Dattola: “Sindaco nonostante i nemici della città"

comiziofinaledattoladi Pasquale Cotroneo - Sessanta giorni o poco meno per convincere la gente della bontà del suo progetto e votarlo. Sessanta giorni, dalla fine di agosto ad ora, per autoconvincersi (forse), e per persuadere chi lo aveva indicato come candidato unico del centrodestra, più per necessità che per scelta vera e propria.

Lucio Dattola, candidato Sindaco al Comune di Reggio Calabria conclude così, a Piazza Camagna, una campagna elettorale avara di "successi" e di temi affrontati (nonostante le centinaia di iniziative propinate dall'una e dall'altra sponda, nonostante l'ammiccante e quotidiano rilascio di comunicati stampa), dai toni forti solo quando si sentiva il bisogno di criticare e demonizzare l'avversario politico, col rischio di cadere troppo spesso nell'offensiva trappola del fuorigioco, come colui che corre troppo, da solo, mentre attorno c'è una squadra con meccanismi poco oliati, come colui che la "butta in rissa" per sopperire ad evidenti limiti tecnici.

"Siamo scesi in politica per volontà della gente, per difendere i nostri valori. Io non ho ambizioni politiche, non devo fare il deputato o il Consigliere regionale, sono qui per fare il Sindaco per i prossimi cinque anni, per fare uscire la mia città dalle secche, per riportarla in un porto sicuro. Lunedì saremo qui, nella piazza dei reggini, protagonisti del nostro futuro, a festeggiare".

Ma ci crede davvero Lucio? In cuor suo, ci spera, ma da uomo che per anni è stato all'interno dei Palazzi ha già captato il reale andamento delle cose. Così che arrivare al ballottaggio sarebbe già una bella soddisfazione per lui. Una soddisfazione da inserire forse più tra i meriti più personali, che in quelli di una coalizione (o presunta tale) che soprattutto dal fianco più vicino a Scopelliti sembrerebbe averlo lasciato troppo spesso solo.

E non basta la "volata" tirata stasera dall'ex Senatore Meduri a cambiare questa impressione, né la presenza sul palco di Enzo Vacalebre o di Oreste Romeo, e di quella tra il pubblico dei vari Daniele Romeo, Luigi Tuccio o Giuseppe Agliano.

comiziofinaledattola1Dopo il messaggio augurale di Nello Musumeci, Dattola inizia: "Siete tantissimi in questa piazza piena (non pienissima), chiamata alle armi con passaparola. E se siete venuti è perché siamo tutti consapevoli di quello che la nostra città sta vivendo. Siamo stati uniti e compatti, abbiam fatto nove liste all'interno delle quali potrete trovare solo 10 persone su 230 con esperienze politiche passate, e siamo convinti che la forza della nostra gente ci farà trionfare".

E alza subito il tiro, richiamando quei nemici della città, più volti evocati dal centrodestra negli ultimi anni, e che troveranno seguito anche nelle parole dell'ex Senatore, Renato Meduri.
"La gente della città – afferma Dattola - non vuole cederla a certi personaggi, perché non vogliamo che questa sia nelle mani di lobbies di potere o di apparati. Gli stessi che ci fanno la guerra, assetati di potere, ma noi non abbiamo paura. Noi non siamo disfattisti – continua – e abbiamo portato a raccolta tutti questi giovani per effettuare pulizia morale, per difendere i nostri valori. Non permetteremo ma che qualcuno utilizzi Reggio per i suoi interessi oscuri, non accetteremo di vedere, quando ci rechiamo altrove, le persone sghignazzare sotto i baffi, di essere considerati mafiosi. Riporteremo in alto la città dopo un commissariamento ingiusto e sofferto". E conclude: "Basta fango da parte di chi vuole fare di Reggio quello che gli pare, noi dobbiamo riscoprire l'orgoglio di essere reggini, abbiamo 2700 anni di storia ". Per questo servirà "cambiare strada ed atteggiamento. Convincete i riottosi che domenica si gioca la partita vitale dell'onestà contro la disonestà, delle persone vere contro i mascalzoni e lunedì saremo qui a festeggiare per la nostra città. Che dio vi benedica a tutti".

Pochi minuti per Dattola, poi tocca all'ex Senatore Meduri.

Il "rapporto" alla città.

L'ultimo evento, prima del silenzio elettorale, prima del verdetto delle urne, vorrebbe essere nelle intenzioni un rapporto alla città su passato, presente e futuro.

"Vengo da lungo periodo di silenzio sui palchi – inizia l'ex Senatore – dopo essere stato richiamato dalla città che amo, per il cui riscatto abbiamo lottato, per la quale nel 1970 abbiamo sfidato tutti".
Una città che nel parallelo che Meduri fa sembrerebbe assomigliare a quella del 1970 "oggi come allora maltrattata e offesa". Per questo la discesa in piazza: "per difenderla dagli attacchi dei traditori, come quelli che cercano preferenze per se stessi e voti per altri candidati".

Racconta poi dei suoi esordi in politica, della guida avuta dai fratelli Gatto, e dai fratelli Franco (Ciccio su tutti), e l'incontro con un "camerata" del tempo, Anselmo Vacalebre, padre di quell'Enzo che oggi lo aveva convinto a tornare in piazza.

Parla di Reggio come una città "martoriata e dolente dopo l'avvento di quei due commissari voluti dai traditori di questa città" e nella foga invita l'Assessore Provinciale, Eduardo Lamberti Castronuovo sul palco, intimandogli di diventare "attore e di non fare solo lo spettatore".

Poi continua: "Reggio fino a quattro anni fa era una città splendida, pulita, rigogliosa, consapevole del proprio destino e capitale della cultura. Ne parlavano tutti in Italia. Una città che rinnovava le piazze, che creava strutture come il tapis roulant, con innumerevoli cantieri aperti. Ma soprattutto una città che guardava al proprio Sindaco con grande stima e simpatia, facendolo poi diventare anche Presidente regionale".

Ed ecco che anche Meduri, ipotizza la teoria del complotto e non risparmia bordate al Pd.

"L'angelo diventò diavolo, l'autore dei mali di Reggio a causa dell'invidia e di quei vigliacchi che non sanno perdere. Coloro che chiedono ed ottengono una Commissione d'accesso che redige qualcosa di veramente vergognoso".

Ricorda Meduri che nella relazione della Commissione viene indicato "come mafioso quell'imprenditore che era arrivato in città parallelamente all'arrivo di un Prefetto ( De Sena, poi candidato col Pd) e che di quel Prefetto era stato capo elettore, e che aveva fatto i lavori alla Prefettura senza alcuna gara d'appalto". E ancora: "diventa mafioso Luigi Tuccio, un uomo appartenente ad una delle più nobili famiglie della città".

I Commissari.

Renato Meduri li vede come "il veicolo con quale assassinare la città, la stessa che prima era bella e fiorente e che ora, per colpa loro, piena di tasse nonostante i suoi debiti non siano quelli di Torino o di Alessandria. Una città su cui speculano quelli che vogliano asservire la cosa pubblica a interessi privati".
Parla di una patria messa in pericolo dai Cassio e Bruto (i traditori) che hanno pugnalato il Cesare (Scopelliti) con la complicità di qualcuno che manda oggi a chiedere voti solo per i propri candidati e non per il Sindaco Dattola.

Gli attacchi al Pd, a Naccari e a Falcomatà, si fanno sempre più diretti.

"Non permetteremo – continua l'ex Senatore - concorsi in cui i posti sono dei parenti del Consigliere regionale, o parenti di un ex Consigliere Comunale. Lucio Dattola, tra 10 anni, dopo aver fatto per due volte il Sindaco, non avrà bisogno di costruirsi una carriera politica, lui la carriera già ce l'ha alle spalle così come ce l'ho io, che dopo aver smesso di fare il Senatore non ho voluto accettare altri incarichi ma sono rimasto a disposizione della mia città. Come me, che non voterò il terzo polo che si è appena candidato alla Regione, preferendo piuttosto la catanzarese Wanda Ferro. Come me che non riesco a capire l'utilità di questa candidatura che col 3% tolto alla destra farà vincere la sinistra".

"Io che sono 'boia chi molla' e che ho avuto orgoglio di combattere per la mia città ringrazio ancora il mio Cesare (Scopelliti) pugnalato e dico che non ci interessa più niente del capoluogo, perché ormai è capoluogo di Cosenza e Catanzaro solamente. Reggio (grazie a Cesare) è città metropolitana, e noi la affidiamo a Lucio Dattola. Oggi come nel '70 vinceremo, è finito il tempo del mi ncrisciu e mi ndi futtu".
E conclude invitando Dattola ad assegnare a Lamberti un futuro incarico: "Fagli fare l'Assessore, lui lo fa bene. Lo dico perché poi noi le raccomandazioni le facciamo sempre in pubblico, e perché non abbiamo mogli da raccomandare. Mia moglie era maestra e sempre maestra è rimasta. Canteremo la gloria del nostro nuovo Cesare (Lucio Dattola) per questo vi invito a raccolta. Vinca il migliore, ovvero Lucio Dattola".