di Claudio Cordova - Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Musarò, ha chiuso le indagini nei confronti del Carabiniere Roberto Roccella, la cui figura emergerà nell'ambito delle indagini sul conto della "talpa" Giovanni Zumbo, il commercialista-spione condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa per aver spifferato una serie di delicati passaggi investigativi ai boss Giuseppe Pelle e Giovanni Ficara. Il Carabiniere è l'uomo con cui Zumbo, ritenuto dagli inquirenti il confidente delle cosche Pelle e Ficara, avrebbe avuto rapporti fatti di soffiate, come nel caso dell'auto carica di armi rinvenuta nel gennaio 2010, nel giorno della visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
A Roccella viene contestato il contenuto di una sua relazione di servizio del 26 maggio 2010, in cui il militare dichiarava di aver interrotto i rapporti confidenziali con Giovanni Zumbo, che erano culminati col ritrovamento dell'auto carica di armi nel giorno della visita del presidente Napolitano. Agli atti delle indagini tecniche svolte dal pm Musarò, però, vi sono anche dei tabulati che testimonierebbero i contatti successivi tra Zumbo e Roccella. Il 20 marzo 2010, alle 17.24, appena uscito da casa Pelle, dove racconterà diversi particolari sull'indagine "Crimine", Zumbo chiamerà Roccella.
Un fatto su cui il Carabiniere, escusso dagli inquirenti, non saprà fornire particolari spiegazioni.
Dalle indagini, peraltro, emergerà come Roccella e Zumbo utilizzassero due utenze "citofono", acquistate presso una tabaccheria del Corso Garibaldi di Reggio Calabria proprio per effettuare delle comunicazioni al riparo dalle orecchie degli inquirenti. I due, infatti, avrebbero svolto un ruolo fondamentale nella vicenda del ritrovamento dell'auto-arsenale nel giorno della visita del presidente Giorgio Napolitano e, da quel momento, si sarebbero sentiti sempre a rischio intercettazioni. E Roccella non è riuscito a spiegare il motivo per il quale Zumbo, appena uscito dall'abitazione del boss Giuseppe Pelle, a Bovalino, dove aveva iniziato a "soffiare" particolari d'indagine alla 'ndrangheta, lo abbia contattato attraverso le utenze "citofono".
Due utenze "citofono" utilizzate dalla "talpa" Giovanni Zumbo e dal carabiniere Roberto Roccella per comunicare al sicuro, al fine di evitare di essere intercettati. Numeri di telefono Wind attivati il 22 e il 23 gennaio 2010, subito dopo il giorno in cui venne ritrovata un'auto carica di armi contestualmente alla visita del Presidente Napolitano, il 21 gennaio. Un retroscena rivelato dal giovane Antonino Laganà (che per anni lavorerà nel colorificio della famiglia Zumbo) e verificato dalla Guardia di Finanza su delega del pm Giovanni Musarò, che Roccella prima smentirà, salvo poi ritrattare: "Zumbo decise di darmi questa utenza dopo la vicenda relativa al ritrovamento della macchina, in quanto c'erano di mezzo i Servizi e temeva che fossi intercettato. Quando parlo dei "servizi" mi riferisco al fatto che dopo il ritrovamento della macchina ero stato avvicinato dal Maresciallo Allegra. Zumbo mi disse testualmente: <<tieni questa scheda, la utilizziamo per comunicare fra noi due, per evitare controlli>>". Con i due numeri "388" i due si sentiranno anche il 20 marzo 2010, quando Zumbo, intorno alle 17.30, è appena uscito dalla casa del boss Pelle. Contatti frenetici, quelli tra i due. Il 24 marzo 2010, arriveranno addirittura a essere ventitrè: e Roccella non sarà in grado di spiegare il contenuto delle conversazioni e degli sms. Gli inquirenti, infatti, riusciranno solo dopo mesi, grazie alle dichiarazioni del giovane Laganà, verificate dalle Fiamme Gialle, a ricostruire i tabulati. Impossibile, invece, scoprire cosa si siano detti Zumbo e Roccella.
Per questo, dopo mesi di indagine, il pm Musarò ha chiuso le indagini per il solo reato di falso ideologico. Un passaggio prodromico, probabilmente, alla richiesta di rinvio a giudizio.