Processo "Sant'Anna": chiesto il giudizio immediato per i Pesce e i Bellocco di Rosarno (RC)

reggiocalabria cedirI pm di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti e Matteo Centini, hanno chiesto il giudizio immediato per ventidue persone ritenute contigue alle potenti cosche Pesce e Bellocco di Rosarno e coinvolte nei vari tronconi dell'indagine "Sant'Anna", che alcuni mesi fa ha disarticolato due dei casati più potenti della 'ndrangheta reggina. Si tratta di Salvatore Barone (cl. 1965), Giuseppe Bellocco (cl. 1987), Domenico Bellocco (cl. 1987), Umberto Bellocco (cl. 1937), Giuseppe Ciraolo (cl. 1985), Michele Forte (cl. 1991), Elvira Messina (cl. 1972), Francesco Oliveri (cl. 1982), Umberto Emanuele Oliveri (cl. 1987), Giuseppe Spataro (cl. 1957), Antonella Bartolo (cl. 1984), Rossana Bartolo (cl. 1988), Domenico Bartolo (cl. 1964), Antonella Bruzzese (cl. 1985), Domenico Corrao (cl. 1974), Francesca Spagnolo (cl. 1986), Mercurio Cimato (cl. 1969), Fabio Cimato (cl. 1975), Massimo Paladino (cl. 1971), Biagio Sergio (cl. 1968), Salvatore Zangari (cl. 1965) e Giorgio Antonio Seminara (cl. 1977).

Per i pm, dunque, le prove sono così schiaccianti da rendere superflua l'udienza preliminare. Da qui la richiesta di giudizio immediato.

Il procedimento scaturisce dagli esiti di due distinte attività investigative sviluppate dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria in due periodi differenti: la prima, tra settembre 2012 e ottobre 2013, finalizzata alla cattura dell'allora latitante Giuseppe Pesce, detto "Testuni", divenuto reggente dell'omonima cosca all'indomani della cattura, il 9 agosto 2011, del fratello maggiore Francesco cl.1978; la seconda, condotta tra i mesi di gennaio e giugno 2014, nei confronti di Umberto Bellocco, (suocero di Giuseppe Pesce) e di altri appartenenti all'omonimo sodalizio, di cui l'anziano boss è il capo fondatore.

In particolare, il primo segmento di indagine curato dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, ha principalmente mirato alla localizzazione del latitante Pesce reggente dell'omonima famiglia mafiosa egemone in Rosarno, che si era sottratto ai provvedimenti coercitivi emessi nell'ambito dei processi "All Inside" e "Califfo". L'intensificarsi della pressione investigativa, nonché il fermo di indiziato di delitto, il 16 aprile 2013, di Domenico Sibio (uomo di fiducia di Giuseppe Pesce) e l'esecuzione di ordinanza custodiale, il 5 maggio 2013, nei confronti della moglie del latitante, Ilenia Bellocco (cl. 1989), hanno indotto Giuseppe Pesce, il 15 maggio 2013, a costituirsi presso la Tenenza dei Carabinieri di Rosarno.

L'attività di indagine ha accertato che il pericoloso latitante aveva potuto fare affidamento (in forma diretta o mediata) su una ristretta cerchia di soggetti particolarmente fidati che, con ruoli diversi in più fasi - tutte documentate - della fuga del giovane rampollo della cosca rosarnese, avevano fornito il proprio determinante contributo per coprirne la clandestinità.

La prosecuzione dell'attività di indagine, curata dal pm Giovanni Musarò, ha, altresì, dimostrato le complesse dinamiche associative sviluppatesi all'interno della Società di Rosarno, a seguito della scarcerazione dello storico boss Umberto Bellocco (cl. 1937), avvenuto nel mese di aprile 2014, dopo una detenzione durata oltre un ventennio.

È fin da subito emerso lo spessore criminale di Umberto Bellocco, il quale usufruendo dell'ausilio dei suoi più stretti sodali, la maggior parte appartenenti al medesimo contesto familiare, ha tentato di riaffermare la propria leadership, anche attraverso il ripristino di preesistenti relazioni con esponenti apicali di altre cosche mafiose (tra cui i Crea di Rizziconi) e la riorganizzazione delle attività illecite della cosca sul territorio rosarnese. Sono stati anche documentati gli interessi della cosca mafiosa nel traffico di sostanze stupefacenti, nel cui ambito si inseriscono le convergenze investigative del GOA della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che vedono coinvolto Umberto Emanuele Oliveri, nipote di Umberto Bellocco cl. 37, prescelto dallo zio quale referente della potente cosca di 'ndrangheta, per il traffico di droga condotto attraverso il porto di Gioia Tauro.

I ventidue rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, armi, intestazione fittizia di beni e favoreggiamento. Tutti i reati-fine sono aggravati dalle modalità mafiose previste dall'articolo 7 della legge 203 del 1991.