Colpo al racket dei furti d'auto: vittime non denunciavano l'estorsione

arrestireggio280515Una inchiesta, quella condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria con il supporto di numerosi presidi tecnologici, che squarcia il velo su un fenomeno diffuso e noto nel territorio reggino, comunemente noto come "cavallo di ritorno", posto in essere prevalentemente da soggetti appartenenti alla comunità rom stanziale nella città di Reggio Calabria, segnatamente nel quartiere Ciccarello.

Prendendo spunto dalla consumazione seriale di molteplici reati estorsivi avvenuti in città, in base a precise direttive impartite dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, gli investigatori della Squadra Mobile coordinati dal pm Mauro Tenaglia hanno individuato i soggetti dediti - con metodicità e sistematicità - alla sottrazione di veicoli ai proprietari con i quali successivamente prendevano contatti, previa loro individuazione attraverso le generalità riportate sui documenti custoditi a bordo dei mezzi rubati, al fine di porre in essere la richiesta estorsiva quale condizione ineludibile per la restituzione dei beni trafugati.

Richieste estorsive, riscatti veri e propri che andavano dai 400 euro fino a cifre che si aggiravano attorno ai mille euro. Un'indagine delicata, condotta nell'arco di tempo che va dal 2012 al 2014 e che prende in esame circa 20 casi di furti d'auto. Tra questi si evidenzia come in più della metà sarebbe avvenuta anche l'estorsione.

"Resta l'amaro in bocca rispetto al fatto che quasi nessuno abbia voluto collaborare - lo sostengono il Capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Francesco Rattà e il Dirigente della Sezione antiracket della Squadra Mobile, Francesco Giordano - mentre se ci fosse stata una collaborazione più fattiva da parte delle vittime sicuramente si sarebbero potuti raccogliere ulteriori elementi rispetto ad un quadro investigativo che comunque è già ricco".

Le operazioni tecniche di intercettazione delle conversazioni telefoniche e di videosorveglianza consentivano agli inquirenti di ricostruire le dinamiche dei fatti estorsivi e di individuarne gli autori di etnia rom, residenti nel quartiere "Ciccarello", grazie anche al riconoscimento vocale effettuato dagli operatori di polizia, con la specificazione dei ruoli di ognuno di essi resa possibile dall'acquisizione in diretta del contenuto delle telefonate estorsive, con cui le vittime venivano sollecitate, in forma più o meno esplicita, ma comunque sempre finalizzata al pagamento del riscatto nella prospettiva della restituzione del mezzi rubati.

E' stato possibile accertare che le vittime - secondo una prassi consolidata - venivano contattate telefonicamente da uno o più soggetti legati alle dinamiche del "cavallo di ritorno", con il compito di prospettare loro la restituzione del mezzo sottratto (per lo più autoveicoli e ciclomotori) dietro pagamento di determinate somme di danaro e in un luogo di volta in volta indicato dagli estortori.

Nello specifico, gli indagati, nell'effettuare le telefonate estorsive, facevano intendere alle vittime che il furto del mezzo era stato commesso da altri soggetti non meglio indicati e che loro ne erano venuti in possesso ed erano disponibili a restituirlo dietro compenso.

Durante le telefonate con le vittime, gli indagati si definivano "zingari di Ciccarello", ed indicavano quale luogo di incontro per la riscossione del denaro punti diversi della zona di quel quartiere (in cui vivono diverse famiglie di etnia rom) comunque idonei a consentire alla vittima di individuare i referenti a cui rivolgersi per il pagamento e la restituzione del mezzo, i quali – in ogni momento – sulla base delle indicazioni fornite dalla vittima, erano in grado di mettere in relazione il veicolo rubato con l'estortore e quindi a contattare quest'ultimo per la restituzione del mezzo, previo pagamento del riscatto.

Si tratta di un meccanismo collaudato incentrato sulla presenza di diversi soggetti, partecipanti alle dinamiche delittuose, nel luogo indicato dal telefonista per porre in essere la transazione estorsiva, una sorta di centro di raccordo con un apparato di persone funzionante per la realizzazione delle finalità estorsive.

La Procura aveva inoltre richiesto per gli arrestati il riconoscimento del reato di associazione a delinquere, respinto però dal Gip. Dalle indagini sarebbe comunque emerso che vi fossero dei legami tra il ramo dei soggetti rom arrestati e la cosca dei Libri.

Nella maggior parte dei casi, le vittime del furto si limitavano a presentarne la denuncia, omettendo di informare la polizia giudiziaria delle evoluzioni estorsive.
Addirittura in un caso, un soggetto, vittima del cavallo di ritorno, veniva denunciato per favoreggiamento personale, avendo negato perfino sia di aver subito il furto della propria autovettura che la successiva richiesta estorsiva, venuti alla luce dalle attività di intercettazione.

Il Procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho e il Procuratore aggiunto, Gateano Paci hanno definito "doloroso" dover procedere nei confronti della vittima a causa della sua totale negazione delle evidenze accertate attraverso le intercettazioni. 

"Anche se non vi è prova evidente della presenza della 'ndrangheta, l'operazione condotta dalla polizia di Stato sulla comunità rom del quartiere 'Ciccarello', conferma la pericolosità di alcuni reati che destano preoccupazione ed allarme sociale" ha  commentato ancora De Raho. I cittadini che subivano il furto degli automezzi venivano contattati da telefoni pubblici a distanza di qualche giorno dall'episodio da un emissario del gruppo il quale si proponeva, dietro compenso, di impegnarsi alla restituzione del mezzo. "Parliamo di somme intorno ai quattrocento euro - ha aggiunto - richieste che giungevano a persone non in condizioni floride, ma che preferivano aderire alla richiesta estorsiva anziché denunciare il furto stesso. Non è la prima volta che il fenomeno viene accertato e colpito a Reggio Calabria, ma è evidente che tale comportamento continua a verificarsi nonostante l'attenzione delle forze di polizia ed il costante controllo del territorio. Nelle indagini - ha sostenuto il procuratore aggiunto Gaetano Paci - non emergono collegamenti tra gli arrestati e i clan della 'ndrangheta, ma talvolta sono stati notati contatti tra personaggi che gravitano attorno alla cosca Libri e i rom di Ciccarello. Il gruppo criminale aveva posto in essere un metodo criminale seriale che culminava con la richiesta estorsiva per ottenere la restituzione dell'autovettura rubata".