“Le mani sulla città”: la tappa reggina della Carovana Nazionale Antimafia

carovanaantimafiadi Valeria Guarniera - E' il territorio che deve avere la capacità di raccontarsi. Lo deve fare attraverso le storie di chi lo vive, nelle parole di chi lo anima, nel ricordo di chi ha lasciato un segno. Perché nascere in un determinato luogo significa essere costretti a fare delle scelte importanti, decidere fin da subito da che parte stare, pagare le conseguenze delle altrui decisioni interessate e vivere sulla propria pelle, ogni giorno, quel senso di ingiustizia che a volte si addormenta, adagiato se stesso, nella rassegnazione al "tutto resta uguale" e a volte scalpita, insofferente, nella trepidante voglia di cambiamento. Nella tappa reggina della Carovana nazionale antimafia – "Le mani sulla città, impronte di una cittadinanza negata" - c'era tutto questo. Il senso di rassegnazione, da un lato, per la situazione che nonostante gli sforzi non accenna a cambiare. Ma anche l'ostinata convinzione che no, non si può fare un regalo alla 'ndrangheta – l'ennesimo – decidendo di tacere, delegando ad altri le scelte che condizionano la propria vita. La corruzione, intesa come ostacolo alla libera esplicazione dei diritti di cittadinanza, al centro del dibattito. E la memoria, come punto fermo da cui ripartire. Un viaggio per conoscere i territori. "La Carovana è un esercizio di come si può stare insieme. E' un viaggio meraviglioso. E' insieme fatica e scoperta", ha spiegato Alessandro Cobianchi, coordinatore della carovana nazionale antimafia, entusiasta per un'esperienza che non ha esitato a definire "unica".

Sembra che il tempo si sia fermato. Sono tremendamente attuali le parole che Rosa Quattrone (esponente di Libera) ha letto. La voce tremante, un'emozione ricordare ciò che sui padre scriveva quasi trent'anni fa: "La modifica di questo stato di cose nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza del lavoratore di essere sfruttato per svolgere un lavoro finalizzato al soddisfacimento di interessi altrui". Uno sconforto scoprire che, purtroppo, nulla è cambiato. Che oggi quelle stesse parole si potrebbero ancora usare. Demetrio Quattrone era un ingegnere che, come ha ricordato Rosa, mai avrebbe immaginato di perdere la vita per il solo fatto di svolgere bene, con serietà e rettitudine, il proprio mestiere. Probabilmente non lo immaginava neanche il vigile urbano Giuseppe Macheda. Eppure proprio con la vita pagarono entrambi la lotta alla corruzione e all'abusivismo edilizio. Così come Giuseppe Marino, anch'egli vigile urbano. Ad ucciderli la criminalità organizzata. Ma anche la solitudine, il silenzio delle Istituzioni, la tendenza a sottovalutare un problema che oggi, cresciuto negli anni, diviene sempre più grande. Una terra, questa che in tanti calpestano nel senso peggiore del termine, che negli anni è stata saccheggiata, rovinata, svuotata in base a logiche di interesse. Già, l'interesse. Ma di chi? "A farne le spese sono sempre i cittadini, certe questioni attirano interessi alti e coinvolgono oscure logiche di potere", ha spiegato durante l'incontro Nuccio Barillà, della segreteria Nazionale di Legambiente e presidente della Commissione speciale di indagine sulle unità operative lavori pubblici, urbanistica, manutenzione del Comune che contribuì a disvelare i meccanismi ad uso a Reggio Calabria. 159 pagine di una relazione piena di numeri, nomi e fatti: "Da quelle pagine emerge l'altra città – ha spiegato Nuccio Barillà – quella delle devastazioni ambientali, degli abusi edilizi, delle illegalità legalizzate, delle relazioni tra la 'ndrangheta e i piani alti del potere". Un abusivismo imponente. Un problema, come si è detto, per troppo tempo sottovalutato che forse qualcuno, ancora, fa finta di non vedee: "Su quesi tremila ordinanze di demolizione – ha sottolineato Barillà – non ne è stata eseguita nemmeno una".

Il problema, purtroppo, appare sempre lo stesso: una terra, la Calabria, certamente nelle mani sbagliate in cui – con troppa facilità – si dice "è colpa della 'ndrangheta" ma ancora forse si fatica ad ammettere che a volte 'ndrangheta sta per "potere corrotto, Stato assente o, in alcuni casi, colluso". Per cui sì: "Le mani sulla città sono certamente della 'ndrangheta. Ma bisogna capire che 'ndrangheta comprende tante cose". Lo ha sottolineato Claudio Cordova, giornalista direttore de Il Dispaccio e consulente della commissione nazionale antimafia. Comprende una parte di Stato assente. La massoneria. La zona grigia. E i cittadini che, consapevoli o no, hanno un ruolo fondamentale. Prima di tutto la sincerità, la ricerca di una soluzione attraverso l'analisi lucida degli avvenimenti: "Chi ama la città la critica – ha spiegato Cordova – Reggio sta vivendo una fase cruciale". Un ragionamento chiaro per dire che non è dal sangue versato che si può comprendere il tasso più o meno alto di criminalità: "Anche a Reggio, come a Palermo o a Napoli, in tanti purtroppo sono stati uccisi – ha continuato Cordova - Però qui c'è stato il tentativo infame di far dimenticare determinate figure che hanno fatto tanto e con la vita hanno pagato. Qui sono stati portati avanti i simboli sbagliati". Non si può negare: Reggio è una città che deve ancora fare i conti con il proprio passato, per creare un futuro degno e non restare imbrigliata in un presente disperato: "La 'ndrangheta un tempo uccideva in maniera eclatante – ha continuato – e non è detto che non riprenda le vecchie abitudini. Intanto continua ad uccidere. Lo fa annientando la speranza di cambiamento, alimentando la strategia della confusione, disorientando il cittadino: è difficile qui sapere fino in fondo con chi si sta parlando". In una sorta di assuefazione al brutto, i cittadini hanno smesso di ricercare il bello: "dobbiamo rimettere le mani sulla nostra città – ha concluso il giornalista – perché è la nostra e ce la dobbiamo riprendere"