un livello minimo di copertura della domanda dei servizi socio–educativi stabilito nella misura media nazionale del 13% e, all'interno del sistema integrato di ciascuna Regione, in misura non inferiore al 6%[7]. Da rilevare quindi come le Regioni Convergenza, oltre a essere ancora lontane dall'obiettivo di copertura del 12% previsto dal PAC, non abbiano neppure raggiunto il livello minimo del 6% previsto dal Piano Straordinario.

A fine 2014, sono stati previsti dal Governo 100 milioni di euro da destinare allo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi alla prima infanzia, come previsto dalla Legge di Stabilità (Legge n° 190 del 23.12.2014)[8]. Nella seduta del 7 maggio 2015, in Conferenza Unificata, è stata sancita l'intesa per il riparto dei fondi tra le Regioni[9]. Si tratta di un finanziamento che fa seguito all'ambizioso piano 100 asili in 100 giorni presentato dal Premier Renzi in campagna elettorale, ripartito tra le Regioni italiane (escluse le Province autonome di Trento e Bolzano) e che prevede una quota di 5 milioni di euro riservata alle Regioni del Mezzogiorno non beneficiarie dei fondi PAC. Il finanziamento, tuttavia, corrisponde al taglio del PAC cui si è fatto riferimento in precedenza: da un lato, dunque, il Governo ha previsto stanziamenti ad hoc per i servizi alla prima infanzia, dall'altro, il finanziamento a un programma dedicato ai servizi di cura per anziani e per bambini di età 0-3 anni ha subito una riduzione della stessa cifra. "A conti fatti, l'investimento complessivo ulteriore nei servizi di cura può considerarsi annullato. Inoltre, sono da chiarire gli scenari per i prossimi anni: si prevedranno stanziamenti annuali fissi per gli asili nido?" prosegue Marco De Ponte "Oltre alla creazione di nuovi posti, si dovrebbero infatti prevedere stanziamenti continuativi nel tempo, altrimenti difficilmente i servizi esistenti e che si andranno a creare sopravvivranno nel tempo, o sarà molto complesso garantire un'offerta di qualità".

ASILI NIDO, LE SPESE DEI COMUNI E DELLE FAMIGLIE
Gli ultimi dati pubblicati dall'ISTAT riguardo alla presa in carico dei servizi pubblici alla prima infanzia sono relativi all'anno scolastico 2012/2013 (pubblicati a luglio 2014) e mostrano uno scenario molto diversificato da regione a regione. La Calabria si presenta come la regione con il tasso di presa in carico più basso d'Italia, pari al 2,1% contro una media nazionale del 13,5%. Seguono la Campania (2,7%), la Puglia (4,4%) la Sicilia (5,6%) e la Basilicata (7,0%). La Regione con il tasso più alto è l'Emilia-Romagna (27,3%), altrettanto virtuosa la Toscana (22,8%) mentre il Lazio si attesta intorno al 17,3%, al pari di Lombardia (17,5%) che tra le Regioni del Nord risulta tra le più performanti, seguita da Piemonte (13.3%) e Liguria (12,9%)[10].
Sempre l'ISTAT evidenzia che la spesa impegnata per gli asili nido è stata di circa 1 miliardo e 559 milioni di euro. Il 19,2% di tale spesa è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, la restante a carico dei Comuni è stata di circa 1 miliardo e 259 milioni di euro. La spesa dei Comuni in rapporto ai bambini residenti in Italia fra 0 e 2 anni ha avuto un andamento crescente nel periodo 2004-2012: da 543 a 798 euro pro-capite annuo per bambino. Il Centro Italia si mantiene nettamente al di sopra delle altre ripartizioni nella spesa media pro-capite, con un andamento crescente fino al 2011 (1.407 euro) e un calo nel 2012 (1.382 euro). Seguono i Comuni del Nord-est, con valori sempre superiori alla media italiana (si passa da 767 euro pro-capite nel 2004 a 1.074 euro nel 2012) e i Comuni del Nord-ovest, dove la spesa pro-capite era pari a 670 euro nel 2004 e ha raggiunto 827 euro nel 2012, valore poco superiore alla media nazionale. Nelle Isole la spesa, pur mantenendosi sempre al di sotto della media nazionale, mostra un graduale incremento dal 2004 al 2010 (passando da 340 a 501 euro pro-capite), mentre negli anni successivi si registrano deboli riduzioni, che portano il valore medio a 480 euro per bambino nel 2012. Anche i Comuni del Sud mantengono un andamento leggermente crescente dal 2004 al 2010, passando da 131 euro a 202 euro per bambino residente, ma la distanza dal resto del Paese rimane significativa e la crescita si interrompe nel 2011 (198 euro per bambino); nel 2012 la spesa pro-capite si attesta sui 203 euro per bambino, valore quasi quattro volte inferiore rispetto alla media italiana. La percentuale di compartecipazione degli utenti sul totale della spesa impegnata è aumentata gradualmente negli ultimi anni di osservazione, passando dal 18% del 2009 al 19,2% del 2012, con forti differenze regionali. Gli asili nido comunali (quasi 153 mila bambini iscritti) assorbono una spesa media annua per utente di 7.481 euro da parte dei Comuni e un contributo medio da parte delle famiglie di 1.796 euro (per un totale di 9.277 euro di spesa pro-capite annua). Le spese dei Comuni a favore di utenti accolti in strutture private con riserva di posti, di cui hanno beneficiato quasi 29 mila bambini, hanno un importo medio di 2.794 euro pro-capite annuo a carico dei Comuni.