Reggio, Opera Nomadi e Ancadic ricordano il dramma di una delle famiglie sfrattate dal Rione Marconi

Vivono in macchina ormai da 30 giorni. Mangiando panini e combattendo il freddo tenendo acceso, quanto possibile, il riscaldamento dell'auto. Un'altra vita all'improvviso per due giovani genitori e i loro quattro figli di 9, 7, 5 e quasi 3 anni.
Loredana, la mamma, si arrangia come può la mattina per lavare i propri bambini e mandarli a scuola.
Da quel 21 ottobre, data dello sgombero dall'abitazione del Rione Marconi, è come vivere un incubo.
Nessun preavviso, raccontano, all'obbligo del Tribunale di lasciare quella che per quasi 10 anni è stata la loro casa. Un alloggio popolare assegnato in via provvisoria dall'amministrazione comunale di allora.
"Il giorno dello sgombero ci avevano proposto di dividerci, Loredana e i bambini sarebbero dovuti andare in una casa famiglia a Botricello – racconta Gianluca – ma abbiamo rifiutato, non possono dividerci".
Una situazione che scaraventa questa famiglia fuori dalla normalità, all'improvviso e senza un perché comprensibile alla ragione umana.
"Tutte le volte che i bambini tornano da scuola – racconta Loredana con rammarico – mi domandano se è il momento di ritornare a casa, ai bambini manca tutto, le nostre cose, i loro giochi sono in un deposito e poi a loro piaceva tanto guardare in tv Peppa pig". Bambini strappati alla loro vita di sempre, umile ma pur sempre rassicurante.
Queste condizioni di vita rendono anche più precarie la situazione economica della famiglia.
"Lavoro saltuariamente per un meccanico facendo commissioni con la mia auto – spiega ancora Gianluca – ma adesso la macchina mi serve come casa. Siamo cittadini e adesso viviamo come vagabondi".
Nei giorni scorsi hanno aspettato con tenacia una risposta a Palazzo San Giorgio. Un'occupazione per richiamare l'attenzione sulla situazione drammatica che stanno vivendo.
Ma dal Palazzo ancora nulla si è smosso.