“Con Plutino, ‘ndrangheta infiltrata nel Consiglio comunale di Reggio Calabria”

plutinogiuseppedi Claudio Cordova - "Plutino Giuseppe era l'esecutore delle volontà della cosca, il colletto bianco che obbediva al burattinaio Condemi Domenico, ovvero il sodale capace di esprimere al massimo livello (si pensi all'omicidio di Puntorieri Marco) la forza intimidatrice del gruppo e che, per tale indiscutibile valore militare, era stato adibito alla cura di tutti i settori d'interesse della consorteria (dalle estorsioni agli omicidi, dalla campagna elettorale al controllo della criminalità comune), nonché addirittura eletto da Caridi Antonino quale soggetto di riferimento per tutti i sodali ancora liberi". Parole dure quelle utilizzate dal giudice Maria Teresa De Pascale, presidente del Collegio che ha condannato l'ex assessore comunale di Reggio Calabria, Giuseppe Plutino, a 12 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il giudice De Pascale è anche estensore delle motivazioni della sentenza del processo "Alta tensione 2", che ha colpito duramente la 'ndrangheta del rione San Giorgio Extra.

Alla fine del 2014, il Tribunale di Reggio Calabria ha infatti avvalorato l'impianto accusatorio portato avanti dal pm antimafia Stefano Musolino, condannando quasi tutti gli imputati ad esclusione del boss Pasquale Libri e del poliziotto Bruno Doldo, considerato dall'accusa la persona che avrebbe spifferato particolari di indagine agli indagati. Il Tribunale condannerà Plutino a 12 anni di reclusione e a 22 anni e 6 mesi Domenico Condemi, cugino di Pino Plutino. "Doddi", già condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio di Marco Puntorieri, verrà punito come uomo forte della 'ndrangheta di San Giorgio Extra, vista l'investitura del genero del defunto boss Mico Libri, Nino Caridi.

Un rione, quello di San Giorgio Extra, dove le cosche avrebbero deciso praticamente tutto. Dalle motivazioni: "Emerge il controllo del territorio di San Giorgio Extra posto in essere dai sodali, l'interesse della cosca nella raccolta del voto in vista delle elezioni amministrative del 2011, mediante un capillare impegno profuso da tutti i componenti a supporto del candidato gradito (nella specie Plutino Giuseppe), l'esplicazione del potere di controllo e contenimento della criminalità comune e conseguente mantenimento - secondo le logiche mafiose - dell'ordine pubblico (nella specie, accordi intrattenuti con la comunità nomade di Ciccarello), l'attività di mediazione delle controversie involgenti soggetti inclusi nello speciale protettorato mafioso, l'opera di infiltrazione nel tessuto economico attuata mediante la sistematica perpetrazione di estorsioni ai danni delle imprese operanti".

Controllo del territorio, ma anche infiltrazione nella Pubblica Amministrazione, tramite Plutino, ma non solo: "I componenti della cosca si sono prodigati per raccogliere voti in favore di Plutino Giuseppe in vista delle consultazioni elettorali del 2011 (impegno politico che proseguiva nel solco del medesimo appoggio conferito in passato all'on. Giovanni Nucera, al tempo alleato del Plutino), recandosi personalmente a distribuire materiale elettorale, impedendo a candidati rivali di affiggere i manifesti elettorali nel quartiere di San Giorgio, impegnando il voto di conoscenti, residenti e gruppi di influenza, financo accompagnando materialmente dentro i seggi gli analfabeti per far loro compilare correttamente la scheda di voto".

Tutta la 'ndrangheta del luogo, dunque, si sarebbe prodigata per assicurare la vittoria a Plitino, l'elezione alla carica di consigliere comunale, in appoggio alla candidatura a sindaco dell'esponente di centrodestra, Demetrio Arena: "Si evidenzia come l'impegno politico sia stato un collante che ha impegnato costantemente gli affiliati, sia nel pre che nel post elezioni (e sia durante, con la costante presenza degli stessi davanti ai seggi). In primo luogo, un forte impegno è stato profuso da Condemi Domenico e Lombardo Vincenzo (quest'ultimo, residente a Parma ove prestava servizio come Vigile del Fuoco, aveva appositamente fatto ritorno a Reggio Calabria per coadiuvare il Condemi nella raccolta voti a favore del cugino - con il quale, peraltro, intratteneva rapporti diretti - a dimostrazione del forte vincolo solidaristico esistente tra gli associati, uniti nel perseguimento dei singoli frammenti del programma associativo), i quali hanno provveduto a procacciare voti attraverso una capillare attività di propaganda sul territorio reggino".

Reggio Calabria, un luogo in cui la politica (con l'iniziale maiuscola) è morta da tempo. Per questo il giudice De Pascale può parlare del "desolante panorama di una campagna elettorale condotta senza nessun riferimento alle ideologie politiche del candidato o al programma da esso sostenuto, in cui l'unica preoccupazione dei soggetti impegnati era "prenotarsi" prima che qualcun altro si avventasse su chi ancora non era "impegnato" (come se il voto fosse una questione di chi per primo si presenta ad ipotecare una prescelta irretrattabile)".

L'elezione di Plutino, dunque, era una "questione" di primo livello d'interesse per la 'ndrangheta di San Giorgio Extra che effettuerà un certosino "controllo sulla stabilità dell'impegno preso, con conseguente soggezione di coloro che avevano preso l'irrevocabile (nella distorta logica della 'ndrangheta) impegno di votare Plutino Giuseppe".

Tutto, ovviamente, con un enorme vantaggio per la 'ndrangheta del rione che avrebbe così potuto godere dell'assodato "ritorno" "assicurato dal Plutino (sia prima che dopo le elezioni del 2011), pronto a soddisfare ogni richiesta proveniente dal "burattinaio" Condemi Domenico e prestatosi a fungere da recettore delle istanze clientelari avanzate dalla cosca, che implementava, così, il proprio prestigio e consenso sociale sul territorio". Non erano chiacchiere da bar quelle effettuate dai sodali sul conto di Plutino. Ne è convinta il giudice De Pascale: "Il patto, poi, era certamente dotato di concretezza e di contenuti specifici, atteso come il Plutino si fosse effettivamente prestato a tutto ciò che il Condemi e gli altri sodali gli ordinavano di fare (dalle assunzioni alle interlocuzioni telefoniche per recepire le istanze clientelari, così come il disbrigo di pratiche riguardanti interessi dei singoli accoliti)".

Per questo il giudice De Pascale parla di "infiltrazione della cosca all'interno del Consiglio comunale". E, in effetti, le circostanze a carico di Plutino saranno tra i motivi che porteranno il Consiglio dei Ministri a sciogliere il Consiglio Comunale nell'ottobre 2012 per contiguità con la 'ndrangheta.

Plutino, dunque, sarebbe stato l'avamposto politico della 'ndrangheta, colui il quale avrebbe fornito fondamentale supporto al clan dall'interno delle Istituzioni. E così, secondo le motivazioni della sentenza, la cosca di San Giorgio Extra "riusciva ad implementare il proprio raggio d'azione proprio attraverso la capacità di nascondere la regia del Condemi (espressione dell'ala militare del gruppo, violenta e tradizionalmente gretta) dietro l'aspetto istituzionale di Plutino Giuseppe, il cui linguaggio affabile e apparentemente "pulito" era l'arma più efficace per dialogare con il potere e permeare nel tessuto economico cittadino, il tutto senza la necessità di avvalersi dei tradizionali mezzi di espressione della forza di intimidazione, la cui attualità (e indiscutibile persuasività) veniva recuperata, come extrema ratio, non appena la mediazione politica si rivelava inefficace".

Da qui, infine, il duro giudizio su Plutino, da parte del giudice De Pascale e dell'intero Collegio. Plutino avrebbe legato indissolubilmente il proprio percorso politico alla 'ndrangheta e da essa avrebbe fatto dipendere i propri successi: "Non è il politico occasionalmente prescelto dalla cosca per trarne un singolo vantaggio, bensì è il candidato che gode da un decennio del suo appoggio elettorale, che proviene dal quartiere in cui la stessa esplica un'indiscussa egemonia e che, addirittura, è legato da un solido vincolo di sangue con i suoi principali esponenti. Il Plutino era l'investimento a lungo termine compiuto dalla cosca, la cui gestione era stata affidata al cugino Condemi Domenico".