Reggio, il Comitato Pro Istituto San Vincenzo de’ Paoli scrive a Mons. Giuseppe Fiorini Morosini

"Nell'ultimo mese in città si è parlato molto dell'Istituto San Vincenzo de' Paoli e delle sue sorti. Chiunque abbia avuto modo di leggere sui quotidiani cartacei e online le informazioni relative al nostro Istituto, si sarà fatto un'idea della questione, che investe, attraverso le dimensioni fondamentali della dignità dell'educazione e della dignità del lavoro, il tema alto della Giustizia. Nel corso di un'assemblea pubblica tenutasi presso il Consiglio Comunale di Rc abbiamo avuto modo di fare una cronaca dettagliata e trasparente degli avvenimenti, raccogliendo la piena solidarietà e il pieno sostegno da parte delle Istituzioni Civili". Inizia così la lettere che il Comitato Pro Istituto San Vincenzo de' Paoli scrive al Mons Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovo della Diocesi di Reggio Calabria-Bova. "E' nello spirito di quanto dichiara la CEC - prosegue il Comitato -  "Le nostre chiese sostengano costantemente e in tutti i modi possibili il patrimonio dei servizi [...] educativi, nati sotto le loro dirette responsabilità o di ispirazione cristiana", che oggi le scriviamo, per condividere il nostro percorso. Non intendiamo tirarla in mezzo alla situazione, ma condividere delle riflessioni e porle delle domande che ci toccano come cristiani e come cittadini di questa terra. Riflessioni di ordine generale, a partire, però, da fatti concreti.

A fronte di un deficit economico la Congregazione delle Suore della Carità dichiara di essere costretta a chiudere la scuola. Ci viene presentata un'alternativa alla chiusura, nella persona del Sig. Giuseppe Busacca, imprenditore siciliano. Costui, a distanza di quasi un anno propone per due volte (una volta lui, una volta il figlio Gianluca, invero) a tutti i lavoratori le dimissioni, in modo da poter passare agevolmente ad un contratto notevolmente peggiorativo sotto il punto di vista economico e sotto quello delle tutele. Nella prima occasione le dimissioni hanno la specifica motivazione di rompere il rapporto col precedente rapporto lavorativo, in modo da non poter rivendicare i diritti ( non i privilegi, i diritti!) acquisiti in tanti anni di lavoro serio e responsabile; nella seconda occasione la proposta di dimissioni è precisamente finalizzata a garantire, con un arguto sistema di riassunzioni, gli incentivi economici per l'investitore. Al netto rifiuto dei lavoratori, l'imprenditore siciliano sembra convinto ad una cessione secondo legge ( per quanto sempre con il solito contratto peggiorativo), ma, al momento di rispettare gli accordi, dare le opportune garanzie e di sottoscriverle presso gli Uffici competenti, sparisce. Dopo pochi giorni riceviamo dall'attuale Gestore la comunicazione di una chiusura degli ordini di medie e superiori entro il prossimo anno. L'immediatezza della decisione non ci permette di leggere con lucidità quanto avvenuto. E' veramente interrotta la trattativa con la cooperativa del Sig. Busacca e del figlio Gianluca? O dobbiamo dare retta alle voci che si rincorrono in città, che parlano di un mantenimento parziale della Scuola, con asilo ed elementari, in vista di una riconversione ad ente di formazione professionale, sempre ad opera dell'imprenditore siciliano?

Non stiamo qui a lamentarci e l'iniziativa presa dai docenti di costituire una cooperativa (nel vero spirito cooperativistico e non per finalità fiscali!) per la gestione della Scuola, in una continuità di missione, lo dimostra. Quell'iniziativa è stata bocciata, con la spiegazione di una copertura finanziaria non sufficiente a sostenere il progetto. Potevamo e possiamo dimostrare che questo non è vero: la copertura c'era e c'è. Ma è un punto sul quale non vogliamo soffermarci.

Crediamo piuttosto importante riflettere su come una comunità di cristiani, qual è quella educante del San Vincenzo de' Paoli, composta da allievi, lavoratori, famiglie, religiose e territorio tutto, debba comportarsi davanti al tema del lavoro. La soluzione imprenditoriale del sig. Busacca proponeva per i lavoratori stipendi immediatamente vicini e, in molti casi, al di sotto della soglia di povertà ( come indicato dall'Istat), a fronte, però, di rette in aumento per le famiglie. Senza contare le tutele non garantite dal contratto da lui proposto: diritti, diremmo inalienabili, che in questo momento di crisi economica e valoriale, in questa storia di precariato, sono proposti come privilegi rinunciabili da parte degli investitori. Davanti a tutto ciò, un cristiano deve accettare e stare in silenzio? Gesù con il suo esempio e i suoi detti sull'economia e sui soldi, ci ricorda perentoriamente la dignità del lavoro e del lavoratore. Dovrebbero i lavoratori cristiani rinunciare a questa dignità, proprio in nome di una missione educativa cristiana? Quale libertà di coscienza, di parola, di insegnamento esprimere con un contratto che ti può far licenziare con estrema facilità in qualunque momento? In che modo presentarsi allora ai propri allievi, da insegnanti, ai propri figli, da padri e madri? Quale rispetto di se stessi e della giustizia testimoniare? Non è' lo stesso equilibrio della famiglia ad essere messo in crisi, nel momento in cui "il frutto del sudore" è anche frutto della rinuncia alla propria dignità, del compromesso al ribasso? Compromesso in cui non tutti sono sullo stesso piano, in nome di una causa comune, ma, in modo utilitaristico, si parla di causa comune per impoverire molti e avvantaggiare pochi.

"Tu non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle dell'ingiustizia che fai con i tuoi dipendenti. Questo è un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l'ingiustizia", così dice Papa Francesco. Dobbiamo credere che sbagli o che parli per parlare? Perché questo è il destino che si preparava per tutti i lavoratori del San Vincenzo e per la Scuola stessa! Una apparenza di scuola cattolica con l'intimo errore di una contrattazione legale ma iniqua! Sa cosa ci fa più male, quando raccontiamo a qualcuno di questa nostra esperienza? Leggere negli sguardi l'indifferenza, la rassegnazione o, peggio, un certo rimprovero: " Ma come, non sai che vanno così le cose? E come pensi di lavorare, allora? Così va il mondo. Resta disoccupato, allora". Crediamo che non possa e non debba andare così, soprattutto in una terra come la nostra, che ha bisogno di testimoni coerenti anche in campo economico. Da lavoratori, da educatori, da cristiani non possiamo rassegnarci a questo!

O dovremmo piuttosto alzare bandiera bianca davanti alle iniziative di economia rapace ammantate di perbenismo? Dovremmo dire che Mammona ha vinto o che aspettiamo tempi migliori per allontanarlo? O fare finta che non sia così? Come deve comportarsi un educatore, un lavoratore cristiano posto, come dice ancora Papa Francesco, davanti a "una concezione economicista della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale"? La nostra risposta è qui e ora, e sta anche in questa sincera ricerca di confronto. Lo chiediamo alla nostra Diocesi e a lei come Pastore: come un cristiano di questa terra calabrese deve comportarsi davanti alle ingiuste (attenzione, non sempre illegali, ingiuste!), inique, prevaricatorie regole del mercato del lavoro? E quali Istituzioni dovrebbero stare vicine a dei cristiani che sollevano la testa contro questo abbrutimento?".