Reggio, parla l’ex sindaco Licandro: “Così la politica è crollata qualitativamente e la ‘ndrangheta è entrata nelle scelte amministrative”

licandrotitti600di Claudio Cordova - Una politica che, agli inizi degli anni '90, si sarebbe imbastardita, scadendo qualitativamente e moralmente. E' questo il ritratto tracciato nell'ambito del maxiprocesso "Gotha" dall'ex sindaco di Reggio Calabria, Titti Licandro, interrogato dal pm antimafia Stefano Musolino. Licandro è ormai nella storia della città, essendo il sindaco che, con le proprie dichiarazioni, diede inizio alla "Tangentopoli" reggina: connivenze, accordi ed episodi di corruzione (non sempre provati) che spazzarono via una intera classe dirigente, proprio all'inizio degli anni '90.

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Al cospetto del Tribunale presieduto da Silvia Capone, Licandro ricorda proprio quegli anni.

Licandro viene chiamato a deporre nel processo alla masso-'ndrangheta reggina, ma minimizza il ruolo, almeno in quel periodo, di due tra i soggetti principali della componente occulta delle cosche, almeno secondo la Dda di Reggio Calabria: gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo. Il primo fu eletto nei ranghi della Democrazia Cristiana e la sua elezione suscitò grande clamore, anche sulla stampa nazionale, per via della parentela con lo storico casato di Archi: "Mantenne sempre un profilo basso – ricorda Licandro – poi si dedicò al comitato di gestione dell'Asl". Profilo molto più spavaldo, ma comunque non criminale, quello che l'ex sindaco tratteggia su Paolo Romeo, con un passato giovanile nel Movimento Sociale e poi l'approdo nel PSDI: "Paolo Romeo aveva consenso in città, come tutti noi. Non ho avuto contezza che avesse un consenso diverso dal nostro, né la sensazione che appartenesse alla massoneria".

Quelli, comunque, sono anni di transizione.

La città è appena uscita dalla sanguinosissima guerra di 'ndrangheta che tra il 1985 e il 1991 lasciò sul selciato centinaia di morti: "In quegli anni – ricorda l'ex primo cittadino – c'era un clima irrespirabile". Licandro si dimette nel marzo 1992, dando il via allo scandalo corruzione. Un ulteriore colpo dal cuore per Reggio Calabria. E la frase celebre, ricordata in aula: "Il 10% del consiglio comunale è stato eletto con i voti della 'ndrangheta". Su input del pm Musolino, Licandro spiega: "Dopo quella frase venni attaccato duramente e lì iniziò il mio declino. Successivamente ai magistrati spiegai che la mia era una deduzione politica".

Una politica che, anche a causa di quanto accadeva a livello nazionale, avrebbe subito secondo Licandro un crollo qualitativo: "Da una classe dirigente formata politicamente, vedevo una politica più legata a logiche affaristiche" ricorda l'ex primo cittadino. Quello che emerge in quegli anni, infatti, è un cambio di prospettiva. La fine delle ostilità mafiose avrebbe permesso alle cosche, ora riappacificate, di concentrarsi maggiormente sugli affari: "Era tornata l'attenzione sulla politica, che durante la guerra era stata accantonata". Sono infatti gli anni dell'ormai celeberrimo Decreto Reggio: oltre 600 miliardi di vecchie lire calati a pioggia sulla città, per rivoltarla come un calzino dopo la mattanza.

Due terzi delle opere vennero assegnati a una società che faceva riferimento all'IRI e che, quindi, era di stampo paraistituzionale, un terzo, invece, al consorzio di imprenditori locali "Reggio '90", che comunque non farà una bella fine: "Io appaltai solo il rifacimento dell'acquedotto, perché poi mi dimisi. Successivamente raccontai delle pressioni per i lavori sul centro direzionale"

Soldi su cui si sarebbero concentrate trame di natura politica e corruttiva, ma sui la 'ndrangheta avrebbe fin da subito messo gli occhi e successivamente le mani: "Ricevetti le confidenze degli imprenditori, che mi raccontarono come l'impresa si aggiudicasse l'appalto, dovendo poi fare i conti con gli esponenti della 'ndrangheta sul territorio". Ecco il cambio di prospettiva, non solo la 'ndrangheta che lucra attraverso i lavori e le mazzette, ma un livello più alto, che si sarebbe spinto fino al livello decisionale: "Le scelte dell'Amministrazione, ancor prima di essere prese, venivano comunicate alla 'ndrangheta, che provava così a incidere sulle scelte".

A distanza di 27 anni circa, forse non molto è cambiato.