Processo “All inside”, parla l’avvocato Pisani: “I Pesce avevano notizie sulle indagini”

di Claudio Cordova - Facce scure tra gli avvocati del Foro di Palmi. Per la prima volta, Vittorio Pisani, legale e attuale collaboratore di giustizia, depone in un procedimento celebrato in Calabria. Pisani, condannato in primo grado nel procedimento "Onta", per i fatti che portarono alla morte della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, aveva già risposto, la scorsa settimana, alle domande del pm Giovanni Musarò nel procedimento contro il collega Gregorio Cacciola. Le due udienze del 19 e 20 dicembre, però, si sono celebrate a Napoli, per motivi di sicurezza.

Oggi, invece, Pisani è videoconferenza nel procedimento d'appello "All inside", celebrato presso l'aula bunker di Reggio Calabria contro la potente cosca Pesce di Rosarno. E rispondendo alle domande del pm Alessandra Cerreti, applicata al processo che ha già seguito con successo in primo grado, rende dichiarazioni sul conto del proprio ex assistito, Marcello Pesce.

Diverse le circostanze messe sul tavolo da Pisani: dai tentativi di Pesce di costruirsi una difesa nel processo, tramite prove false, fino al progetto di fabbricare documentazione falsa per eludere i sequestri di beni e, ancora, la capacità dell'uomo di avere notizie dagli investigatori, che gli impediranno, di fatto, di essere tratto in arresto, essendo tuttora latitante.

Pisani risponde con precisione e con voce ferma. Le uniche esitazioni e la relativa commozione, scattano quando l'uomo ricorda i motivi per i quali deciderà di collaborare con la giustizia. "In data 23/7/2014, dopo aver reso dichiarazioni spontanee, all'interno del furgone della Penitenziaria, Cacciola Giuseppe mi ha minacciato, dicendomi che alcune cose che avevo detto avrei potuto evitare di dirle. La doccia fredda è stata il 30 luglio 2014, quando il giudice ha dichiarato l'inefficacia della misura per Cacciola Giuseppe dal 7 agosto 2014. A quel punto ho avuto davvero paura per l'incolumità dei miei familiari e ho deciso di collaborare" dice. Si libera così dagli anni in cui la 'ndrangheta non gli permetterà neanche di rimettere il proprio mandato difensivo. Tutto, ovviamente, ruota attorno ai fatti che porteranno alla morte di Maria Concetta Cacciola: "La ragazza – ricorda il legale – mi sembrò indecisa in quanto prima mi disse che era sua intenzione tornare a Rosarno e interrompere la collaborazione con la giustizia, ma poi, subito dopo, affermò che forse sarebbe stato meglio se fosse restata dov'era e se avesse continuato a collaborare. Io, percependo questa sua chiara indecisione, le dissi che non aveva bisogno di un avvocato e le suggerii di parlare con i magistrati e con il Servizio di Protezione". E' proprio a questo punto che il racconto di Pisani diventa drammatico, perché dopo una ventina di minuti riceverà allo studio la visita di Gregorio Cacciola, a quel tempo poco più che ventenne fratello di Maria Concetta, insieme a un coetaneo: "Cacciola Gregorio era molto arrabbiato e il ragazzo che lo accompagnava aveva un giubbino, circostanza che mi colpì molto perché era un pomeriggio di agosto". Pisani che teme per la propria vita e per quella dei suoi cari, anche alla luce dei rapporti di forte frizione con l'avvocato Gregorio Cacciola: "Ha tolto serenità agli ultimi tre anni della mia vita" dice Pisani.

Quando c'è da parlare di Marcello Pesce, però, il giovane legale ricorda con fermezza le manovre dell'uomo di fabbricare una deposizione falsa che lo scagionasse: Pesce, infatti, viene condannato nel primo grado del procedimento "All inside" per una intercettazione da cui emergerebbe la sua partecipazione a un summit pacificatore all'interno della 'ndrangheta di Rosarno. E così si sarebbe adoperato per tentare di far deporre alcuni soggetti al fine di far identificare in qualcun altro il "Marcello" citato nelle conversazioni. Ma Pisani ricorda anche la realizzazione, da parte dei Pesce, di fatture (presumibilmente redatte in tempi successivi) per la compravendita di autovetture: al fine di evitare il sequestro delle stesse per intestazione fittizia di beni.

Ma il racconto del legale si fa ancor più interessante quando parla dei presunti rapporti che Marcello Pesce avrebbe avuto con le forze dell'ordine. Un rapporto che, probabilmente, impedirà alla Dda di Reggio Calabria di mettere le mani sull'uomo, ancora oggi latitante, a distanza di tre anni e mezzo dal fermo nell'inchiesta "All inside". Pisani parla chiaramente di "rapporti tra Marcello Pesce e i Carabinieri di Rosarno". Il legale ammetterà anche di aver saputo da un terzo soggetto – Giovanbattista Galatà - dell'amicizia tra il tenente Stefano Santuccio, ex comandante della Tenenza di Rosarno (attualmente indagato per favoreggiamento aggravato dalle modalità mafiose) e Marcello Pesce. Poi si dilungherà nel tentativo di spiegare tale tipo di rapporto: Santuccio, infatti, sarebbe stato molto vicino alla dottoressa Domenica Maria Laruffa, legata da rapporti di parentela con l'avvocato Davide Vigna e lontana parente di uno zio di Pisani: "La dottoressa Laruffa è prima cugina di Franco Laruffa, che è sposato con Carmela Pesce, sorella di Marcello Pesce". Per Pisani, dunque, Marcello Pesce sarebbe stato avvisato dei fermi da parte dei Carabinieri, riuscendo a sottrarsi alla cattura e "salvando" con sé i suoi uomini più stretti.

Il processo d'appello "All inside" è stato aggiornato al prossimo 15 gennaio, allorquando la Procura Generale inizierà la propria requisitoria che, verosimilmente, si protrarrà per più di un'udienza.