Reggio, chiesti 22 anni per il reggente del clan Zindato

toghe newDal suo nomignolo, Mico Tatù, ha preso il nome l'operazione contro il clan Zindato egemone sui rioni Modena e Ciccarello di Reggio Calabria. Per lui il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, ha invocato ben 22 anni di reclusione e 20mila euro di multa per Domenico Sonsogno. Il pm antimafia ha chiesto anche la condanna a 6 annie 3 mesi per Antonino Labate (3mila e 500 euro di multa), per cui è stata chiesta l'assoluzione dal reato di associazione mafiosa: le dichiarazioni dibattimentali rese dal collaboratore di giustizia Vittorio Fregona ne hanno escluso la partecipazione associativa.

Si tratta dello stralcio ordinario del procedimento che colpirà la ndrangheta dei rioni San Giorgio Extra e Ciccarello, regni delle famiglie Borghetto, Zindato e Caridi, a loro volta federate alla potente cosca Libri. Altre persone hanno già affrontato il giudizio abbreviato.

Tra i due imputati del procedimento ordinario, la figura più interessante è senza dubbio quella di Sonsogno, che avrebbe preso le redini del clan dopo l'arresto del capofamiglia Francesco "Checco" Zindato. Sonsogno avrebbe svolto il ruolo di dirigente e organizzatore del clan, coordinato il meccanismo di riscossione delle tangenti e nella fattispecie le azioni di Santo e Antonino Labate. Una leadership che emerge chiaramente dalle intercettazioni ambientali: "Perché è l'unico che sa le mie cose ed è l'unico che mi deve fare tutte le mie cose" dice in un colloquio con la moglie Zindato. Sonsogno sarebbe stato anche in possesso di un promemoria sul quale sarebbero stati riportati gli affari illeciti: "Mico ha un foglio con un promemoria" dice ancora facendo riferimento a un foglietto che Checco avrebbe ingoiato poco prima di essere arrestato. Lo stesso Sonsogno avrebbe curato anche gli affari del fratello minore di Checco Zindato, Gaetano Andrea Zindato, classe 1984.

Ma dalle conversazioni intercettate, emerge come il controllo del territorio debba essere mantenuto, ma senza incappare nell'odio della gente, che avrebbe potuto scatenare propositi di collaborazione con la giustizia: "Le persone ti devono volere bene, ma non perché si spaventano" dice Checco Zindato, sottolineando come non fosse opportuno estorcere denaro a imprenditori in difficoltà: "Cercare soldi alle persone in giro che non hanno da pagare la bolletta".

Insomma, le conversazioni intercettate e finite sulla scrivania del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, forniscono anche un quadro sociologico del fenomeno 'ndrangheta. La "lezione" di Checco Zindato prosegue, sostenendo come le richieste da fare ai commercianti dovessero essere "ragionevoli", proprio per evitare le denunce: "Se facevo in questa maniera io sai quanto duravo, tre giorni. La gente ti deve volere bene, non ti deve odiare" dice ancora. Piccole cifre, anche 100 euro, e soltanto a chi ne avesse la reale disponibilità: "I soldi glieli devi prendere a chi li ha, non a quelli che lavorano per...". Le estorsioni sarebbero state addirittura rateizzate in dodici mesi, come una vera e propria tassa.

Però la regola è sempre la stessa: tutti devono pagare.