Reggio, là dove c’era il bidone ora c’è la discarica

spazzatura5magspazzatura5mag2spazzatura5mag3spazzatura5mag4spazzatura5mag5spazzatura5mag6di Simone Carullo - Il copione è sempre lo stesso, spariscono i bidoni e compaiono le discariche abusive. Un copione avvincente, dove si fa a gara per disattendere ordinanze e buon senso lasciando per strada sacchi di rifiuti rigorosamente indifferenziati in barba ad ogni principio estetico. Reggio sarebbe una bella città se non fosse per i reggini...(magari non tutti!).

Oggi tocca a Gallico, Archi, Pellaro, San Leo; nel recente passato è successo a Gallina; in futuro sarà la volta di Catona ed Arghillà. Insomma, ovunque parta la raccolta differenziata ci tocca registrare la medesima indifferenza per l'igiene pubblica e la salvaguardia del pianeta.

Tuttavia, qui non c'è da prendersela col Comune o con le Istituzioni, questa volta se proprio serve trovare i colpevoli – e serve – non c'è che da guardarsi allo specchio. Lo scarso senso civico, peraltro contagioso, che da sempre caratterizza i cittadini di Reggio, oggi è tanto più palese quanto più non trova gli alibi del passato: la raccolta a singhiozzo, le discariche sature, gli scioperi della Leonia ecc.. Oggi ci sono tutti gli elementi per affermare, senza tema di smentita, che la raccolta differenziata esige un livello minimo di senso civico e rispetto per l'ambiente che non fa parte del bagaglio culturale dei reggini, o almeno di alcuni, i quali trovano troppo complicato o troppo faticoso distinguere la plastica dai rifiuti organici.

Eppure la raccolta porta a porta è stata per anni invocata a gran voce come la soluzione del problema; per anni ogni abitante di questa città ha snocciolato il discorso del "vorrei ma non posso"; avrà detto magari di voler differenziare ma di non riuscire a farlo per via dell'incertezza, dell'inefficienza del sistema; per anni abbiamo preso a modello la "raccolta porta a porta" adottata nelle città virtuose di un altrove indistinto per contestare il nostro vecchio sistema di smaltimento dei rifiuti, deleterio e criminogeno. Eppure oggi, quelle parole, quei discorsi mossi da passione calcolata, risuonano in tutta la loro beffarda ironia. Agogniamo sempre quel che non abbiamo per poi, al momento opportuno, disprezzarlo sonoramente facendoci carico di una delle grandi questioni filosofiche irrisolte: la contraddittorietà del genere umano (e la sua sublime ignominia).

Sarà la forza dell'abitudine o il tempo di metabolizzazione del cambiamento, tra l'altro già ampiamente trascorso, ma intanto quei sacchi di spazzatura maleodorante e putrida giacciono lì, baciati dal sole ai margini delle strade dove un tempo vi erano i bidoni, abbandonati con felpata disinvoltura dalle stesse persone che tuonano ad ogni piè sospinto contro l'inefficienza dei servizi e le buche nelle strade.

Ora, dacché è inequivocabile che nell'era dell'ultra consumismo noi acquistiamo sempre e quasi solo pattume, tra involucri, sigilli, scatole, ecc., e dacché i prodotti che acquistiamo sono destinati a durare sempre meno, dagli elettrodomestici più comuni ai prodotti di alta tecnologia, non fosse altro che per fomentare un meccanismo che altrimenti si incepperebbe ("un'organizzazione repressiva – come l'ha chiamata Marcuse - che si basa sulla moltiplicazione dei bisogni e dei consumi per mantenere il ritmo sempre crescente della produzione, "il regno della necessità e dello sperpero necessario"); considerando infine che, al netto di inquinamento e riscaldamento globale, in Italia, ogni cittadino produce circa 536 kg di rifiuti urbani (33 kg in più della media europea), orbene, vedete dove volete metterli perché in strada tutti non c'entrano!!!